Le conseguenze a lungo termine dell'ictus in gravidanza

Necessaria un'assistenza prolungata per monitorarne gli effetti

Subire un ictus in gravidanza è per fortuna eventualità rara, ma possibile. A indagarne i meccanismi e gli effetti è uno studio pubblicato su Stroke da un team della University of Toronto guidato da Amy Yu, che spiega: «Si stima che un ictus si verifichi in circa 30 gravidanze su 100.000. L'ictus associato alla gravidanza comporta elevate morbilità e mortalità a breve termine, ed è meno probabile che le donne incinte con ictus ricevano la trombolisi endovenosa. Tuttavia, ci sono pochi studi che hanno valutato quali siano gli esiti materni più in là negli anni. Abbiamo quindi cercato di colmare questa lacuna».
Lo studio ha esaminato i dati di donne in gravidanza di età inferiore o pari a 49 anni che hanno subito un ictus e quelli di donne non gravide con ictus e di altre donne incinte senza ictus.
Alla fine sono state individuate 217 donne in gravidanza con ictus, 7.604 pazienti non gravide con ictus e 1.496.256 pazienti in gravidanza senza ictus. I tempi mediani di follow-up sono stati di 5 anni per ictus associato alla gravidanza, 3 anni per ictus in donne non gravide e 8 anni per gravidanza senza ictus. Delle 202 pazienti gravide con ictus, il 41,6% è successivamente deceduto o è stato ricoverato in ospedale durante il follow-up.
Le donne incinte con ictus mostravano un rischio di morte e riammissione in ospedale inferiore per ogni causa rispetto alle pazienti non gravide con ictus a un anno di follow up. L'associazione non è rimasta persistente durante il follow up a lungo termine.
Le pazienti in gravidanza con ictus mostravano però un rischio maggiore di morte e nuovo ricovero rispetto alle pazienti in gravidanza senza ictus a un anno di follow up, associazione persistente per un decennio.
I dati emersi riaffermano la necessità di un passaggio di consegne dall'assistenza post-partum all'assistenza primaria o specialistica nell'assistenza alle donne con ictus in gravidanza per ottimizzare la salute vascolare.
Secondo alcuni studi, i cambiamenti corporei che avvengono nel periodo della gravidanza possono rendere la donna più predisposta all'ictus cerebrale.
In base ai dati pubblicati su Stroke, il giornale ufficiale dell'American Heart Association, l'incidenza del fenomeno è di "solo" 26 casi su 100.000, ma a preoccupare è il significativo incremento registrato negli ultimi 10 anni, con un aumento del 54%. Questi dati hanno allertato la comunità scientifica spingendo molti specialisti, in particolar modo americani, ad approfondire il rapporto tra ictus e gravidanza, suscitando la preoccupazione di molte future mamme e l'interesse generale per la questione.
“È inevitabile che nel periodo di gestazione il corpo di una donna subisca dei cambiamenti profondi a livello ormonale e fisiologico: ipervolemia (aumento del volume del sangue circolante), vasodilatazione e trombofilia”, ha commentato Valerio Sarmati, specialista in riabilitazione neurocognitiva post ictus cerebrale. “Principalmente, questi episodi di verificano con soggetti che presentano specifici fattori di rischio, che possono essere accentuati dalla gravidanza, ma che in ogni caso andrebbero tenuti sotto controllo. Purtroppo è vero anche che esistono problemi specifici legati alla gestazione che possono aumentare il rischio di ictus: la preeclampsia, spesso asintomatica, e l'eclampsia (o tossiemia). La gestione dell'ictus in gravidanza è una questione estremamente complessa, poiché se è estremamente necessario intervenire con dei farmaci, c'è comunque da tenere conto dell'eventuale tossicità che gli stessi possono avere per il feto. È quindi necessario che, quando possibile, si prevenga l'insorgenza dei fattori di rischio stessi, cercando di evitare l'obesità, il fumo e curando l'alimentazione, e per quei problemi su cui non si può intervenire cambiando lo stile di vita è bene rivolgersi a un medico che potrà tenere la situazione sempre sotto controllo".
"Le storie di ictus legate alla gravidanza sono tra le più sconvolgenti anche dal punto di vista emotivo, infatti seguire una famiglia che nel momento più alto e più bello dell'attesa di un figlio, si vede spezzare il sogno e catapultare in una dimensione diametralmente opposta dove si deve lottare per la vita e per il recupero, è un'esperienza alla quale è impossibile abituarcisi. Ma è proprio in queste situazioni in cui ho visto il liberarsi di una quantità considerevole di energie all'interno della famiglia, energie propositive al recupero dell'autonomia e della propria vita che hanno bisogno di essere ben indirizzate e convogliate verso l'obiettivo di offrire di nuovo alla neomamma la gioia di godersi il proprio figlio e il proprio recupero", conclude Sarmati.

Fonte: Stroke 2023. Doi: 10.1161/STROKEAHA.122.041471
Stroke

14/02/2023 10:30:00 Andrea Sperelli


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