Alzheimer, scoperto un biomarcatore fondamentale

Forse la vera ragione dell'inefficacia delle terapie

Mai come per altre malattie la ricerca farmacologica ha fallito nell'individuare una possibile terapia per il morbo di Alzheimer. Sebbene siano noti da tempo i meccanismi che portano all'insorgenza dei sintomi - ovvero l'accumulo delle placche di proteina beta-amiloide e di proteina Tau nel cervello - nessun trattamento sperimentale si è rivelato davvero efficace.
I ricercatori dell'Università di Yale hanno però scoperto che la vera ragione dei sintomi debilitanti della malattia potrebbe risiedere nel gonfiore causato da un sottoprodotto delle placche.
Hanno così individuato un biomarcatore (PLD3) che potrebbe aiutare i medici a diagnosticare meglio la malattia e a fornire un bersaglio per terapie future.
Stando ai risultati pubblicati su Nature, ogni placca può causare l'accumulo di rigonfiamenti a forma di sferoide lungo centinaia di assoni - i sottili fili cellulari che collegano i neuroni del cervello - vicino ai depositi di placca amiloide. I rigonfiamenti sono causati dal graduale accumulo di organelli all'interno delle cellule note come lisosomi, che servono a smaltire i rifiuti cellulari.
La crescita di questi rigonfiamenti ha come effetto l'attenuazione della trasmissione dei normali segnali elettrici da una regione del cervello a un'altra. L'accumulo di sferoidi provoca gonfiore lungo gli assoni, che a sua volta mette in moto gli effetti devastanti che ben conosciamo della malattia.
"Abbiamo identificato una potenziale firma dell'Alzheimer che ha ripercussioni funzionali sui circuiti cerebrali, ha normalizzato la conduzione elettrica degli assoni e migliorato la funzione dei neuroni nelle regioni cerebrali collegate da questi assoni”.
PLD3 può quindi essere utilizzato come marcatore nella diagnosi del rischio di malattia di Alzheimer e fornire le basi per un trattamento futuro più efficace.

01/12/2022 10:41:00 Andrea Piccoli


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