Il testosterone non riduce il rischio di fratture

Il trattamento per l'ipogonadismo non ha effetti collaterali positivi

Gli anziani che assumono testosterone per trattare l'ipogonadismo non traggono benefici in termini di rischio minore per eventuali fratture. A dirlo è uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine da un team della University of Pennsylvania guidato da Peter Snyder, che spiega: «Il trattamento con testosterone negli uomini con ipogonadismo migliora la densità e la qualità ossea, ma sono necessari studi con un campione sufficientemente ampio e una durata sufficientemente lunga per determinare l'effetto del testosterone sull'incidenza delle fratture».
Gli scienziati hanno esaminato il rischio di fratture in un gruppo di uomini di mezza età e anziani fra i 45 e gli 80 anni e con una malattia cardiovascolare preesistente, sintomi di ipogonadismo e due concentrazioni mattutine di testosterone inferiori a 300 ng per decilitro (10,4 nmol per litro) in campioni di plasma a digiuno ottenuti ad almeno 48 ore di distanza.
Il campione è stato randomizzato a ricevere un gel di testosterone o un placebo ogni giorno, e a ogni visita è stato chiesto loro se avessero subito una frattura. In tutto, sono stati coinvolti 5.204 partecipanti (2.601 nel gruppo testosterone e 2.603 nel gruppo placebo). Dopo un follow-up mediano di 3,19 anni, si è verificata una frattura clinica in 91 partecipanti (3,50%) nel gruppo testosterone e in 64 partecipanti (2,46%) nel gruppo placebo.
Fra le limitazioni dello studio va annotato il fatto di non aver valutato né la densità né la struttura ossea. «In ogni caso, i nostri risultati mostrano che l'incidenza delle fratture era numericamente più elevata tra gli uomini che avevano ricevuto il testosterone», concludono gli autori.

Fonte: NEJM 2024. Doi: 10.1056/NEJMoa2308836
NEJM

01/02/2024 15:30:00 Arturo Bandini


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