La terapia genica per l'emofilia

Il trattamento per la malattia è in rapida evoluzione

L'emofilia è una patologia genetica caratterizzata dall'incapacità di produrre l'adeguato livello di alcuni fattori di coagulazione. La persona colpita non riesce così a coagulare il sangue e una semplice emorragia può diventare un evento estremamente pericoloso. A oggi si calcola che al mondo ne soffrano circa 400 mila persone, circa 4 mila solo in Italia. Secondo l'ultimo rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità sulle coagulopatie congenite del 2022, i pazienti sono in totale 9.784: circa 30 per cento con emofilia A, 28,6% con malattia di von Willebrand 7,2% con emofilia B e 34,1% con carenze di altri fattori.
L'evoluzione del trattamento dell'emofilia, negli ultimi anni, ha portato notevoli miglioramenti nella vita del paziente. “Un primo progresso è stato ottenuto con i prodotti a lunga emivita che hanno permesso ai pazienti in regime di profilassi di infondersi intravena un minor numero di volte - illustra Flora Peyvandi, Direttore del Centro Emofilia e Trombosi “Angelo Bianchi Bonomi” del Policlinico di Milano -. Successivamente, l'utilizzo di un nuovo farmaco, a somministrazione sottocutanea, ha reso ancora più semplice la profilassi, soprattutto nei pazienti più piccoli. Ma la svolta nel trattamento dell'emofilia si è ottenuta con la terapia genica: con un'unica infusione è possibile raggiungere la protezione dalle emorragie per diversi anni”. In un futuro molto prossimo, quindi, questa nuova terapia potrà rientrare tra le opzioni terapeutiche a disposizione di tutte le persone con emofilia in Italia.
Ma servono, medici preparati e infrastrutture più adeguate a gestire l'innovazione terapeutica che la ricerca ha reso disponibile. “La gestione delle nuove terapie nell'ambito delle sperimentazioni cliniche richiede una strutturazione articolata da parte non solo del personale medico-infermieristico - spiega Giancarlo Castaman, Direttore Centro Malattie Emorragiche, Azienda Ospedaliera, Universitaria Careggi di Firenze - ma anche di figure ad hoc come i data manager o gli infermieri di ricerca, ancora in gran parte non contemplate negli organici dei centri, se non per iniziative dei centri stessi. L'impegno è notevole. La stessa terapia genica, ad esempio, richiede un serie di adempimenti amministrativo-gestionali che richiedono tempo e costanza e personale adeguato in termini di numeri congrui e qualificazione”.
L'emofilia è una malattia rara di origine genetica che colpisce soprattutto i maschi. In Europa sono oltre 32.000 le persone affette da emofilia A o B. Se in un individuo sano la fuoriuscita di sangue dai vasi sanguigni si arresta rapidamente, chi è colpito da emofilia è soggetto a numerose emorragie, anche spontanee, dovute a un deficit delle proteine coinvolte nel processo della coagulazione. Tale processo comporta infatti l'attivazione di numerose proteine del plasma in una sorta di reazione a catena. Due di queste proteine, prodotte principalmente nel fegato, il fattore VIII ed il fattore IX, sono mancanti o presenti in percentuali estremamente ridotte nelle persone affette da emofilia.

Sono due i tipi di emofilia, A e B:
1. La “A” è la forma più comune ed è dovuta ad una carenza del fattore VIII della coagulazione; si registra in un caso ogni 10.000 maschi.
2. La “B”, definita anche malattia di Christmas - dal nome della famiglia nella quale è stata identificata per la prima volta - è provocata dalla carenza del fattore IX della coagulazione. L'incidenza è di un caso ogni 30.000 maschi.
In entrambi i casi, la gravità della malattia viene determinata sulla base della percentuale di fattore coagulante presente nel sangue della persona. Si parla di:

- Emofilia grave quando la percentuale del fattore coagulante è inferiore all'1% del valore normale
- Emofilia moderata quando la percentuale è compresa tra 1 e 5%
- Emofilia lieve quando la percentuale è compresa tra 5 e 40%

I numeri
Secondo l'ultimo rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità sulle coagulopatie congenite del 2022, i pazienti colpiti da Mec sono in totale 9.784: circa 30 per cento con emofilia A, 28,6% con malattia di von Willebrand 7,2% con emofilia B e 34,1% con carenze di altri fattori. In tutta Europa le persone con emofilia A e B sono oltre 32.000.

Come si trasmette
I geni che codificano la sintesi dei fattori della coagulazione VIII e IX sono situati sul cromosoma X. Il cromosoma X, portatore del difetto di coagulazione che determina l'emofilia, viene identificato come “Xe”. Nelle donne portatrici di un cromosoma “Xe”, l'altro cromosoma X, non colpito, compenserà la produzione di fattore VIII o IX. Poiché non esistono geni per i fattori della coagulazione sul cromosoma Y, i maschi non possono beneficiare di tale compensazione e rappresentano quindi il maggior numero di persone colpite da questa patologia.
Al contrario, è estremamente raro che una donna sia colpita da emofilia: perché ciò accada, il padre deve essere affetto da emofilia e la madre portatrice sana. Molte donne portatrici possono presentare livelli di fattore della coagulazione relativamente bassi e mostrare i segni di una emofilia “lieve”. Nelle famiglie in cui sono presenti casi di emofilia è possibile sottoporre le donne all'analisi del DNA, che si effettua a partire da un normale prelievo di sangue, per stabilire se siano portatrici. È anche possibile effettuare la diagnosi prenatale nelle gravidanze a rischio.

I sintomi
Tutte le persone subiscono danni minimi nel corso della loro vita quotidiana e nella maggior parte dei casi l'organismo è in grado di ripararli rapidamente. Nelle persone emofiliche, invece, anche modesti traumi e lesioni possono continuare a sanguinare, provocando emorragie.

Le manifestazioni emorragiche più tipiche sono:
- emartro: si manifesta con un sanguinamento interno a livello articolare, principalmente a carico di ginocchia, gomiti e caviglie, spesso fin dalla prima infanzia. Emartri ripetuti conducono all'artropatia emofilica, una complicazione ad esito estremamente invalidante tipica della patologia.
- ematomi muscolari: a carico più spesso della muscolatura degli arti, ma anche del muscolo ileo-psoas, un ematoma grave e subdolo, in grado di causare emoperitoneo e/o compressione del fascio vascolo-nervoso femorale.
Le articolazioni più comunemente colpite sono il ginocchio e la caviglia, in particolare nei bambini. A seguire: gomito, spalla e anca. Nei bambini con emofilia grave possono essere presenti ecchimosi (piccole emorragie sottocutanee) nelle parti del corpo in cui vengono sollevati o sorretti. I primi segnali di un'emorragia, che possono mettere in guardia i genitori, sono una tumefazione dolorosa o il rifiuto del bambino a muovere un braccio o una gamba. In assenza di un adeguato trattamento, emartri ripetuti a livello di una stessa articolazione provocano deformità e impotenza funzionale. Sono frequenti anche gli ematomi che, se non adeguatamente trattati, provocano danno muscolare.

Le terapie
Sino a qualche anno la cura d'elezione per l'emofilia era rappresentata da cicliche trasfusioni di sangue, così da "sopperire" al fattore mancante. Con l'avvento delle tecniche di produzione dei farmaci biologici - e la produzione di proteine artificiali -- il trattamento dell'emofilia si è sostanziato nella somministrazione del fattore mancante. Una sorta di profilassi con cadenza ciclica volta a mantenere costante la quantità di fattore coagulante che il corpo non è capace di produrre, con il limite però del numero di somministrazioni, diverse a settimana a seconda della gravità della malattia. L'utilizzo delle terapie sostitutive presenta anche dei problemi legati soprattutto al fenomeno della “resistenza”: circa un paziente su 3 sviluppa, infatti, anticorpi contro il fattore che viene iniettato dall'esterno. Alcuni nuovi farmaci sono fortunatamente in grado di “bypassare” questo fenomeno e di ridurre la frequenza a una singola somministrazione a settimana. Ci sono poi terapie geniche in fase di sviluppo. Trattandosi di una patologia malattia in cui ad essere mutato è un preciso gene che produce il fattore di coagulazione del sangue, l'idea è quella di somministrare il gene corretto affinché ripristini per sempre la produzione del fattore mancante.

17/04/2023 16:00:00 Andrea Sperelli


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