Uno studio pubblicato su Cardiovascular Diabetology mostra che la presenza di piede diabetico in caso di diabete di tipo 2 ha l'effetto di aumentare la mortalità indipendentemente da fattori di rischio cardiovascolare e altre complicanze.
In termini percentuali, la presenza di piede diabetico complicato da ulcere, gangrene, amputazioni o rivascolarizzazioni si associa a un aumento del 50% del rischio di decesso.
«L'associazione con la mortalità è stata maggiore per l'amputazione, mentre quella per la sola rivascolarizzazione è stata relativamente modesta», afferma la prima autrice Martina Vitale del Dipartimento di medicina clinica e molecolare all'Università “La Sapienza†di Roma. Ulcere e infezioni del piede si associano a un aumento della mortalità , provocata in prevalenza da malattie cardiovascolari.
Lo studio ha preso in esame 15.773 pazienti seguiti in 19 centri italiani fra il 2006 e il 2008. Grazie alle cartelle cliniche sono stati considerati precedenti eventi agli arti inferiori, coronarici e cerebrovascolari, mentre la retinopatia diabetica è stata valutata attraverso il fundus oculi, la malattia renale diabetica con l'albuminuria e la velocità di filtrazione glomerulare, e i fattori di rischio cardiovascolare mediante i consueti metodi. Infine, la mortalità per tutte le cause è stata calcolata al 31 ottobre 2015.
È così emerso che l'anamnesi di piede diabetico, incluse ulcere, gangrene o amputazioni con o senza rivascolarizzazione, era associata a morte per tutte le cause in un follow-up di 7,42 anni, indipendentemente da età , genere, fumo, emoglobina glicata, terapie in corso, altre complicanze o comorbilità .
Ulcere, gangrene e amputazioni erano tutti fattori associati all'eccesso di mortalità rispetto alla rivascolarizzazione, associata anch'essa ma in misura minore.
«Nei pazienti caucasici con DM2, una storia pregressa di piede diabetico correla con un eccesso di rischio di decesso per qualsiasi causa indipendentemente da malattie cardiovascolari, fattori di rischio, altre complicanze o comorbilità », concludono i ricercatori.
Fonte: Cardiovascular Diabetology 2024. Doi: 10.1186/s12933-023-02107-9
Cardiovascular Diabetology
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