Il diabete gestazionale (GDM) mostra una genetica peculiare che distingue la condizione da quella derivante dal diabete di tipo 2. A concluderlo è uno studio pubblicato su Nature Genetics da un team dell'Università di Helsinki in collaborazione con i colleghi del Massachusetts General Hospital, del Broad Institute di Harvard e del MIT.
La genetica del rischio di diabete mellito gestazionale esprime loci che si associano a geni correlati alle cellule delle isole, all'omeostasi centrale del glucosio, alla steroidogenesi e all'espressione placentare.
«Il GDM è un disturbo frequente in gravidanza con implicazioni sostanziali per la salute delle madri e della prole, caratterizzato da elevati livelli glicemici che si manifestano in gestanti non diabetiche in epoca pregravidica», spiega la prima autrice Amanda Elliot dell'Unità di genetica analitica e traslazionale al Massachusetts General Hospital di Boston.
Il diabete gestazionale è legato a un aumento del rischio di diabete di tipo 2: un terzo delle donne sviluppa la malattia entro 15 anni dalla diagnosi di GDM. L'ipotesi è che le due malattie condividano una predisposizione genetica, ma la maggior parte degli studi ha valutato l'impatto dei loci del solo diabete di tipo 2.
Gli studiosi hanno realizzato il più grande studio di associazione sull'intero genoma del GDM mettendo a confronto 12.332 casi di GDM con 131.109 controlli.
Grazie a metodi analitici innovativi i ricercatori hanno dimostrato l'esistenza di due classi distinte di varianti genetiche legate al GDM: quella condivisa con il T2D e quella associata in prevalenza alla forma gestazionale. In particolare, lo studio ha quasi triplicato il numero di aree genetiche conosciute associate al GDM, identificando un totale di 13 regioni cromosomiche distinte.
«Questi risultati suggeriscono che il GDM ha una base genetica parzialmente separata dal T2D, in contrapposizione a precedenti studi che ipotizzavano basi genetiche condivise», conclude la coautrice Elisabeth Widén dell'Istituto di medicina molecolare finlandese (FIMM) all'Università di Helsinki.
Fonte: Nature Genetics 2024. Doi: 10.1038/s41588-023-01607-4
Nature Genetics
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