Una nuova speranza di cura per una malattia sì rara e dal decorso solitamente cronico, ma pure potenzialmente in grado di determinare eventi vascolari improvvisi. E potenzialmente fatali.
La policitemia vera può essere definita una neoplasia ematologica, a tutti gli effetti. Si manifesta con una proliferazione incontrollata di tutte le cellule del sangue: a partire dai globuli rossi. Da qui l'innalzamento dei valori dell'ematocrito (percentuale in volume di globuli rossi nel sangue intero) e dell'incremento della densità del sangue, responsabile della comparsa di eventi trombotici e complicanze cardio e cerebrovascolari.
Se fino a oggi la terapia della policitemia vera è stata principalmente sintomatica, all'orizzonte c'è la possibilità di avere un farmaco in grado di controllare la sintesi dei globuli rossi (eritrocitosi).
Rusfertide (Protagonist Therapeutics) si candida a rappresentare un'innovazione nel trattamento della policitemia vera, finora caratterizzato (nelle forme più gravi) dal ricorso alla flebotomia e a farmaci quali gli antiaggreganti, l'idrossiurea e i JAK inibitori (nelle forme resistenti o intolleranti all'idrossiurea).
Lo studio di fase 2 - i cui risultati sono stati presentati durante il congresso della European Hematology Association, appena conclusosi a Francoforte, dove protagonista è stata soprattutto la ricerca italiana: alla guida delle sperimentazioni che hanno portato a verificare l'efficacia della terapia genica nella cura dell'anemia falciforme e della beta-talassemia e di luspatercept per le forme meno gravi di quest'ultima malattia - ha infatti evidenziato come tre mesi di trattamento siano stati sufficienti a determinare una riduzione significativa dell'eccessiva sintesi di globuli rossi che caratterizza la malattia.
La risposta, ottenuta a fronte di valori di ematocrito inferiori a 45, è risultata più efficace e duratura. Con una somministrazione sottocutanea settimanale, al posto dei cosiddetti salassi: da soli o in associazione alla terapia con idrossiurea.
“Oltre il 92 per cento dei pazienti che hanno ricevuto il farmaco hanno potuto fare a meno della flebotomia per quasi sette mesiâ€, ha spiegato Ronald Hoffman, direttore del programma di ricerca dedicato ai disordini mieloproliferativi del Mount Sinai Hospital di New York. Tutte persone che, in precedenza, non erano riuscite a controllare la malattia con gli approcci attualmente disponibili.
“La terapia ha determinato una riduzione anche di quei sintomi associati alla policitemia vera: come la fatica, le difficoltà di concentrazione, il prurito e l'inattività fisica dovuta all'accumulo di ferro nei tessutiâ€.
Lo studio Revive ha dunque evidenziato efficacia e tollerabilità della terapia con rusfertide nei pazienti con eritrocitosi incontrollata e con i sintomi associati alla policitemia vera. Il tutto a fronte di effetti collaterali limitati all'indolenzimento nel sito di iniezione del farmaco.
Il farmaco è un cosiddetto mimetico dell'epcidina: ormone peptidico prodotto dal fegato che risulta coinvolto nel metabolismo del ferro. Nei casi di ipossia e anemia sideropenica, si agisce con degli inibitori per ridurre la sintesi dell'epcidina.
In questa situazione, invece, rafforzarne la presenza (seppur con un agente mimetico) è fondamentale per ridurre la produzione di nuovi globuli rossi. Senza per questo dover ricorrere alla flebotomia o all'utilizzo di farmaci citotossici, come quelli attualmente in uso.
L'efficacia di rusfertide sarà adesso valutata in uno studio di fase 3, per cui l'arruolamento è già in corso. Si cercherà di coinvolgere 250 pazienti, anche per meglio definire il profilo dei candidati idonei a ricevere il trattamento.
Il trial si svolgerà anche in Italia, dove si stima che 18 mila persone convivano con la policitemia vera (con circa mille nuove diagnosi ogni anno).
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