Il farmaco olaparib si è dimostrato in grado di aumentare in maniera significativa la sopravvivenza nei malati di cancro al pancreas.
Nei pazienti con mutazione dei geni BRCA1 e/ BRCA2, il medicinale ha ridotto del 47% il rischio di progressione della malattia.
A 2 anni dal trattamento, il 22% dei pazienti è libero da progressione della malattia rispetto al 9,6% di quelli trattati con placebo.
Lo dimostra lo studio di fase III POLO, presentato in seduta plenaria al 55mo Congresso della Società americana di oncologia clinica (ASCO) e pubblicato sul New England Journal of Medicine.
La ricerca ha coinvolto 154 pazienti già trattati con chemioterapia con platino e senza progressione di malattia.
Al momento, la terapia standard “offre una sopravvivenza libera da progressione di malattia in media di soli 6 mesi - spiega Giampaolo Tortora, direttore del Comprehensive Cancer della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS e coautore dello studio -. Fino a oggi, nessun trattamento nel tumore del pancreas aveva migliorato la sopravvivenza libera da progressione. Questo studio avrà dunque un impatto importante sulla vita dei pazienti, poiché il cancro del pancreas è un killer che registra una delle peggiori prognosi tra i tumori solidi e contro il quale le armi sono ridotte. Nel 2018, in Italia sono stati stimati 13.300 nuovi casi, con una sopravvivenza a 5 anni dell'8,1%. Ora, per la prima volta, abbiamo un farmaco che sulla base di un'alterazione molecolare è in grado di produrre un impatto importante sulla sopravvivenza dei pazienti. Si apre così, finalmente anche in questa malattia, la strada in cui i pazienti ricevono terapie in base alle rispettive mutazioni nel profilo molecolare del tumore. L'era, cioè, della medicina personalizzata. A un anno la malattia si è fermata nel 15% dei pazienti trattati con placebo contro il 34% di quelli curati col farmaco; ad 1,5 anni rispettivamente nel 10% e nel 30% e a due anni nel 10% nel 22%".
Inoltre, il farmaco sembra produrre i suoi effetti anche a lungo termine.
"Si apre oggi la strada a una nuova era di medicina personalizzata per questo tipo di tumore molto difficile da trattare", sottolinea il primo autore dello studio Hedy Kindler dell'Università di Chicago.
Il farmaco è somministrabile a circa il 7,5% dei pazienti affetti da cancro al pancreas, quelli cioè che presentano una delle mutazioni succitate.
Per questi pazienti, la cura rappresenta un grande passo in avanti, come spiega anche la presidente dell'ASCO Monica Bertagnolli: "Si è dimostrato che una specifica mutazione di uno o alcuni geni può indicare la via migliore per trattare questa neoplasia. E si tratta degli stessi geni Brca che hanno un ruolo anche per i tumore dell'ovaio e del seno. È un risultato meraviglioso, soprattutto per questa categoria di pazienti più difficili da trattare".
Il tumore del pancreas è uno dei cosiddetti big killer, un tipo di neoplasia che difficilmente lascia scampo al paziente: "I sintomi sono vaghi, gli screening poco efficaci e per questo la diagnosi precoce è difficile, tanto che solo il 10-15% dei pazienti può essere operato subito. Inoltre - spiega Tortora - la diffusione metastatica è molto veloce. Oggi però stiamo iniziando a capire la biologia di questo tumore e le sue caratteristiche molecolari".
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