Nel 1997 il ricercatore giapponese Makoto Kuro-o scoprì una proteina fondamentale nei processi legati all'invecchiamento e alla longevità . Si tratta della proteina Klotho, chiamata così in onore di una delle tre parche figlie di Zeus, quella che filava l'ordito della vita.
I primi studi sui topi hanno confermato l'importanza della proteina: una variante consanguinea di topi priva della proteina ha mostrato un invecchiamento accelerato e una vita più corta, caratterizzata da malattie cardiovascolari e degenerazione degli organi.
Al contrario, livelli elevati della proteina Klotho sono associati a un prolungamento della vita. I ricercatori hanno osservato una diminuzione costante nei livelli di Klotho con l'avanzare dell'età , una tendenza correlata ai sintomi dell'invecchiamento cellulare.
Ascanio Polimeni, neuroendocrinologo e uno dei pionieri della medicina antiaging nel mondo, spiega: «Gli studi sono andati avanti veloci. Dai topi allo scimpanzé sino ai mammiferi più elevati come l'uomo: è inequivocabilmente stato rilevato che quando abbiamo livelli di questa proteina ridotti rispetto al livello medio relativo alla propria età anagrafica l'aspettativa di vita è ridotta. E vediamo più facilmente l'insorgere di demenza, malattie cardiovascolari, tumori, invecchiamento accelerato su tutti i punti di vista, dalla pelle, ai capelli, all'osteoporosi, alla perdita di massa muscolare sino alla disabilità e quindi una mortalità anticipata».
La proteina è un marker attendibile, ed è noto che si associ allo stile di vita: «Chi è stressato, obeso, chi mangia e dorme male, chi non pratica attività fisica ha più facilmente livelli depressi di questa proteina, al contrario di chi ha uno stile di vita migliore».
Una delle funzioni principali è quella di agire come proteina antinfiammatoria, ruolo fondamentale nel controllo delle risposte infiammatorie nocive associate all'invecchiamento e alle malattie neurodegenerative come l'aterosclerosi e l'artrite reumatoide.
«Oggi noi lo possiamo dosare sia nel sangue che nelle urine e sembra essere correlato al livello delle cellule senescenti, che sono quelle che non si dividono più ma entrano nello stato di non proliferazione e accelerano la senescenza delle cellule vicine, diventando una specie di virus che si propaga», continua Polimeni.
Ancora in fase sperimentale, la proteina Klotho non può essere somministrata direttamente, ma se ne può stimolare il rilascio naturale. «Parliamo di interventi legati a un cambiamento dello stile di vita e interventi farmacologici o integrativi. Quindi: dal digiuno intermittente alla diminuzione degli apporti calorici, dall'attività fisica al controllo dello stress e del sonno, la correzione dello stile di vita incide sulla produzione del Klotho come incide ad esempio un intervento che vada a controllare i parametri dell'invecchiamento, come lo stress ossidativo, l'infiammazione e i picchi glicemici. Tutti questi interventi, farmacologici e non, vanno a favorire il rilascio della proteina in questione. Sono effetti induttivi in attesa di una terapia sostitutiva di somministrazione della proteina stessa o addirittura di una terapia genica».
«I wellagers, cioè coloro che invecchiano bene - dunque centenari delle zone blu, che in Italia sono in Sardegna ma recentemente hanno individuato anche un gruppo nelle Marche - sono persone che arrivano sino a tarda età senza patologie. Per contro esistono modelli di invecchiamento accelerati che si trovano in pazienti con alcune patologie precise: diabetici, obesi, sindrome metaboliche e anche alcune infettive croniche come i malati di HIV. In entrambi gli opposti sono stati identificati i cosidetti Hallmarks, i pilastri dell'invecchiamento, che sono regolati in modo positivo nel primo gruppo e particolarmente sregolati nel secondo e per questo sono diventati oggetto di studio».
«Sappiamo che lo zucchero» prosegue Polimeni «è un elemento tossico e va ad attivare in maniera negativa le pathways (le vie metaboliche, ndr): avremo uno scarso funzionamento dei mitocondri, una maggiore infiammazione, un maggiore stress ossidativo, un accorciamento dei telomeri, un accumulo delle cellule senescenti, tutti fattori che favoriscono l'invecchiamento accelerato, al contrario dei soggetti sempre in movimento, che mangiano meno, che caratterizzano le aree dove le persone presentano un invecchiamento positivo. Quindi al di là poi delle regole dello stile di vita che riguardano il lifestyle - medicine, attività fisica, riduzione delle calorie, digiuno intermittente - ci sono interventi protettivi a livello nutrizionale e, lo sappiamo, anche a livello farmacologico e sono le cosiddette molecole geroprotettive: dalla vitamina D per esempio, al testosterone, agli estratti vegetali come la famiglia dei bioflavonoidi e dell'Angelica, e anche alcuni tipi di farmaci che controllano sempre i picchi glicemici. Interventi geroprotettivi che si trovano in molecole come la metformina, gli inibitori a livello urinario del glucosio e del sodio, i cosiddetti SGLT2 inhibitors, tutti forti stimolatori della proteina Klotho».
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