Caldo e Dna ci spingono a dormire

L'effetto delle ondate di calore sul sonno e il ruolo del Dna

Quando la temperatura si alza il nostro cervello ci chiede di dormire. È la sintesi di uno studio della Northwestern University pubblicato su Current Biology, secondo cui le temperature superiori ai 25 gradi conciliano il sonno dato che il termometro cerebrale che regola il metabolismo corporeo reagisce ai cambiamenti del clima.
Tuttavia, un ruolo fondamentale è svolto anche dal Dna, come rivela uno studio dell'Università di Montevideo, di Londra e del Center for Genomic Medicine di Boston e del Broad Institute di Cambridge.
Esisterebbe infatti una predisposizione genetica alla pennichella, che tra l'altro sarebbe associata a un maggior sviluppo cerebrale e a un minor rischio di Alzheimer.
«Lo studio indicherebbe che chi abitualmente fa la siesta guadagna nel lungo termine fra i 2,6 e i 6,5 anni di invecchiamento cerebrale — commenta Giuseppe Plazzi, dell'Università di Modena, Reggio Emilia, Past-President Aims (Ass. It. Medicina Sonno) e Presidente dell'European Narcolepsy Network —. Benefici immediati si evidenziano con una siesta compresa fra 5 a 15 minuti e possono protrarsi per 1 o 3 ore dopo il sonnellino pomeridiano. Se invece questo supera mezz'ora si osserva un transitorio deterioramento delle performance cognitive».
Alla ricerca hanno partecipato circa 500.000 soggetti di entrambi i sessi con età compresa fra 40 e 69 anni valutati con studi GWAS, cioè di associazione genome-wide, che valuta tutte le variazioni geniche degli individui in esame correlandole alle differenze di alcuni tratti particolari. Questa valutazione ha evidenziato una predisposizione genetica a cedere al sonnellino pomeridiano che aumenta col caldo.
I soggetti sono stati esaminati tramite imaging cerebrale, evidenziando un maggior volume dell'organo pari in media a 15,80 cm3, ovvero più o meno 15 grammi di materia cerebrale in più. Un dato che potrebbe significare la presenza di una protezione nei confronti della neurodegenerazione.
Fisiologicamente, si manifesta un declino generale del volume cerebrale totale compreso fra 0,2% e 0,5%. La scoperta dello studio indicherebbe quindi che chi si concede abitualmente una pennichella ristoratrice gode di un guadagno fra i 2,6 e i 6,5 anni di invecchiamento cerebrale.
«Il fatto che non sia stata evidenziata un'associazione tra siesta, miglioramenti cognitivi immediati e aumento del volume dell'ippocampo, un'area cerebrale fondamentale nel consolidamento dei ricordi durante il sonno — sottolinea Alfredo Berardelli, professore di Neurologia all'Università La Sapienza di Roma e Presidente della Società Italiana di Neurologia — potrebbe indicare che ci sono altre aree del cervello, come quelle della vigilanza, a essere influenzate dall'abitudine al sonnellino diurno e occorrerà approfondire questa correlazione per svelare tutti gli attori di questo effetto positivo da caldo prima di dire che la siesta combatte la malattia di Alzheimer».

19/07/2023 11:40:00 Andrea Sperelli


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