Impianto sottocutaneo per l'insulina

Con il dispositivo non sono più necessari i farmaci antirigetto

Un team di ricercatori americani e canadesi ha messo a punto un dispositivo sottocutaneo per secernere insulina senza innescare una risposta immunitaria. A renderlo noto è un articolo pubblicato su Nature Biomedical Engineering da scienziati dell'Università di Alberta e della Cornell University di Ithaca.
Secondo gli autori James Shapiro e Minglin Ma, il dispositivo potrebbe rendere i trapianti di cellule produttrici di insulina più accessibili e più sicuri per le persone diabetiche.
«Se potessimo fare un trapianto con minore o alcun uso di farmaci anti-rigetto, potremmo farlo in modo molto più sicuro, includendo un maggior numero di pazienti che potrebbero trarne beneficio», osserva Shapiro, docente di Chirurgia dei trapianti e Medicina rigenerativa.
Nella maggior parte dei casi, i trapianti di successo di cellule insulari sono innestati nel fegato, anche se è difficile monitorare o rimuovere le cellule trapiantate dall'organo interno.
Il team di Shapiro ha creato un potenziale sito di trapianto alternativo sotto la pelle posizionando un tubo di plastica nell'avambraccio, consentendo la formazione di vasi sanguigni intorno al tubo stesso, rimuovendo quindi il dispositivo e lasciando una tasca vascolarizzata per il trapianto. Il team di Ma, invece, ha realizzato un filo polimerico rimovibile contenente migliaia di cellule insulari protette da un sottile rivestimento di idrogel che potrebbe essere impiantato nell'addome di un paziente senza innescare una risposta immunitaria.
«Ero interessato alle positive caratteristiche dell'approccio di Ma in quanto evitava la necessità di immunosoppressione e mi chiedevo se potessimo combinare le nostre due strategie innovative per migliorare la sopravvivenza cellulare», ricorda Shapiro. «E in effetti ha funzionato. La combinazione dei due metodi ha davvero migliorato le potenzialità della cute per l'innesto di cellule senza la necessità di farmaci antirigetto. I dati sono molto convincenti».
Nonostante i risultati promettenti Shapiro sottolinea che il metodo deve essere testato su animali più grandi e poi sugli esseri umani per rivelarne il pieno potenziale.
Il nuovo metodo, denominato Sheath (subcutaneous host-enabled alginate thread, filo di alginato sottocutaneo ospite-abilitato), potrebbe essere testato anche in trapianti di altri tipi di cellule produttrici di ormoni per malattie come l'anemia e la malattia renale cronica.

Fonte: Nat Biomed Eng, 2023 Dec 5. doi: 10.1038/s41551-023-01145-8.
Nature Biomedical Engineering

02/01/2024 15:50:00 Andrea Sperelli


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