Dall'Hiv al momento non si guarisce. È vero che le terapie antiretrovirali lo hanno praticamente reso innocuo, spezzando nella maggior parte dei casi il legame che sembrava inevitabile con l'Aids, la sindrome da immunodeficienza acquisita causata appunto dall'infezione. Tuttavia, i farmaci non riescono a eradicare il virus, che trova nascondigli inaccessibili nell'organismo e rimane silente in attesa di riaccendersi, magari dopo la sospensione della terapia.
Uno studio pubblicato su Science Translational Medicine propone l'adozione di un farmaco immunoterapico utilizzato per il trattamento del cancro. Il medicinale potrebbe rendere evidenti i serbatoi di riserva del virus, esponendoli all'attacco degli antiretrovirali e del sistema immunitario.
I principali serbatoi virali si trovano nei linfociti T CD4+, cellule che esprimono sulla membrana la proteina PD1 - programmed death 1 - che ha il compito di frenare le cellule del sistema immunitario. In caso di Hiv, PD1 in sostanza anestetizza i linfociti T CD4+, consentendo all'Hiv di sopravvivere in maniera silente. Nel farlo, però, rende anche il virus invisibile al sistema immunitario, che quindi non può intervenire.
Ma PD1 è diventata negli ultimi anni un bersaglio terapeutico di alcuni farmaci che contrastano il cancro. L'idea è di togliere il freno costituito da PD1 e stimolare le cellule immunitarie a riconoscere e aggredire le cellule tumorali.
Il team dell'Università di Melbourne guidato da Sharon Lewin ha pensato a un'applicazione diversa del farmaco: tolta l'azione di PD1, i linfociti T CD4+ infettati potrebbero “risvegliarsi” insieme al virus, che verrebbe così smascherato. Lo studio ha monitorato 32 pazienti con Hiv malati di cancro e sottoposti a immunoterapia con l'inibitore di PD1 pembrolizumab.
Già dopo la prima somministrazione del farmaco i ricercatori hanno potuto osservare l'emersione di tracce genetiche del virus. Ovviamente, pembrolizumab non ha eliminato l'infezione, ma ha reso evidente la presenza del virus, aggredibile a quel punto con gli antivirali.
La potenziale terapia però deve fare i conti con la tossicità degli inibitori di PD1, che possono provocare effetti collaterali anche pesanti, ancora più delicati per pazienti affetti da Hiv. Le prossime fasi della sperimentazione cercheranno di trovare un equilibrio nel protocollo di somministrazione del farmaco.
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