Un'integrazione di vitamina D durante la gravidanza può associarsi a un aumento della lunghezza dell'omero (HL) nell'utero, ma anche a una maggiore lunghezza del neonato alla nascita e a una maggiore concentrazione di 25-idrossi-vitamina D [25(OH)D] nel sangue del cordone ombelicale.
Sono le conclusioni di uno studio pubblicato su Plos One da un gruppo di scienziati della Sichuan University coordinati da Yixin Guo. «Dai nostri dati non emergono peraltro indizi di effetti a lungo termine sulla crescita della prole», scrivono gli autori, precisando che non è chiaro se l'assunzione di vitamina D sia benefica per la salute delle ossa e la crescita del feto. Inoltre, non c'è accordo sulla dose appropriata da somministrare né su quale sia il periodo della gravidanza in cui iniziare l'integrazione.
I ricercatori hanno realizzato una revisione sistematica sugli effetti dell'integrazione di vitamina D in gravidanza sullo sviluppo osseo e sulla crescita del feto. Sono stati presi in considerazione diversi parametri fetali come il contenuto minerale osseo (BMC), la densità minerale ossea (BMD), la lunghezza del femore (FL) e dell'omero (HL), lunghezza, peso e circonferenza della testa, oltre alla concentrazione di 25(OH)D.
In totale sono stati esaminati 23 studi randomizzati e controllati per 5.390 partecipanti. Dall'analisi è emerso che la supplementazione di vitamina D durante la gravidanza era associata da una parte a un aumento di HL nel terzo trimestre, dall'altra a un aumento significativo della lunghezza alla nascita, oltre che a una maggiore concentrazione di 25(OH)D nel cordone ombelicale.
L'analisi dei sottogruppi ha rivelato inoltre che l'aggiunta di vitamina D nel secondo e nel terzo trimestre era associata a un aumento significativo rispettivamente del peso e della lunghezza del feto alla nascita.
«Questi risultati aprono la strada a ulteriori studi randomizzati di alta qualità e con follow-up adeguatamente lunghi per approfondire gli effetti dell'integrazione con vitamina D in gravidanza», conclude Yixin.
Emily Carter, ricercatrice dell'Oxford Deanery, ha analizzato i dati a disposizione in un articolo pubblicato su evidentlycochrane.net.
Le raccomandazioni del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (RCOG) prevedono 10 microgrammi di vitamina D nelle donne incinte ad alto rischio. Ma non è chiaro se questa quantità sia sufficiente, oltre ad esserci dubbi sulla definizione di “alto rischio”.
Fino a una revisione Cochrane del 2019 non esistevano dimostrazioni sul fatto che l'integrazione di vitamina D migliorasse gli esiti dei bambini nati da madri con deficit della sostanza.
La revisione, che include 30 studi, mostra come l'integrazione di vitamina D riduca il rischio di preeclampsia, diabete gestazionale e basso peso alla nascita, oltre che quello di grave emorragia post-parto. L'integrazione però non sembra incidere sul rischio di nascita prematura.
Secondo altri dati, l'assunzione combinata di vitamina D e calcio ridurrebbe il rischio di preeclampsia, ma aumenterebbe quello di nascita pretermine. Un'altra revisione si è concentrata sul dosaggio raccomandato. Rispetto alla dose di 600 IU giornaliera, un dosaggio maggiore può ridurre il rischio di diabete gestazionale, ma non produce effetti sul rischio di preeclampsia e nascita pretermine.
Andare oltre il limite massimo consentito - cioè 4.000 IU al giorno - non sembra comportare cambiamenti nel rischio di diabete gestazionale, preeclampsia, nascita pretermine e basso peso alla nascita.
Fonti: PLoS One 2022. Doi: 10.1371/journal.pone.0276016
Plos One
evidentlycochrane.net
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