L'amiloidosi cardiaca da transtiretina può essere reversibile. Lo dimostra una lettera di ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine da un team dello University College London e del Royal Free Hospital di Londra.
Questa forma di amiloidosi era considerata finora irreversibile, con un tasso di mortalità di circa il 50% entro 4 anni.
«Abbiamo visto per la prima volta che il cuore può migliorare anche quando affetto da questa malattia, una cosa che non immaginavamo, e che ci fa pensare a nuovi trattamenti», afferma Marianna Fontana, prima firmataria della lettera.
I ricercatori descrivono i casi di 3 uomini di 68, 76 e 82 anni a cui era stata diagnosticata l'amiloidosi cardiaca da transtiretina, patologia che causa insufficienza cardiaca progressiva e per la quale non esiste un trattamento specifico.
Nei 3 casi descritti, invece, gli uomini hanno mostrato un miglioramento netto dei sintomi certificato da esami del sangue, diverse tecniche di imaging tra cui l'ecocardiografia, la risonanza magnetica cardiaca (CMR), e la scintigrafia, e, per un paziente, da una valutazione della capacità di esercizio.
Dalle scansioni è emerso che la struttura e la funzione del cuore erano tornate a uno stato quasi normale e che l'amiloide era stata quasi del tutto eliminata.
In un caso è stata effettuata una biopsia del muscolo cardiaco che ha rivelato una risposta infiammatoria atipica che circonda i depositi di amiloide, il che suggerisce una reazione immunitaria.
Nessuna risposta infiammatoria di questo tipo è stata rilevata in 286 biopsie di pazienti la cui malattia aveva seguito una progressione normale. Gli scienziati hanno trovato nei 3 pazienti anticorpi che si legavano specificamente ai depositi di amiloide nel topo e nel tessuto umano e all'amiloide sintetico, che non erano presenti in altri 350 pazienti nella coorte con un decorso clinico tipico. «Se questi anticorpi potessero essere sfruttati, potrebbero essere combinati con nuove terapie in fase di sperimentazione che sopprimono la produzione di transtiretina, consentendo ai medici di eliminare l'amiloide e prevenire ulteriori depositi», concludono i ricercatori.
Un'altra ricerca rivela come il livello troppo basso della proteina transtiretina si associ a un rischio maggiore di scompenso cardiaco. Lo afferma uno studio pubblicato su Jama Cardiology da un team del Dipartimento di Biochimica clinica all'Ospedale universitario di Copenaghen.
Il primo autore Anders Greve spiega: «Diversi precedenti articoli suggeriscono bassi livelli plasmatici di transtiretina come biomarcatore in vivo dell'instabilità della
transtiretina tetramerica, prerequisito per lo sviluppo sia dell'amiloidosi cardiaca da transtiretina sia wild-type (ATTRwt) sia ereditaria (ATTRm)».
Gli scienziati danesi hanno analizzato i dati di due studi - il Copenhagen General Population Study (Cgps, svolto su 9.582 soggetti) e il Copenhagen City Heart Study (Cchs, svolto su 7.385 soggetti) - scoprendo che a basse concentrazioni plasmatiche di transtiretina corrisponde un aumento del rischio di scompenso cardiaco incidente, soprattutto fra gli uomini.
Commentando i risultati della ricerca, Sanjiv Shah, della Divisione di Cardiologia alla Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago e vicedirettore di Jama Cardiology, scrive: «Gli autori hanno svolto un ottimo lavoro sull'associazione dei livelli di transtiretina circolanti con lo scompenso cardiaco incidente nella popolazione generale».
Lo studio presenta comunque dei limiti, in particolare il fatto che i partecipanti fossero tutti residenti nella stessa città - Copenaghen - e quasi tutti di origine caucasica.
«I risultati, quindi, potrebbero non essere applicabili in altre etnie o località geografiche. Inoltre, dato che bassi livelli di transtiretina si associano a malnutrizione, malattie croniche e infiammazione, è possibile che le concentrazioni ridotte riscontrate dai ricercatori siano una semplice espressione della presenza di multipli fattori di rischio cardiovascolare, rendendo l'associazione con lo scompenso cardiaco incidente meno rilevante dal punto di vista clinico», conclude Shah.
Fonte: NEJM 2023. Doi: 10.1056/NEJMc2304584
NEJM
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