La malattia di Crohn è una patologia caratterizzata da un'infiammazione progressiva e cronica dell'intestino. La citochina infiammatoria interleuchina 23 (IL23), espressa da una popolazione di cellule immunitarie dell'intestino, sembra promuovere l'infiammazione cronica alla base della malattia.
Le terapie standard attualmente approvate per la malattia di Crohn ne trattano i sintomi precoci, ma non risolvono l'infiammazione a lungo termine, che contribuisce così a un significativo peggioramento della qualità della vita dei pazienti.
Il professor Silvio Danese, primario dell'Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva all'IRCCS Ospedale San Raffaele e ordinario di Gastroenterologia all'Università Vita-Salute San Raffaele, è tra gli autori di VIVID-1, il primo studio clinico multicentrico di fase III a testare l'efficacia e la sicurezza dell'anticorpo monoclonale mirikizumab per il trattamento a lungo termine delle forme moderate e severe della malattia di Crohn.
Mirikizumab è un anticorpo monoclonale già impiegato nel trattamento della rettocolite ulcerosa, una malattia infiammatoria che colpisce l'ultimo tratto dell'intestino. Per quanto riguarda la malattia di Crohn, l'anticorpo si lega a una porzione dell'IL23 (interleuchina 23), inattivandola e contribuendo a ridurre anche l'infiammazione intestinale alla base della patologia.
Lo studio VIVID-1, pubblicato sulla rivista The Lancet, ha coinvolto quei soggetti, reclutati in 324 centri in 33 Paesi, che in precedenza sono risultati resistenti o intolleranti alle terapie convenzionali approvate per la malattia di Crohn.
Il farmaco si è dimostrato efficace nel produrre una remissione dei sintomi clinici della malattia nel 45,4% dei pazienti trattati rispetto al 19,6% di soggetti trattati con il solo placebo. L'efficacia dell'anticorpo monoclonale è stata mantenuta anche a un anno dall'inizio della terapia. Mirikizumab si è dimostrato sicuro e senza effetti collaterali significativi.
“Lo studio VIVID-1 di fase III conferma ed estende i risultati di efficacia e sicurezza di mirikizumab nel trattamento della malattia di Crohn, già riportati da un precedente studio di fase II. Il mantenimento degli effetti a un anno dall'inizio del trattamento è un risultato importante per trattare l'infiammazione cronica della malattia e migliorare la qualità della vita a lungo termine dei pazienti”, commenta il professor Danese.
Intanto, l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità del primo antagonista dell'interleuchina-23p19 (IL-23p19) - mirikizumab - per il trattamento della colite ulcerosa (CU) attiva da moderata a grave nei pazienti adulti. Mirikizumab è l'unico farmaco attualmente rimborsato in Italia per la CU a colpire selettivamente la subunità p19 di IL-23, che svolge un ruolo cruciale nell'infiammazione correlata alla CU. Un meccanismo di azione che permette di offrire sollievo da sintomi chiave quali frequenza evacuativa, sanguinamento rettale e urgenza intestinale, indipendentemente dall'uso precedente di farmaci biologici.
La CU è una condizione infiammatoria che in Italia si stima colpisca c.ca 150.000 persone, con oltre 4000 nuove diagnosi all'anno, prevalentemente in persone giovani. Fa parte delle malattie croniche intestinali, patologie che hanno un forte impatto sulla qualità di vita di chi ne soffre. “La colite ulcerosa è una malattia che colpisce in media in giovane età ed è caratterizzata da una forte infiammazione dell'intestino. Sebbene alla maggior parte dei pazienti venga inizialmente diagnosticata una malattia lieve e inizi la terapia convenzionale, molti progrediranno fino ad avere una malattia attiva da moderata a grave. Con un forte impatto sulla qualità di vita”, spiega Alessandro Armuzzi, Responsabile UO IBD, Istituto Clinico Humanitas, Rozzano e Professore Ordinario di Gastroenterologia, Humanitas University. “Nonostante la disponibilità dei trattamenti attuali, rimane un significativo bisogno di nuove opzioni terapeutiche in grado di affrontare i sintomi dirompenti, come l'urgenza intestinale”.
Mirikizumab risponde a questa esigenza con un nuovo meccanismo d'azione in CU, che colpisce una delle vie con cui l'infiammazione si sostiene nella malattia. Il programma di studi clinici LUCENT, su cui si è basata l'approvazione del farmaco, dimostra l'efficacia di mirikizumab: dopo 12 settimane di trattamento, quasi due terzi (63,5%) dei pazienti hanno raggiunto la risposta clinica e quasi un quarto (24,2%) ha raggiunto la remissione clinica (42,2% e 13,3%, rispettivamente con placebo). Un'efficacia che si è dimostrata superiore a placebo anche nei pazienti precedentemente trattati con un inibitore biologico o di Janus chinasi (JAKi) e che porta a una riduzione delle terapie con steroidi: tra coloro che hanno raggiunto la risposta clinica a 12 settimane, la metà ha raggiunto la remissione clinica senza uso di steroidi a un anno (27% con placebo). Quasi tutti i pazienti (97,8%) che hanno raggiunto la remissione clinica a un anno non facevano più uso di steroidi. L'azione di mirikizumab è sostenuta nel tempo: tra coloro che hanno raggiunto la remissione clinica a 12 settimane, circa due terzi (63,6%) dei pazienti hanno mantenuto la remissione clinica attraverso un anno di trattamento continuo (36,9% con placebo).
“Mirikizumab oltre ad aver dimostrato di essere efficace nell'ambito di obiettivi clinici rilevanti come la remissione libera da steroidi ad un anno, è in grado di determinare un rapido miglioramento dei sintomi, come il sanguinamento rettale e la frequenza evacuativa, già dopo tre settimane. In particolare, gli studi che hanno portato alla registrazione del farmaco sono stati i primi e gli unici a utilizzare una scala di valutazione dell'urgenza intestinale (NRS) incentrata sul paziente, registrando un netto miglioramento del sintomo urgenza soprattutto in coloro che rispondono meglio alla terapia di induzione”, spiega Massimo Claudio Fantini, Segretario Generale di IG-IBD (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease) e Professore Ordinario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Cagliari, Direttore della Struttura Complessa di Gastroenterologia.
Per le persone che vivono con CU i sintomi che hanno un maggior impatto sono la diarrea, l'urgenza intestinale e gli incidenti correlati all'urgenza intestinale. L'urgenza intestinale ed eventuali incidenti a essa correlati rappresentano le ragioni principali per cui le persone evitano di avere vita sociale.
“L'impatto sulla qualità della vita di questa patologia è notevole: non si tratta solo di affrontare il dolore fisico e la stanchezza cronica, ma anche di gestire implicazioni di carattere psicologico. Infatti, la disabilità invisibile che la caratterizza e la difficoltà nel descrivere i sintomi, come la diarrea, amplificano il disagio fisico, trasformandolo in un profondo disagio psicologico. Questo porta spesso a sentimenti di vergogna e insicurezza, che possono sfociare in isolamento sociale", spiega Salvo Leone, Direttore Generale di AMICI Italia e Chairman della European Federation of Crohn's & Ulcerative Colitis Associations (EFCCA). "Per le persone affette da colite ulcerosa, riuscire a controllare i sintomi, come l'urgenza intestinale, rappresenta un importante obiettivo nella gestione della malattia”.
L'American College of Gastroenterology nelle sue linee guida riconosce l'importanza dell'urgenza intestinale come una delle principali preoccupazioni per i pazienti che vivono con la CU e raccomanda di darle la priorità quando si considerano i trattamenti.
"Il disegno del nostro programma di sviluppo clinico in quest'area, che ha introdotto anche la valutazione quantitativa dell'urgenza intestinale, dimostra il costante impegno di Lilly in innovazione e a rispondere ai bisogni di salute dei pazienti", conclude Veronica Rogai, Associate VP-Medical Italy Hub di Lilly. "La disponibilità per i pazienti di mirikizumab segna il nostro ingresso nell'area delle malattie infiammatorie croniche intestinali: siamo felici e orgogliosi di poter collaborare con tutta la comunità scientifica che si occupa di queste patologie e di poter mettere a disposizione delle persone con Colite ulcerosa una nuova opportunità terapeutica capace di tradursi in un miglioramento tangibile della loro qualità di vita".
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