Lo screening per la malaria congenita su donne incinte e su neonati a rischio può rendere più efficaci i trattamenti.
La malaria congenita è una forma rara di malaria che si trasmette dalla madre al bambino in gravidanza o durante il parto. A rivelare che i protocolli di screening costituiscono una valida arma per la riduzione della mortalità e della morbilità associate a questa patologia, è uno studio realizzato dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, in collaborazione con l'Istituto superiore di Sanità . Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista scientifica Malaria Journal.
Stando agli autori è opportuno sottoporre le donne incinte provenienti da Paesi dove la malaria è endemica (o che vi hanno soggiornato) a un test per rilevare l'eventuale presenza del parassita che causa la malaria congenita. Il test andrebbe a integrare i normali controlli svolti dalle gestanti, cioè quelli volti a individuare Toxoplasma, Rosolia, Citomegalovius ed Herpes virus. Allo stesso modo, nei casi a rischio, il test per diagnosticare la malaria congenita dovrebbe integrare la valutazione di screening condotta sui neonati.
Secondo quanto emerso dallo studio dunque, la cura e l'attenzione rivolta alla madre può portare a una diagnosi precoce del neonato, fondamentale per l'efficacia dei trattamenti da mettere in atto. Questa attività risulta ancor più importante quando ci si trova di fronte a gestanti senza documentazione relativa alla gravidanza.
La malaria è una malattia infettiva causata dal parassita Plasmodium, che si trasmette all'uomo attraverso la puntura di zanzare del genere Anopheles. È la più importante malattia parassitaria dell'uomo e tra le principali cause di morbosità e mortalità , in particolar modo nelle aree tropicali e subtropicali. La malaria congenita, seppur rara, è un'importantissima forma clinica dell'infezione, che si manifesta durante la prima settimana di vita o nei giorni successivi in assenza di possibilità di infezione post-partum del neonato da puntura di vettore (in aree non endemiche). La trasmissione madre-feto del Plasmodium spp. avviene attraverso la placenta durante la gravidanza o al momento del parto. L'incidenza della malaria congenita riportata in letteratura è tra il 7-33% nelle aree endemiche. Anche se rara, lo spostamento delle persone da aree endemiche a non endemiche e viaggi internazionali hanno fatto si che si registrassero negli ultimi anni casi di questa patologia anche nei paesi non endemici. Gli stessi sono descritti in letteratura come case report, la revisione dei quali permette di sottolineare aspetti peculiari della parassitosi a trasmissione materno-fetale in aree non endemiche.
Realizzato da un team multidisciplinare, composto da clinici, microbiologi e malariologi, lo studio ha messo a fuoco un nuovo algoritmo diagnostico per la gestione di casi di malaria congenita registrati in aree non endemiche. Nello specifico, viene descritto un caso di malaria congenita e riporta una review dei casi di malaria congenita diagnosticata nei paesi non endemici negli ultimi quaranta anni.
Il caso riguarda un lattante di 2 mesi che viene ricoverato al Bambino Gesù per prematurità ed esposizione ad HIV. Nato in Italia da parto cesareo a 34 settimane di età gestazionale da gravidanza gemellare bicoriale biamniotica, viene sottoposto nelle prime settimane di vita ad un primo screening infettivologico. La mamma, una donna di 30 anni di origine nigeriana, dopo un lungo viaggio della durata di 7 mesi, era arrivata in Italia in stato di gravidanza gemellare alla 29° settimana, senza documentazione relativa alla gravidanza. Solo all'arrivo nel nostro Paese la mamma è stata sottoposta a screening infettivologico con seguente diagnosi di infezione da HIV.
Sin dai primi giorni di ricovero il lattante presentava anemia con progressiva riduzione dei valori di emoglobina fino a necessità di trasfusione. Inizialmente l'anemia è stata interpretata come secondaria all'assunzione della profilassi prevista per i neonati esposti a HIV. Tuttavia, nonostante la sospensione del farmaco, nei giorni successivi si è assistito a una nuova diminuzione dell'emoglobina e segni di emolisi. Sono state quindi indagate altre possibili cause di anemia: infezioni, malattie ematiche e patologie autoimmuni. La successiva comparsa di splenomegalia ha poi indotto a considerare la possibilità "remota" di un'infezione congenita da malaria, sebbene il neonato non presentasse sintomi aggiuntivi o tipici, quale la febbre. A questo punto la ricerca su sangue del Plasmodium falciparum è risultata positiva, ed è stata iniziata immediatamente la terapia mirata.
In considerazione dell'età del neonato e l'origine materna da paese endemico per malaria, è stata eseguita la ricerca del Plasmodium anche sulla madre. Riscontrare la presenza dello stesso parassita sia nella madre che nel bambino ha permesso di definire l'infezione come un importantissimo caso di malaria a trasmissione materno-fetale. Il caso clinico descritto ha sottolineato anche la necessità di porre sempre maggiore attenzione alla coppia madre-bambino nella loro sinergia e interazione e a non considerarli come soggetti singoli nella fase perinatale.
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