Iniziare il trattamento farmacologico ancor prima che la diagnosi di mieloma multiplo sia conclamata. La possibilità di iniziare a curare la seconda più diffusa neoplasia ematologica fin dai suoi stadi più precancerosi si fa sempre più concreta. La conferma giunge da uno studio pubblicato sul New england journal of medicine e presentato al congresso dell'American society of hematology (Ash) appena conclusosi a San Diego.
La somministrazione di daratumumab (standard di cura in prima linea per i pazienti non eleggibili al trapianto, nella combinazione con lenalidomide e desametasone) in pazienti affetti da mieloma smoldering - una condizione che nel primo lustro è gravata da un aumento del rischio annuo del dieci per cento di evoluzione verso la malattia oncoematologica, nel primo lustro - sembra infatti in grado di ridurre le probabilità di evoluzione verso il mieloma multiplo nei pazienti a maggiore rischio.
Una novità significativa, se si considera che al momento (alla luce anche di una serie di sperimentazioni che non hanno dato i risultati attesi) non esistono trattamenti terapeutici ad hoc approvati per il mieloma smoldering.
Nello studio Aquila i ricercatori - a coordinare il lavoro gli specialisti del dipartimento di terapie cliniche dell'Università nazionale e Capodistriana di Atene - hanno suddiviso una coorte di 390 pazienti affetti da mieloma smoldering in due gruppi. In un caso, si è proceduto con un monitoraggio attivo della condizione (ciò che di fatto viene offerto al momento anche in Italia).
I 194 individui inseriti nel gruppo di studio, invece, sono stati trattati con 39 cicli di daratumumab (sottocutaneo) per un anno e mezzo (o fino a una diagnosi di mieloma multiplo). Come endpoint, la sopravvivenza libera da progressione dello smoldering: valutata da un comitato di revisione indipendente in conformità con i criteri diagnostici dell'International Myeloma Working Group.
Il follow-up (con una mediana di 65,2 mesi) ha confermato i benefici legati al trattamento della condizione preneoplastica. Nei pazienti in terapia con daratumumab il rischio di progressione della malattia (o di decesso) è risultato inferiore del 51 per cento rispetto a quanto rilevato nel campione di controllo.
Nello specifico, la sopravvivenza libera da progressione a cinque anni ammontava al 63,1 per cento nei pazienti trattati rispetto al 40,8 per cento rilevato tra coloro sottoposti al monitoraggio attivo. Meno significativa la differenza relativamente alla sopravvivenza complessiva: 86,9 contro 93 per cento, col dato più alto relativo ai pazienti in trattamento.
Tutto ciò a fronte di un profilo di rischio accettabile - l'evento avverso più significativo rilevato è stato la comparsa di ipertensione - e di fatto sovrapponibile tra i due gruppi. Secondo Meletios Dimopoulos, già presidente della Società greca di ematologia e coordinatore dello studio, “questi risultati rappresentano una nuova opzione che deve essere presa in considerazione per i pazienti ad alto rischio, rispetto al monitoraggio attivoâ€.
Il tema - sì o no al trattamento dei pazienti con una condizione precancerosa - è molto dibattuto nel caso del mieloma multiplo. In attesa di nuovi dati, relativi anche a possibili trattamenti combinati (sono diversi gli studi clinici in corso per valutare l'efficacia anche di terapie più intense per rallentare l'evoluzione del mieloma smoldering), l'ipotesi che inizia a farsi strada è quella di un percorso ad hoc per pazienti a particolare rischio (sulla base di determinate caratteristiche genetiche e della presenza di biomarcatori).
Una quota non irrilevante: al momento si considera che circa un terzo dei pazienti con mieloma smoldering presenti fattori prognostici avversi, con un rischio del cinquanta per cento di progressione verso la malattia conclamata entro 24 mesi.
“Il congresso dell'Ash ha confermato quanto vivace sia la ricerca sulla prevenzione secondaria delle neoplasie ematologiche, a partire dal mieloma multiplo - afferma Claudio Cerchione, dirigente medico dell'unità operativa di ematologia e trapianti di cellule staminali emopoietiche dell'Istituto romagnolo per lo studio dei tumori (Irst) Dino Amadori di Meldola -. In un simile scenario, diventa fondamentale progredire nella stratificazione dei pazienti in base al rischio di evoluzione della malattia. Con le opportunità terapeutiche oggi a disposizione, ritengo che non sia più etico accettare il solo monitoraggio attivo dei pazienti con mieloma smoldering, che andrebbero seguiti ed eventualmente curati in strutture in cui siano disponibili protocolli di ricerca che permettano di avviarli a trattamentoâ€.
Anzi, a voler alzare l'asticella, “dovremmo puntare alla negatività della malattia minima residua - conclude lo specialista, che presiede la Società di oncologia ematologica italiana (Soho Italy) -. Parliamo di pazienti asintomatici e non ancora malati: l'obiettivo più ambizioso a cui puntare è quello di evitare che lo diventinoâ€.
Fonte: AboutPharma
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