L'esperienza di un trauma può avere un impatto profondo sulla vita di una persona, lasciando cicatrici emotive e psicologiche che possono richiedere tempo e impegno per guarire.
La psicoterapia può svolgere certamente un ruolo cruciale nel processo di recupero, ma esistono anche una serie di strategie di coping e risorse personali che possono aiutare le persone a superare i traumi e a ricostruire la propria vita.
In questo articolo, con l'aiuto della dottoressa Diletta Potì, psicologa a Lecce per idoctors.it, esploreremo alcune di queste strategie che possono contribuire al processo di guarigione dopo un trauma.
Cosa si intende per trauma
Il trauma è tutto ciò che porta ad avere un cambiamento, di solito repentino, inaspettato, non programmato e soprattutto che lascia un segno importante. Si può parlare di trauma in caso di lutto, violenza, abuso, abbandono, fallimento, separazione. È qualcosa che subiamo che ci lascia senza fiato e che può modificare la nostra vita.
Generalmente dopo un trauma si passa una fase di shock, che è talmente intima ed individuale che può avere mille sfaccettature ed altrettante reazioni. Quando avviene un trauma nella psiche umana possono essere tre i tipi di reazione a livello emotivo:
● la fuga
● la lotta
● il congelamento
Nel primo caso si cerca di fuggire dalle emozioni negative che si provano, negando l'evento traumatico accaduto; nel secondo si lotta, si prova rabbia, si inizia a prendersela o con sé stessi o con chi ha causato l'accaduto; nel congelamento si entra invece in uno stato di apatia totale.
Ciò che accomuna invece tutte le persone che subiscono un trauma è che si avverte un enorme senso di vuoto, di confusione, di impotenza, di blocco emotivo.
Come si guarisce dal trauma
“Guarire dal trauma” è un'espressione impropria, dal trauma non si guarisce. Il trauma si accoglie, si accetta, gli si cambia forma. Ma un trauma cambia inevitabilmente, quindi non si può parlare di guarigione vera e propria. Il trauma rimane, non va via, ci accompagna per sempre, quello che possiamo fare è però decidere se quell'esperienza può portarci alla resilienza o alla devastazione.
Per reagire al trauma, la psicoterapia è fondamentale. All'inizio si può pensare non serva a niente invece poi man mano che si va avanti ci si rende conto che prima si interviene e prima si inizia a star meglio. E questo è importantissimo soprattutto per i bambini, perché mentre l'adulto può elaborare il trauma in maniera personale, attraverso vari metodi, i bambini hanno invece necessariamente bisogno di essere affiancati da un professionista in caso di trauma. Sembrano infatti più resilienti dell'adulto ma in realtà il trauma lascia segni profondi anche in loro.
Quali sono le strategie di coping oltre la terapia
Oltre però alla psicoterapia, ci sono alcuni consigli da tenere bene a mente per affrontare al meglio il periodo dopo un trauma.
● Non aver paura degli effetti negativi. Una cosa che spaventa moltissimo chi ha subito un trauma, sono alcuni effetti collaterali che il cervello mette in atto per proteggere la psiche: due su tutti sono la perdita di memoria e la confusione. È molto importante sapere che questi sono due effetti del tutto normali e comuni a chi ha subito un trauma di qualsiasi tipo. Dopo un trauma è normalissimo anche avere tachicardia, paura, senso di oppressione, percezione che tutto scorre e invece si è fermi a quando il trauma è accaduto, inappetenza o al contrario molta fame, insonnia o letargia, difficoltà ad articolare bene le parole, non dire nulla o dire sempre le stesse cose, perché nella mente ci sono pochi pensieri, poche cose, magari le immagini ultime del trauma o della vita prima dell'evento traumatico. Ma tutto ciò non deve spaventare, perché la mente è potentissima e tramite questi effetti ci sta solo pian piano accompagnando verso l'inevitabile cambiamento che deriva da un trauma.
● Accettare le emozioni. Dopo un evento traumatico è importante accogliere tutte le emozioni, anche quelle che potrebbero sembrare spiacevoli, come la tristezza. Questo dà l'opportunità di fermarsi per un po' e consente in questo periodo di darsi il tempo di riorganizzare con calma la propria vita, senza avere fretta di “sbrigare velocemente la pratica” ma invece con la consapevolezza che per stare meglio ci vuole del tempo. Quando non lo facciamo spesso viviamo dei momenti in cui si pensa di impazzire, ma non è così: è l'ansia che prende il sopravvento perché non diamo spazio alla tristezza. Spesso inoltre dopo un trauma per “guarire” quanto prima prendiamo decisioni affrettate ed impulsive che ci portano inevitabilmente a sbagliare e dopo aver sbagliato ci sentiamo in colpa ed il senso di colpa alimenta ancora di più l'ansia e tutti i disturbi che ne derivano. Dobbiamo accogliere e riconoscere il nostro dolore, dobbiamo dargli un nome e dobbiamo lasciare alla tristezza, l'emozione più temuta e tenuta lontana, di “compiere il suo lavoro”. La tristezza è un'emozione lenta, che fa paura e che si tende a tenere lontana. Ma non sentiamoci deboli perché piangiamo. Dobbiamo cambiarne la visione, iniziare a vederla come nostra alleata. La tristezza è indubbiamente faticosa da vivere, ma è proprio grazie ad essa che ci fermiamo, prendiamo tempo, riflettiamo, sfoghiamo e riusciamo piano piano a riorganizzare la nostra vita. È come se ci aiutasse a ricaricare le pile per ricominciare.
● Prendersi cura di sé stessi. Dopo un trauma ci si deve volere bene e non essere critici e severi con sé stessi. Bisogna trattarsi con gentilezza, nello stesso modo in cui tratteremmo un caro amico che ha subito il nostro stesso trauma. Ascoltiamo il nostro cuore ed il nostro corpo, facciamo ciò che ci fa sentire meglio, senza sentirci condizionati dal giudizio degli altri. Solo noi sappiamo ciò che abbiamo dentro. Possiamo ad esempio scegliere un rito tutto nostro che ci coccoli un po' e cerchiamo di farlo ogni giorno alla stessa ora. Ma prendersi cura di sé stessi è anche cercare di fare unicamente quello che fa stare bene, anche solo leggermente, non quello che gli altri dicono serva. A volte invece si tende addirittura a trattarsi peggio, quasi come una forma di autolesionismo. Anche questo comunque è normale, lo si fa per distrarsi dal dolore del trauma causandosi un altro tipo di dolore. Il non sapere gestire le emozioni, il dolore emotivo soprattutto, l'allontanare l'emozione spiacevole, è talmente forte che il dolore fisico fa meno male: sposta l'attenzione. Diventa allora meno doloroso darmi una colpa piuttosto che accogliere il dolore stesso, come se si scegliesse il minore dei mali. La persona che subisce un trauma inoltre generalmente tende a darsi colpe, si fa domande, si chiede tanti perché. Ma è inutile perdere energie nel porsi domande alle quali non esistono risposte. Quelle energie è molto meglio dedicarle a essere più gentili nei confronti di sé stessi, più indulgenti.
● Scegliere bene con chi relazionarsi. Nell'ottica di proteggersi e prendersi cura di sé è fondamentale anche scegliere di circondarsi solo delle persone che ci fanno stare meglio, che ci danno positività o che ascoltano il nostro silenzio, non sentiamoci obbligati a dire sì per compiacere gli altri, compiacciamo noi stessi. Se abbiamo voglia rispondiamo al telefono, se non ne abbiamo non lo facciamo e così se suonano alla porta. A volte lo facciamo magari per la paura di rimanere soli, ma chi ci è amico e ci vuole bene rispetterà le nostre scelte, chi invece se la prende o ci rimane male non è mai stato nostro amico e non ci ha mai voluto bene. Dopo un trauma infatti cambiano anche i rapporti con gli altri: a volte da chi ci si aspetta qualcosa si ricevono coltellate, da chi invece a stento si conosce si riceve tantissimo. La vita può essere stata ingiusta con noi, togliendoci magari qualcosa di caro, ma può anche dare, in forma diversa, ed è anche questo che dobbiamo pensare per accettare un trauma. Utile è in quest'ottica frequentare dei gruppi di auto e mutuo aiuto, cioè di persone che hanno subito lo stesso trauma, in modo da condividere le proprie emozioni e soprattutto imparare dalle reazioni altrui a reagire personalmente. Tra queste persone si capisce che “si parla la stessa lingua”, che quello che si prova, le reazioni che si hanno, sono normali, che non si sta impazzendo. Parlare e condividere potrebbe essere un buon modo per “scongelarsi”.
● Darsi tempo. Infine, è importante essere pazienti con sé stessi e riconoscere che il processo di “guarigione” dopo un trauma richiede tempo. Non si può parlare di stare bene se non passa veramente molto tempo. La quantità di tempo è soggettiva e il tempo stesso assume un valore diverso dopo un trauma: ad esempio un periodo di tre mesi, che per le altre persone è un tempo molto lungo, chi ha vissuto il trauma può magari ancora avere la sensazione di averlo vissuto solo qualche giorno prima. Molto spesso dopo lo shock si tende a partire a mille e fare un sacco di cose per distrarsi, ma questa distrazione imposta non fa nient'altro che procrastinare e rimandare ciò che invece, per star bene dobbiamo vivere. Dobbiamo avere pazienza, coccolarci, accettarci, comprendere che ci vuole tanto tempo, ma che alla fine ce la faremo, l'importante è volerlo! Dobbiamo farci aiutare, ma concretamente, dare l'opportunità, a chi lo vuole fare, di alleggerirci. Per il resto “nankurunaisa”, che è una bellissima parola giapponese che significa “il tempo sistema tutto”. Buon percorso.
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