I bambini che non vanno all'asilo sono più intelligenti

Quoziente di intelligenza migliore per chi non frequenta il nido

Niente nido e sarai più intelligente. È la promessa contenuta in uno studio condotto dal Dipartimento di Scienze Economiche dell'Università di Bologna che ha coinvolto un totale di 500 famiglie che avevano richiesto l'ingresso del figlio alle scuole comunali fra il 2001 e il 2005.
Secondo i risultati dello studio, i bambini che frequentano il nido prima dei 2 anni mostrano un quoziente di intelligenza inferiore di 5 punti rispetto a quelli che rimangono a casa coi nonni, i baby sitter o uno dei genitori. L'aspetto positivo, invece, è che corrono meno rischi di diventare obesi.
«Le graduatorie tengono conto di fattori socioeconomici, come la presenza di disabilità, l'assenza di un genitore, lo status lavorativo di padre e madre e, a parità, anche il reddito e la ricchezza familiare. Quindi valutare gli ultimi bambini in graduatoria e i primi tra gli esclusi - spiega Giulio Zanella, uno degli autori - ci ha consentito di analizzare famiglie omogenee per livello sociale. Queste famiglie sono state contattate quando i figli avevano dagli 8 ai 13 anni e i bambini sono stati sottoposti a test per misurare il quoziente intellettivo, a test di personalità e per valutare disturbi comportamentali, alla misurazione dell'indice di massa corporea».
«Il nostro campione ha incluso famiglie benestanti - continua Zanella - con tutti e due i genitori che lavoravano e un reddito medio di circa 80.000 euro annui. I figli di queste coppie sono molto stimolati e non possono essere paragonati ai primi in graduatoria, che arrivano da contesti svantaggiati. Quando l'ambiente familiare è stimolante, per lo sviluppo cognitivo del bimbo è più importante l'interazione uno a uno con l'adulto. Quelle con i coetanei sono invece pressoché nulle».
Per migliorare la situazione sarebbe bene organizzare gli asili nido in maniera diversa, aumentando ad esempio il numero degli educatori o preferendo i micro-nidi. Ciò consente di aumentare la quantità e la qualità delle interazioni e degli stimoli per i piccoli.
A confermare gli esiti dello studio è anche Alberto Pellai, psicoterapeuta dell'età evolutiva presso l'Università di Milano: «Prima di apprendere hanno bisogno di costruirsi reti neuronali legate alla protezione. Gli affetti in questa fase della vita sono molto più importanti degli stimoli. Al primo posto c'è la protezione, la sicurezza e l'attaccamento, al secondo un'adeguata stimolazione, al terzo la socializzazione. I bambini entro i due anni non sono orientati a socializzare, non è un loro bisogno».

23/10/2017 Andrea Sperelli


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