Una metanalisi realizzata dagli scienziati della Cochrane Library ha evidenziato la possibile efficacia di duloxetina per il trattamento del dolore cronico. La metanalisi ha preso in considerazione 176 studi e un totale di 25 antidepressivi.
In caso di dolore cronico, spesso i medici prescrivono antidepressivi perché i neurotrasmettitori coinvolti nella regolazione dell'umore sono in molti casi gli stessi che regolano il dolore. Non a caso, la duloxetina viene usata anche per trattare il dolore neuropatico diabetico periferico.
I dati dimostrano che la dose standard di duloxetina (60 mg) è in grado di ridurre la percezione del dolore del 91% e l'intensità continua del dolore con una differenza media standardizzata di -0,31. Un effetto positivo potrebbe essere associato anche all'uso di milnacipran.
I pazienti coinvolti mostravano diverse condizioni di dolore cronico, fra cui fibromialgia, dolore neuropatico e dolore muscoloscheletrico.
«L'unico antidepressivo per il trattamento del dolore cronico è la duloxetina», hanno spiegato i ricercatori, aggiungendo che «al momento non ci sono prove affidabili sull'efficacia a lungo termine di alcun antidepressivo, né prove affidabili sulla sicurezza degli antidepressivi per il dolore cronico».
«Nella pratica - ha dichiarato Emma Davies, farmacista specializzata nella gestione del dolore presso il Cwm Taf Morgannwg University Health Board - dobbiamo essere cauti. È importante non utilizzare questi risultati come motivo per interrompere la somministrazione di questi farmaci senza una approfondita analisi o la dovuta attenzione. Occorre trovare un equilibrio adeguato fra danni e benefici».
Cathy Stannard, responsabile clinica delle linee guida NICE per il dolore cronico, ha rimarcato come i risultati dell'analisi dimostrino l'inadeguatezza delle soluzioni farmacologiche attuali per il trattamento del dolore cronico: «Non sorprende che le prove migliori supportino l'uso della duloxetina perché gli studi per questo nuovo farmaco, spesso finanziati dai produttori, sono stati necessariamente condotti in modo più rigoroso, vista la normativa attuale e la comprensione delle evidenze cliniche, rispetto a quelli per farmaci più vecchi come l'amitriptilina».
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