L'inquinamento colpisce coi suoi effetti soprattutto le donne. A dirlo è una nuova ricerca condotta dagli scienziati dell'Università di Winnipeg e presentata durante il congresso della European Respiratory Society.
I ricercatori hanno chiesto a 10 volontari di respirare per 4 ore di seguito aria filtrata oppure aria che conteneva emissioni di motori diesel in 3 diverse concentrazioni di particolato fine (PM2.5), da 20 a 150 microgrammi per metro cubo: il limite per il PM2.5 della Comunità Europea è infatti di 25 microgrammi per metro cubo, ma in molte città viene spesso superato.
I medici hanno quindi prelevato il sangue dei volontari “gasati” dalle emissioni, scoprendo che per 90 molecole si registravano differenze sostanziali fra i due sessi, soprattutto in proteine coinvolte nell'infiammazione, nella riparazione dei danni cellulari, nella coagulazione del sangue, nella risposta immunitaria e nel rischio cardiovascolare. I dati erano più evidenti con l'esposizione alle concentrazioni più elevate di inquinanti e gli autori sottolineano che «gli effetti dello smog sono differenti nei due sessi e sembrano peggiori nelle donne».
Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale, osserva: «Negli ultimi decenni è diventato sempre più chiaro che l'organismo maschile e quello femminile "funzionano" e rispondono agli stimoli esterni in maniera variabile e talora molto diversa, tanto che su queste basi è nata una nuova disciplina, la medicina di genere. Questo studio fornisce un'ulteriore conferma sperimentale alla diversificata reattività degli uomini e delle donne anche nei confronti degli inquinanti atmosferici, dimostrando preliminari differenze nella produzione di proteine pro-infiammatorie, pro-coagulanti o attive sul sistema immunitario e cardiovascolare».
«Il metodo adottato dagli sperimentatori è interessante ma difficilmente riproducibile su grandi numeri, dato che prevede l'inalazione di inquinanti noti in maniera intenzionale da parte di volontari sani», aggiunge Prisco Piscitelli, epidemiologo dell'Università del Salento e vicepresidente SIMA. «Da ulteriori studi ci aspettiamo conferme e nuovi dettagli sui meccanismi di risposta ai contaminanti dell'aria che respiriamo, la cui qualità abbiamo oggi un ulteriore motivo per migliorare con interventi concreti».
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