Lo stile di vita delle coppie è cambiato radicalmente negli ultimi anni: l'età media delle coppie che cercano una gravidanza è in continuo aumento ma, se l'età della donna è stata a lungo riconosciuta come un fattore di rischio per esiti riproduttivi, sono ancora pochi gli studi che indagano l'impatto dell'età paterna sulle possibilità di concepimento, specie in relazione all'età della donna.
A oggi, la letteratura evidenzia un effetto dell'età sulla qualità dello sperma: volume e motilità diminuiscono, mentre aumenta la frammentazione del DNA spermatico. Diversamente, l'impatto dell'età sulla concentrazione degli spermatozoi è ancora controverso. Inoltre, non è ancora stato chiarito se l'assenza di malattie croniche o l'assenza di fattori di stile di vita negativi possano rallentare il declino della qualità dello sperma.
Per quanto riguarda l'impatto dell'età maschile sull'esito dei trattamenti di Procreazione Medicalmente Assistita, gli studi effettuati fino a oggi sono spesso di difficile interpretazione in quanto non tengono parallelamente conto dell'impatto dell'età femminile.
Alla luce delle evidenze scientifiche, il dottor Marco Vitali, biologo del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi - con il coordinamento di Mariabeatrice Dal Canto, direttore del laboratorio di Procreazione Medicalmente Assistita del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi, e di José Buratini, coordinatore scientifico del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi, nell'ambito del Master in Tecnologie di Riproduzione assistita presso l'Università Pompeu Fabra di Barcellona - ha condotto uno studio retrospettivo, mirato a valutare l'impatto dell'età maschile sulle caratteristiche del liquido spermatico e la sua incidenza sui tassi di successo nella fecondazione, impianto e bambini nati vivi nelle coppie che si sono sottoposte ai trattamenti di Procreazione Medicalmente Assistita.
“Lo studio si è basato sui dati di 5.565 pazienti maschi del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi - raccolti dal 2015 al 2020 - suddivisi in cinque gruppi in base all'età - gruppo A (da 25 anni a 34 anni), gruppo B (da 35 anni a 39 anni), gruppo C (da 40 anni a 44 anni) e gruppo D (più di 45 anni) - e ha preso in considerazione tre parametri di qualità del liquido seminale: volume dell'eiaculato, concentrazione di spermatozoi e motilità progressiva”, spiega la dottoressa Mariabeatrice Dal Canto. L'effetto dell'età paterna è stato valutato anche su pazienti sani - senza problemi di diabete, malattie cardiache, coagulopatie, neoplasie genitali, disturbi andrologici, fibrosi cistica e microdelezioni del cromosoma Y - e con uno stile di vita favorevole, ossia niente fumo, droghe e assunzione di alcol.
“In questo modo, non solo abbiamo studiato come l'età paterna possa influire sulla qualità del seme, ma abbiamo anche analizzato come uno stile di vita favorevole e l'assenza di patologie siano associati a una maggiore qualità del liquido seminale: volume, concentrazione, numerosità e motilità erano associati a condizioni di salute e stile di vita favorevoli”, prosegue la dottoressa Dal Canto. “In entrambe le popolazioni, abbiamo osservato una significativa riduzione della motilità e del volume dell'eiaculazione con l'avanzare dell'età paterna e non abbiamo invece riscontrato alcuna riduzione significativa della concentrazione di spermatozoi”.
“Per valutare l'effetto dell'età paterna sugli esiti dei trattamenti di PMA abbiamo preso in esame 1.958 cicli con transfer a fresco avvenuti tra il 2015 e il 2019, che presentavano cause di infertilità inspiegata, legata a fattore maschile, fattore tubarico, fattore ovulatorio, ovaio policistico (PCO) o sindrome dell'ovaio policistico (PCOS), mentre sono stati esclusi casi di endometriosi e fattore genetico”, spiega la dottoressa Dal Canto. “Per valutare l'impatto dell'età paterna, i cinque gruppi sono stati suddivisi in base all'età della partner: minore di 37 anni e maggiore di 37 anni, dove i 37 anni rappresentano l'età dopo la quale si verifica un forte calo delle possibilità di sviluppo di ovociti ed embrioni. I dati ottenuti indicano un impatto dell'età paterna solo se correlato all'età materna avanzata: i tassi di impianto e di bambini nati vivi sono stati influenzati in modo significativo dall'età paterna solo nelle coppie in cui età paterna e materna elevate sono associate”.
“Possiamo dunque concludere che i dati attuali suggeriscono un'incidenza negativa dell'età paterna sui parametri legati alla qualità dello sperma e dimostrano una influenza rilevante sugli esiti dei trattamenti di PMA, solo se contemporaneamente presente anche una età materna avanzata”, conclude la dottoressa Mariabeatrice Dal Canto.
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