Cuore e cervello sono più legati di quanto immaginiamo. Secondo una ricerca pubblicata su Neurology da un team della California University, infatti, soffrire da giovani di problematiche cardiovascolari ha l'effetto di triplicare il rischio di compromissione delle funzioni cognitive nella mezza età .
Lo studio è stato diretto da Xiaqing Jiang, noto per aver sviluppato l'indice MCC per l'ictus ischemico, che predice le sequele funzionali dell'attacco in base alle condizioni generali del paziente.
I ricercatori hanno analizzato i dati di 3.146 soggetti seguiti in media per 30 anni, con un'età di partenza che andava dai 18 ai 30 anni. Attorno ai 48 anni, il 5% di loro ha mostrato l'insorgenza di almeno un sintomo cardiocircolatorio: dallo scompenso cardiaco alla coronaropatia. Alla fine dello studio tutti i soggetti sono stati sottoposti a test neuropsicologici per valutarne la capacità di pensiero e di memoria, la velocità di ragionamento, la fluenza verbale e la memoria verbale ritardata, cioè la capacità di ricordare una lista di parole a distanza di 10 minuti.
In questo test il punteggio va da 0 a 15, e il punteggio medio è stato di 8,5. Nei pazienti vittime di eventi cardiovascolari la media è stata di 6,4.
Nel test che valuta la cognitività globale il punteggio va da un minimo di 0 a un massimo di 30: in questo caso il punteggio medio è stato 23,9 punti, ma chi aveva avuto problemi cardiaci non ha superato i 21,4 punti.
I ricercatori hanno anche cercato le prove biologiche di tali differenze servendosi della scansione cerebrale. Hanno così scelto a caso 656 soggetti da sottoporre a valutazione di neuroimaging con risonanza magnetica DTI, scoprendo che la materia grigia di chi aveva sofferto di eventi cardiovascolari era iperintensa, tipico segno di danno vascolare cerebrale.
Il declino mostra tempi di sviluppo precisi: nei soggetti sottoposti a due sessioni di test neuropsicologici - a 25 e a 30 anni dall'inizio dello studio - il triplicarsi del rischio di decadimento si manifesta nel giro di 5 anni. In chi aveva avuto problemi cardiovascolari era del 13% in confronto al 5% di chi non li aveva avuti, una percentuale in linea col decadimento legato all'età : a 65 anni i soggetti con demenza sono il 5% circa, ma a 85 anni la diagnosi di demenza di Alzheimer nella popolazione generale supera il 40%. In generale, in Europa, la prevalenza media di deterioramento cognitivo è più bassa che negli Usa: rispettivamente 5,1 - 24,5%, in confronto al 13,8 - 28,3% degli americani, probabilmente a causa dei diversi stili di vita e alimentazione.
In base ai dati, quindi, gli scienziati americani concludono che per ritardare la comparsa del declino cognitivo è necessario adottare uno stile di vita salutare fra i 20 e i 30 anni che prevenga l'insorgenza di patologie cardiovascolari. Queste ultime, infatti, non sono esclusivo appannaggio delle persone più anziane, ma tendono a colpire anche i più giovani e talvolta addirittura i bambini. È bene quindi intervenire precocemente per garantire sia la salute cardiovascolare che quella neurologica.
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