I virus non finiscono mai. Un microrganismo proveniente dall'Africa potrebbe scatenare un'infezione denominata febbre emorragica di Crimea-Congo, malattia che mostra un tasso di mortalità preoccupante pari a circa il 5%.
Il virus si sta diffondendo in diversi paesi, fra cui la Spagna, e potrebbe presto raggiungere l'Italia.
La febbre emorragica di Crimea-Congo, il cui acronimo è CCHF, è inserita nell'elenco dei patogeni prioritari che possono causare epidemie e pandemie dell'Oms.
Secondo gli esperti il fattore che facilita la diffusione del virus è l'aumento delle temperature a livello mondiale, aspetto che ha ampliato l'habitat delle zecche che possono trasportare e trasmettere il Nairovirus, il microrganismo responsabile.
Esistono almeno 9 ceppi geneticamente distinti di questo virus. Le zecche del genere Hyalomma sono i principali vettori che infestano sia mammiferi e uccelli selvatici, compresi i capi di bestiame. La trasmissione del virus può avvenire attraverso la puntura di zecche o il contatto con fluidi organici animali, come durante la cura o la macellazione di bestiame infetto. È stato documentato anche il contagio tra persone, soprattutto in contesto ospedaliero e per via sessuale. Inoltre, è possibile la trasmissione tramite aerosol.
Tra i sintomi indotti dalla CCHF ci sono febbre alta, malessere, difetti della coagulazione e permeabilità dei vasi sanguigni. Nella fase emorragica, che dura dai 2 ai 3 giorni, si possono manifestare emorragie diffuse, petecchie, ecchimosi, epistassi, melena, ematemesi, ematuria e sanguinamento dai siti di iniezione. La malattia può portare a complicazioni gravi come coagulazione disseminata intravascolare, insufficienza renale, epatica, polmonare e shock, con una mortalità che varia dal 3% al 40%.
Allo stato attuale non esistono né vaccini né terapie specifiche. I medici prescrivono di norma la ribavirina, un antivirale su cui però non ci sono al momento evidenze scientifiche robuste. Per questo, risulta fondamentale la prevenzione, quindi indossare un abbigliamento protettivo nelle zone a rischio. In particolare, i lavoratori dei macelli devono utilizzare un abbigliamento specifico per limitare il contatto con i fluidi di animali potenzialmente infetti.
Le informazioni di medicina e salute non sostituiscono
l'intervento del medico curante
Questa pagina è stata letta
259442 volte