Il tumore del seno è fra le neoplasie con il maggior numero di farmaci in via di sviluppo. Se ne è parlato all'ultimo congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco) che si è tenuto a Chicago.
Lo studio di fase 3 Natalee ha mostrato i risultati positivi del farmaco ribociclib, che riduce del 25% il rischio di recidiva nel tumore della mammella in stadio precoce.
Ribociclib è il primo e unico inibitore di Cdk4/6 a dimostrare un beneficio consistente e clinicamente significativo in una vasta popolazione di pazienti con tumore della mammella in fase iniziale Hr+/Her2-, indipendentemente dallo stadio della malattia, dallo stato menopausale e linfonodale.
Nell'insieme, i risultati dello studio Natalee mostrano il potenziale di raddoppiare il numero dei pazienti che potrebbero trarre beneficio dal trattamento con un inibitore di Cdk4/6 nel setting adiuvante.
Nello specifico, l'uso di ribociclib in associazione con la terapia endocrina ha l'effetto di ridurre il rischio di recidiva del 25,2% nei pazienti con tumore al seno in fase iniziale in stadio II e III, positivo per i recettori ormonali e negativo per il recettore 2 del fattore umano di crescita epidermica (Hr+/Her2-) (Hr=0,748; 95% CI: 0,618 - 0,906; p=0,0014) oltre a un beneficio di sopravvivenza libera da malattia invasiva (iDfs) consistente e clinicamente significativo nei principali sottogruppi prespecificati (stadio II, stadio III, linfonodi positivi, linfonodi negativi, donne in pre-menopausa e uomini, donne in post-menopausa). I dati di ribociclib sono risultati consistenti in tutti gli endpoint secondari di efficacia, comprese la sopravvivenza libera da malattia a distanza (Ddfs) (riduzione del rischio del 26%) e la sopravvivenza libera da recidiva (Rfs) (riduzione del rischio del 28%), con un trend positivo per la sopravvivenza globale (Os) (Hr= 0,759; 95% CI: 0.539-1,068). Il profilo di sicurezza di ribociclib al dosaggio di 400 mg è stato favorevole, con tassi limitati di eventi avversi (Ae) sintomatici e limitati aggiustamenti del trattamento nella somministrazione fino a tre anni. I più frequenti eventi avversi riportati di particolare interesse (di grado superiore a 2) sono stati neutropenia (43,8%) e gli eventi epatici (per es. aumento delle transaminasi) (8,3%). Gli eventi avversi di Grado superiore a 2 quali il prolungamento dell'intervallo QT e la diarrea sono risultati bassi per ribociclib, pari all'1,0% e allo 0,6%, rispettivamente.
«Nel 2022, in Italia, sono stati stimati 55.700 nuovi casi di carcinoma della mammella, il più frequente in tutta la popolazione», afferma Saverio Cinieri, presidente Aiom (Associazione italiana di oncologia medica). «La terapia adiuvante della malattia radicalmente operata può essere considerata uno dei maggiori successi in oncologia negli ultimi trent'anni. Infatti, nonostante il costante aumento dei casi, la mortalità è diminuita del 6,8% dal 2015 al 2021, non soltanto per effetto della diagnosi precoce attraverso programmi di screening, ma anche per l'efficacia della terapia adiuvante. La sopravvivenza a 5 anni infatti raggiunge l'88% e pone il nostro Paese ai vertici in Europa. Sono tre i trattamenti adiuvanti: chemioterapia, ormonoterapia e terapia biologica, proposti alle pazienti in base allo studio del singolo caso, alle caratteristiche della neoplasia e alle condizioni fisiche della donna. Purtroppo, però, per molte pazienti in generale non vi sono strumenti efficaci per ridurre in maniera sostanziale il rischio di recidiva. I risultati significativi dello studio Natalee mostrano il potenziale di ribociclib di cambiare la pratica clinica. Ridurre le recidive, inoltre, significa contenere il considerevole costo per il sistema sanitario in termini di farmaci, visite e ospedalizzazioni necessari quando la malattia diventa metastatica, oltre alle conseguenze negative sulla qualità di vita».
«Per ridurre il rischio di recidiva, le pazienti con carcinoma mammario in stadio precoce, positivo per i recettori ormonali e Her2 negativo, assumono il trattamento ormonale standard di durata compresa tra 5 e 10 anni, in aggiunta o meno alla chemioterapia», spiega Michelino De Laurentiis, direttore del dipartimento di Oncologia senologica e toraco-polmonare, Istituto nazionale tumori Irccs Fondazione G. Pascale di Napoli. «Nello studio Natalee, che ha coinvolto oltre 5.000 pazienti, ribociclib è stato somministrato per 3 anni insieme all'ormonoterapia. In questo modo è stato ridotto di un ulteriore 25% il rischio di recidiva, in una popolazione di pazienti molto vasta, che include anche le donne senza coinvolgimento linfonodale. Ci auguriamo che la disponibilità della terapia avvenga quanto prima, perché potremo offrire un'opportunità terapeutica efficace a una grande platea di pazienti. Circa il 70% delle donne presenta un carcinoma mammario con recettori ormonali positivi e Her2- e almeno metà ha le caratteristiche delle pazienti incluse nello studio Natalee. Quindi circa 20mila donne ogni anno, in Italia, potrebbero beneficiare di questa terapia, che ha già evidenziato di essere molto efficace nello stadio metastatico, garantendo una buona qualità di vita».
«L'evento più impattante dal punto di vista clinico, nel carcinoma mammario operato radicalmente, è la comparsa di recidive a distanza, che si associa a un drammatico peggioramento prognostico», sottolinea Fabio Puglisi, direttore del Dipartimento di Oncologia medica all'Irccs Cro di Aviano, professore ordinario e direttore della Scuola di specializzazione in Oncologia medica all'Università degli Studi di Udine. «Le pazienti con tumore della mammella in stadio precoce con recettori ormonali positivi e Her2- restano a rischio di recidiva, perché la malattia si ripresenta in un terzo dei casi inizialmente in stadio II e nella metà di quelli esorditi in stadio III. Inoltre, il 90% delle recidive che si sviluppano entro 5 anni portano alla malattia metastatica. L'evoluzione della patologia da stadio iniziale a metastatico ha ripercussioni negative non solo sulla sopravvivenza, ma anche sulla qualità di vita dei pazienti. I dati dello studio Natalee rappresentano un ulteriore passo in avanti per portare a guarigione un maggior numero di pazienti. Questi risultati potranno avere un impatto maggiore di quanto ottenuto in passato nel trattamento adiuvante con la chemioterapia o con l'ormonoterapia basata sugli inibitori dell'aromatasi».
Anche per quanto riguarda sacituzumab govitecan i risultati sembrano positivi. Il farmaco ha mostrato un beneficio duraturo di Os nel carcinoma mammario Hr+/Her2- metastatico pretrattato, un miglioramento del vantaggio clinicamente significativo nella Os mediana rispetto a Tpc (Os mediana: 14,5 mesi rispetto a 11,2 mesi; Hr: 0.79; [95% CI: 0,65-0,95]; nominal p=0,0133). Sacituzumab govitecan è un anticorpo-farmaco coniugato first-in-class mirato al recettore Trop-2, un antigene di superficie cellulare altamente espresso in diversi tipi di tumore, incluso oltre il 90% dei carcinomi della mammella e della vescica. Sacituzumab govitecan è stato intenzionalmente progettato con un linker idrolizzabile proprietario attaccato a Sn-38, un inibitore della topoisomerasi I. Questa combinazione unica fornisce una potente attività sia verso le cellule che esprimono Trop-2 sia verso il microambiente.
«Questi risultati a più lungo termine dello studio Tropics-02 mostrano il vantaggio duraturo della Os di sacituzumab govitecan rispetto alla chemioterapia tradizionale nel carcinoma mammario Hr+/Her2- metastatico pre-trattato», spiega Giuseppe Curigliano, professore di Oncologia medica all'Università di Milano e direttore Divisione Sviluppo di nuovi farmaci per terapie innovative all'Istituto europeo di oncologia di Milano. «A questo stadio della malattia, è comune la chemioterapia sequenziale, ma i benefici diminuiscono con linee di terapie successive. Il potenziale per una nuova molecola come sacituzumab govitecan, che può permettere alle pazienti di vivere più a lungo, è particolarmente significativo».
«È stato statisticamente significativo e clinicamente rilevante anche il miglioramento della sopravvivenza libera da progressione mediana, in tutti i sottogruppi predefiniti di pazienti. Si è evidenziata anche una tendenza al miglioramento della qualità di vita. Le linee guida Esmo, pubblicate recentemente, inseriscono già sacituzumab govitecan nell'algoritmo di trattamento nella malattia metastatica con recettori ormonali positivi pesantemente pretrattata, rappresentando un'opzione tangibile ed efficace per queste pazienti».
Sono stati discussi infine nuovi dati a supporto dell'utilizzo di trastuzumab deruxtecan, coniugato farmaco-anticorpo (Adc) costituito da un anticorpo monoclonale coniugato con un legame stabile a un inibitore della topoisomerasi I, un derivato dell'exatecano, tramite un linker tetrapeptidico clivabile in maniera selettiva all'interno della cellula tumorale.
Il farmaco ha assicurato risposte clinicamente significative e durature in un'ampia gamma di tumori solidi in stadio avanzato che esprimono Her2 in pazienti pretrattati.
I risultati sono stati evidenziati dallo studio di fase 2 Destiny-PanTumor02 e da Destiny-Crc02. Trastuzumab deruxtecan ha mostrato un tasso di risposta obiettiva del 37,1% nella popolazione complessiva dello studio di fase 2 Destiny-PanTumor0. Lo studio di fase 2 Destiny-Crc02 ha inoltre dimostrato un'attività antitumorale positiva e un profilo di sicurezza coerente nei pazienti con carcinoma del colon-retto metastatico Her2+ pretrattato.
Nello studio Destiny-PanTumor02, i pazienti pretrattati (n=267) per diversi tumori solidi avanzati (tra cui carcinoma delle vie biliari, della vescica, della cervice uterina, dell'endometrio, delle ovaie, del pancreas) che esprimevano Her2 a cui è stato somministrato trastuzumab deruxtecan, hanno mostrato un tasso di risposta obiettiva (Orr) del 37,1%, come valutato dallo sperimentatore in un'analisi ad interim. Il 5,6% (n = 15) dei pazienti ha ottenuto una risposta completa (Cr), il 31,5% (n = 84) una risposta parziale (Pr) e il 46,1% (n = 123) una malattia stabile. Il tasso di controllo della malattia (Dcr) nella popolazione complessiva dello studio è stato del 68,2%, secondo la valutazione dello sperimentatore, in un'analisi ad interim. Il più alto tasso di risposta è stato osservato nelle pazienti con un'espressione di Her2 (immunoistochimica (Ihc) 3+, come confermato dal test centralizzato, in cui trastuzumab deruxtecan ha dimostrato un Orr confermato del 61,3%. Quasi la metà (49,6%) di tutti i pazienti nello studio Destiny-PanTumor02 che hanno ottenuto una risposta, l'hanno mantenuta a un anno dall'inizio del trattamento. La durata mediana della risposta (DoR) è stata di 11,8 mesi (intervallo di confidenza [IC] 95%, 9,8 - non stimabile [Ns]) nella popolazione complessiva dello studio, e di 22,1 mesi (IC 95%;9,3-NS) nei pazienti con espressione Ihc 3+.
«I dati del Destiny-PanTumor02 hanno mostrato tassi di risposta incoraggianti e duraturi in un ampio range di tumori solidi che esprimono Her2 e per i quali attualmente non esistono terapie anti-Her2 approvate», spiega Funda Meric-Bernstam, presidente del Dipartimento di Terapie oncologiche sperimentali presso l'Md Anderson Cancer Center dell'Università del Texas e sperimentatore principale dello studio. «Basandoci su questi risultati, trastuzumab deruxtecan ha il potenziale di giovare a specifici pazienti con malattia avanzata Her2+, i quali attualmente hanno opzioni limitate e possono andare incontro a una prognosi infausta».
Non sono emersi nuovi problemi legati alla sicurezza della terapia.
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