Uno studio apparso sul Journal of the American Geriatrics Society dimostra che il tessuto adiposo che si accumula nel muscolo scheletrico è un fattore di rischio per il declino cognitivo. Il nesso è indipendente dai cambiamenti della forza muscolare, dalla composizione corporea e dagli altri fattori di rischio per la demenza.
«L'obesità e la perdita di massa muscolare stanno emergendo come fattori di rischio per la demenza, ma il ruolo dell'adiposità che si infiltra nei muscoli scheletrici è meno chiaro. L'adiposità del muscolo scheletrico aumenta con l'età avanzata e questo si verifica soprattutto tra le donne nere, un segmento della popolazione statunitense che è anche a più alto rischio di demenza», spiega Caterina Rosano della University of Pittsburgh, prima autrice del lavoro.
Gli scienziati hanno analizzato il tessuto adiposo intermuscolare della coscia in un campione di 1.634 adulti tramite tomografia computerizzata al basale e 6 anni dopo. Hanno poi sottoposto il campione a un mini-esame dello stato mentale (3MS) al basale e dopo 3, 5, 8 e 10 anni.
All'aumento del tessuto adiposo intermuscolare della coscia pari a 4,85 cm2 negli anni da uno a sei corrisponde una diminuzione al 3MS di 3,20 punti negli anni da sei a dieci. L'associazione dell'aumento dell'IMAT con il declino del 3MS è statisticamente significativa, mentre le interazioni per razza e sesso non lo sono. «I nostri dati suggeriscono che l'adiposità muscolare gioca un ruolo unico nel declino cognitivo, distinto da quello di altri tipi di grasso o altre caratteristiche muscolari. Se i nostri risultati saranno confermati, allora il passo successivo sarà quello di capire come il grasso muscolare e il cervello parlino tra loro, e se la riduzione dell'adiposità muscolare possa ridurre anche il rischio di demenza», afferma Rosano.
«Poiché le metodologie in rapida evoluzione stanno rendendo questa misura più fattibile e ampiamente applicabile in ambito clinico, ci sono ampie opportunità per raccogliere dati sull'adiposità muscolare e migliorare i modelli di previsione per la demenza», concludono gli autori.
Fonte: Journal of the American Geriatrics Society 2023. Doi: 10.1111/jgs.18419
Journal of the American Geriatrics Society
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