Durante il ciclo cardiaco la pressione è massima in sistole (pressione sistolica) e minima in diastole (pressione diastolica); quando si parla di pressione arteriosa è quindi logico (e noto a tutti) definire due valori, ognuno indicativo di una certa condizione. I valori di normalità sono leggermente influenzati dall'ora del giorno: più alti al mattino, appena svegli, si riducono durante la giornata e tendono a rialzasi verso sera. I valori aumentano in seguito a uno sforzo fisico o per uno stress emotivo: non di rado i valori rilevati dal medico sono maggiori di quelli rilevati dal paziente quando effettua la misurazione da solo. Un ulteriore dato statistico è l'aumento della pressione con l'età. Questo fenomeno, una volta considerato del tutto normale, si deve oggi considerare come comunque patologico. L'aumento è dovuto all'aumentata rigidità dei vasi arteriosi, ma è decisamente più limitato per gli anziani che sono invecchiati "bene".
L'aumento della pressione arteriosa con l'età si può pertanto considerare come uno degli indicatori di invecchiamento biologico.
Tradizionalmente la pressione si misura con lo sfigmomanometro (inventato nel 1896 dall'italiano Scipione Riva-Rocci); oggi esistono dei comodi strumenti elettronici che consentono una rilevazione della pressione da parte del paziente seguendo poche e semplici istruzioni. Se da un lato hanno semplificato il controllo, evitando l'intervento del medico, per alcuni soggetti sono diventati una vera e propria ossessione. A meno di stati veramente patologici, è errato attribuire ogni malessere a un innalzamento o a un abbassamento della pressione ed è inutile diventare schiavi delle continue misurazioni.
I valori normali della pressione arteriosa sono da considerarsi 140 mm Hg per la pressione sistolica (la cosiddetta massima) e 90 mm Hg per la pressione diastolica (la minima). Si parla di ipertensione in presenza di un aumento permanente della pressione arteriosa oltre i valori normali. Ovviamente il grado dell'ipertensione può essere lieve, moderato o severo (uguale o superiore a 180/110). Negli Stati Uniti il 20% della popolazione soffre di ipertensione ed è in cura con farmaci; in Italia probabilmente la percentuale è simile, anche se è minore la percentuale di chi ricorre al medico, probabilmente perché l'ipertensione non dà sintomi evidenti, a meno che non sia grave e prolungata nel tempo.
L'ipertensione può essere un sintomo di uno stato patologico, come nelle malattie cardiovascolari o endocrine, o può essere una patologia indipendente di cui non si conoscono le cause (ipertensione essenziale). È quest'ultima l'oggetto di questo articolo in quanto è una delle patologie più gravi della maturità e dell'età avanzata. Poiché l'aumento della pressione provoca un danno alle arterie con ispessimento e depositi di grassi all'interno delle pareti, l'ipertensione causa danni in diversi organi: dall'ictus cerebrale (occlusione o rottura di un'arteria del cervello), all'infarto (occlusione di una coronaria), all'insufficienza renale (occlusione di un vaso del rene), a cardiopatia (per il superlavoro che il cuore deve svolgere per pompare il sangue), a disturbi visivi (occlusione dei vasi della retina).
Purtroppo la cura è spesso affidata ai farmaci, facendo diventare l'iperteso un vero e proprio laboratorio in cui si cercano di bilanciare certi valori. Il ricorso ai farmaci non sempre è giustificato perché l'ipertensione è aggravata da una serie di fattori che sono comunque un rischio per la salute: curandola con i farmaci s'induce il paziente a perseverare nella sua condotta di vita errata. I principali fattori da eliminare, prima di ricorrere ai farmaci, sono:
- il sovrappeso
- il fumo
- l'inattività fisica
- lo stress
Sul ruolo del sale il discorso non è così chiaro, anche se tutti i medici consigliano agli ipertesi di moderare il cloruro di sodio (consiglio valido anche perché il sale è assunto comunque in dosi non necessarie). Da recenti ricerche risulta che l'abuso di sodio (la cui principale risorsa nell'alimentazione è il sale) aggravi un'ipertensione esistente, ma che non sia in grado di causarla.
Se dopo aver eliminato i fattori sopraccitati la pressione resta ancora alta, allora si deve intervenire con i farmaci. Sicuramente assumere farmaci per il controllo della pressione arteriosa (diuretici, beta-bloccanti, calcio-antagonisti, Ace-inibitori, inibitori dell'angiotensina - alfa1-bloccanti ecc.) provoca effetti collaterali che sono però di gran lunga inferiori ai rischi dell'ipertensione. La cura farmacologica deve essere condotta in stretta collaborazione con il medico, con continuità e senza interventi autonomi (come la riduzione delle dosi quando la pressione si riduce).
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