La pertosse (o tosse canina) è una malattia di origine batterica, causata da Bordetella pertussis, ma anche da Haemophilus parapertussis e Bordetella bronchiseptica. Per questo motivo, ci si può anche ammalare più di una volta. È una malattia tipica dell'età scolare, anche perché è estremamente contagiosa: un bambino con pertosse può contagiare fino al 90% dei bambini non immuni con cui viene a contatto nel periodo infettivo. La trasmissione avviene per via aerea, con la tosse e gli starnuti. Dopo una fase di incubazione di 6-20 giorni, la sintomatologia inizialmente presenta raucedine e produzione di catarro denso per circa due settimane, seguite poi da tosse convulsa e prolungata che rende difficile la respirazione e l'alimentazione, per due o tre settimane. Gli accessi di tosse sono seguiti da un tipico “urlo inspiratorio” (il cosiddetto urlo asinino), seguito dall'espulsione di catarro e a volte da conati di vomito. Nel lattante la pertosse può manifestarsi in maniera variabile (asfittica, sincopale, soffocante), con gravi difficoltà respiratorie e si può arrivare all'arresto cardiaco e respiratorio. In questo caso è necessario ricorrere al ricovero in ospedale. Le complicanze polmonari e cerebrali possono anche provocare un esito fatale, soprattutto nei primi sei mesi di vita (circa 50 ogni 10.000 casi).
Se si interviene per tempo con una terapia antibiotica (eritromicina, azitromicina, claritromicina), la malattia ha un decorso breve e privo di complicanze; inoltre la fase accessionale può anche non comparire. Eventuali complicazioni polmonari vanno trattate con antibiotici adeguati, mentre gli accessi di vomito verranno affrontati con antiemetici e un'alimentazione semisolida. Nel caso di episodi convulsivi, apnea o asfissia bisogna ricorrere all'ospedalizzazione. Tosse e broncospasmo sono affrontati con farmaci antitussigeni. Si utilizzano anche espettoranti, mucolitici, sedativi e betastimolanti, ma l'opportunità di ricorrere a questi farmaci è controversa. Il vero rimedio è la vaccinazione antipertosse (solitamente associata ad antidifterica e antitetanica). La graduale diffusione della vaccinazione (la percentuale in Italia varia da regione a regione, dal 70% al 97%) ha portato a una costante diminuzione della malattia: mentre all'inizio degli anni Novanta si contavano ancora 13.000 casi all'anno, attualmente il numero si attesta su qualche migliaio. Dovrebbero essere vaccinati i bambini di età inferiore ai sette anni, mentre oltre quell'età la vaccinazione è sconsigliata. Negli adulti e negli adolescenti i vaccini attuali provocano effetti collaterali molto frequenti. La protezione conferita dalla vaccinazione raggiunge l'85%; in ogni caso nei soggetti vaccinati la malattia si ripresenta in forma più lieve.
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