Antinfiammatori e analgesici
Gli antinfiammatori si suddividono in due categorie: non steroidei (Fans, farmaci antinfiammatori non steroidei, il più noto dei quali è l'aspirina) e steroidei (i cortisonici). L'uso degli antinfiammatori è stato limitato sin dall'origine dai problemi gastrici che il loro uso comportava, per esempio un rischio di ulcera gastrica aumentato di dieci volte ca. Infatti i Fans tradizionali bloccano la produzione di prostaglandine, responsabili del dolore (quindi hanno effetto analgesico) e dell'infiammazione, inibendo la cicloossigenasi, l'enzima che controlla la produzione di prostaglandine. In tal modo bloccano anche le funzioni positive delle prostaglandine, per esempio il controllo della produzione del muco gastrico che protegge lo stomaco. Dalla scoperta di P. Needleman che esistono due cicloossigenasi (1, o Cox1, e 2, o Cox2) e che solo la seconda è responsabile dei processi infiammatori (mentre la prima è quella che controlla gli aspetti positivi delle prostaglandine, come la secrezione del muco gastrico) è nata una seconda famiglia di Fans (celecoxib, rofecoxib), meno gastrolesivi. I nuovi prodotti (identificati con nomi commerciali come Celebrex, Artilog e Solexa) sono mutuabili attualmente solo per casi cronici; per l'acquisto è comunque necessaria la ricetta medica. In genere hanno costi più alti e, dopo qualche anno di impiego, si è rilevato che i minori effetti collaterali sono controbilanciati da una minore efficacia. Negli USA (2002) è stata scoperta anche una terza variante dell'enzima Cox (Cox3) coinvolta nella genesi del dolore e della febbre. La scoperta spiega soprattutto perché il paracetamolo non ha funzione antinfiammatoria, ma è ancora prematuro pensare che possa dare origine a una terza generazione di farmaci.
L'uso - Trascurando l'azione antipiretica (posseduta da aspirina, nimesulide, piroxicam, ketoprofene), gli antinfiammatori vengono normalmente assunti per alleviare il dolore (cefalee, dolori mestruali, mal di denti, mal di schiena ecc.) o per contrastare infiammazioni (muscoli, tendini, malattie reumatiche ecc.). È da rilevare che alcuni farmaci come il paracetamolo che hanno azione antipiretica non hanno nessuna azione antinfiammatoria. Le controindicazioni riguardano le patologie gastriche, l'insufficienza renale o epatica, la gravidanza, l'allattamento e le allergie individuali.
L'abuso - Se gli antinfiammatori sono da considerare in occasione di patologie acute, il loro impiego in patologie croniche deve essere attentamente valutato. È veramente ottimistico pensare di risolvere un mal di schiena con pesanti assunzioni di antinfiammatori. Poiché hanno anche un effetto antidolorifico, possono mascherare il dolore illudendo di un'improbabile guarigione. Poiché sono farmaci di automedicazione, è buona norma usare gli antinfiammatori solo per qualche giorno, poi sospenderli e verificare il reale effetto (cioè il miglioramento). Alcuni medici sostengono che tale periodo è troppo limitato, ma se una patologia richiede una somministrazione di antinfiammatori per 20 o più giorni (ammesso che il paziente la tolleri), ha una gravità tale che non è possibile un'automedicazione, essendo nettamente preferibile il ricorso a un medico che, fra l'altro, può prendere in considerazione altre forme di cura.
La scelta - Oltre il 60% dei soggetti risponde alla terapia con antinfiammatori, ma la risposta è individuale nei confronti dei singoli farmaci. Nella scelta dell'antinfiammatorio si deve considerare il principio attivo (non il nome commerciale!) e il suo dosaggio. Poiché il problema maggiore è la gastrolesività, occorre tener conto non solo dei vantaggi, ma anche delle controindicazioni.
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