Gli psicofarmaci si distinguono in alcune grandi categorie: ansiolitici e ipnoinducenti, antidepressivi, neurolettici.
I farmaci ansiolitici e ipnoinducenti - Le benzodiadepine furono introdotte all'inizio degli anni '70 per controllare l'ansia e per sfruttare il loro effetto ipnoinducente. La loro buona tollerabilità, la bassa tossicità e la scarsa interazione con altri farmaci hanno portato inizialmente a una prescrizione generalizzata. Dopo pochi anni però comparvero i primi studi sull'abuso, sull'uso scorretto, sulla dipendenza farmacologica e sui problemi connessi alla sospensione del trattamento. È pertanto consigliabile che gli ansiolitici siano somministrati sotto controllo medico nell'ambito di una terapia di supporto che non deve essere solo farmacologica.
Le benzodiazepine hanno sostituito i barbiturici che oggi vengono usati solo in alcune patologie (epilessia) o in anestesia.
Gli antidepressivi - Agli inizi degli anni '50 si scoprì casualmente che l'iproniazide (principio attivo usato nella cura della tubercolosi) possedeva proprietà euforizzanti; il passo di utilizzarlo nella cura della depressione fu breve e dall'iproniazide derivò una delle classi più importanti di antidepressivi: gli inibitorio delle monoammino ossidasi (IMAO). Successivamente Kuhn scoprì le proprietà antidepressive dell'imipramina, sintetizzata per la prima volta da Thile e Holzinger alla fine del XIX secolo e inizialmente usata come antipsicotico. Dall'imipramina derivò l'altra classe di farmaci antidepressivi, i triciclici (TCA), così chiamati a causa della loro struttura molecolare. Recentemente sono state scoperte sostanze a struttura chimica eterogenea, definiti antidepressivi atipici o di seconda generazione (fra cui il notissimo Prozac). Gli antidepressivi sono psicofarmaci utili nel trattamento della sintomatologia depressiva, ma in genere comportano effetti collaterali significativi, anche perché i tempi di assunzione sono in genere lunghi.
I neurolettici (o antipsicotici) - Dallo studio dei derivati dell'anilina, si scoprì che la prometazina aveva proprietà sedative e antiallergiche. La cloropromazina, derivata dalla prometazina, fu il primo farmaco decisamente efficace nel trattamento delle psicosi. Il meccanismo di azione (scoperto da H. Laborit) era tale da risultare non solo sedativa, ma anche inibitrice degli stimoli ambientali senza alterare lo stato di vigilanza. Successivamente Delay e Deniker scoprirono come questo farmaco era in grado di migliorare le condizioni dei pazienti psicotici.
Attualmente è possibile disporre di una ventina di fenotiazine (farmaci simili alla cloropromazina). Altri neurolettici sono i tioxanteni, le dibenzazepine, il butirrofenone, le difenilbutilpiperidine ecc. Contrariamente alla credenza comune gli antipsicotici sono prevalentemente antideliranti e antiallucinatori e non sono dei tranquillanti "più potenti". Vengono impiegati prevalentemente per la terapia della schizofrenia e di altre manifestazioni psicotiche. Tutti questi farmaci possono produrre effetti collaterali articolari costituiti da tremori, rigidità, riduzione della mimica facciale.
Gli psicofarmaci funzionano? - Nonostante certe statistiche ottimistiche, gran parte delle malattie della psiche sono ancora "incurabili", nel senso che il soggetto migliora il suo stato, ma non guarisce definitivamente e molte sono le recidive. È possibile definire tre tipi di pazienti:
a) Quelli che per tutta la vita assumono psicofarmaci; qui l'insuccesso è palese.
b) Quelli che assumono psicofarmaci a periodi, con ricadute più o meno gravi. Anche qui l'insuccesso è evidente; lo psicofarmaco allevia la condizione, è spesso sintomatico, senza che riesca a rimuovere (e spesso i medici stessi non le trovano) le vere cause del problema.
c) Quelli che hanno solo pochi episodi patologici nella propria vita e che si portano in un livello di pseudonormalità. È il caso di chi esce da una depressione, rimanendo però sostanzialmente una persona predisposta, con un tono dell'umore spesso basso e con una qualità della vita tutto sommato mediocre. Anche in questo caso l'intervento farmacologico non può ascrivere a sé il successo, poiché nulla impedisce di credere che il soggetto sia risalito sopra la soglia che delimita la normalità solo per l'effetto tempo e per l'effetto dei farmaci (sintomatico, non curativo) o delle psicoterapie.
d) Quelli che hanno un solo episodio patologico, risolto il quale ritornano del tutto normali. In alcuni casi si assiste a un netto cambio nello stile di vita del paziente. In questi casi l'intervento farmacologico ha avuto il merito di consentire al paziente di avere la lucidità per attuare il cambiamento.
Le psicoterapie - Parallelamente alla psichiatria farmacologica si collocano le psicoterapie. Anche per le psicoterapie si possono definire i quattro tipi fondamentali e si possono dare gli stessi giudizi sulle guarigioni. Sicuramente la psicoterapia può parlare di successo nel caso di soggetti di tipo D.
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