Cirrosi biliare primitiva.
Malattia caratterizzata da ittero ostruttivo cronico. La causa è sconosciuta, spesso associata a disordini autoimmuni. Le fasi iniziali comprendono un'infiammazione cronica dei dotti biliari intraepatici con la formazione di granulomi: man mano che avanza la distruzione dei dotti biliari, l'infiammazione si estende al parenchima epatico. Questo processo induce una proliferazione disordinata dei dotti biliari e una fibrosi riparativa epatica. Seguono una progressiva cicatrizzazione, diminuzione dell'infiammazione fino alla cirrosi. Colpisce più spesso le donne dai 35 ai 60 anni di età: inizia con prurito, anche molti mesi prima dell'ittero; frequentemente si ha pigmentazione scura della cute ed epatosplenomegalia. Altri segni sono gli xantomi cutanei, gli xantelasmi, la steatorrea, l'osteomalacia e l'osteoporosi. Con il progredire della malattia possono comparire tutte le caratteristiche complicazioni della cirrosi. Gli esami ematologici rivelano colestasi, con aumento della fosfatasi alcalina, della gamma-GT, della bilirubina, del colesterolo e dei sali biliari. Successivamente si ha danno epatocitario con aumento delle transaminasi. Le globuline sono in genere aumentate, e le IgM raggiungono spesso valori molto alti. Nel 90% dei casi sono presenti anticorpi contro un componente dei mitocondri (anticorpi antimitocondrio). La diagnosi viene fatta con la biopsia. La terapia è diretta al controllo dei sintomi: il prurito viene trattato con la colestiramina; l'insufficienza dei sali biliari associata alla steatorrea richiede un trattamento di supporto con vitamine A, D e K per prevenire il deficit; l'osteomalacia trova beneficio con la somministrazione di calcio. Utile è anche l'uso terapeutico dell'acido ursodesossicolico. Negli stadi avanzati trova indicazione il trapianto di fegato. Il lento progredire della malattia è compatibile con una lunga sopravvivenza.
|