Malattia infiammatoria acuta o cronica che colpisce la tonaca mucosa dell'intestino tenue e del colon, originata da processi infettivi, tossici, allergici, da fattori termici (assunzione di cibi o bevande molto fredde) o da malattie di origine sconosciuta (vedi anche enterite). La forma acuta si presenta con dolori addominali crampiformi diffusi, febbre di grado elevato, diarrea (con diverse scariche quotidiane di feci in parte liquide e con residui alimentari ben riconoscibili, a volte con presenza di muco e sangue), disidratazione, sete e forte stanchezza; la guarigione è spontanea in pazienti immunocompetenti e in assenza di complicanze. Un cenno particolare merita - in questo senso - l'enterocolite pseudomembranosa, gravissima e spesso drammatica complicanza di trattamenti antibiotici con farmaci come la clindamicina e la lincomicina. Le enterocoliti croniche possono essere conseguenti ad infezioni ileocecali (tubercolosi), di malattie la cui causa è ignota (morbo di Crohn ileocolico, enterocolite collagena), di esposizione a radiazioni o a farmaci antitumorali, di parassitosi o di micosi (candidosi); oltre a diarrea e a dolori addominali, possono presentarsi disturbi generali (calo ponderale da malassorbimento), anemia, ipoproteinemia e ipovitaminosi. La terapia, nelle enterocoliti acute, consiste nel riposo a letto, nella reidratazione per via endovenosa (specialmente nei bambini e nei lattanti), nella sospensione dell'alimentazione orale con passaggio, nei casi più seri, alla nutrizione parenterale totale. Nelle enterocoliti croniche vengono somministrati antibiotici sistemici (come nel caso della tubercolosi e del morbo di Crohn), e chemioterapici nelle parassitosi, antimicotici nelle candidosi, mentre nelle forme allergiche può essere utile il cromoglicato di sodio. Il morbo di Crohn prevede invece un trattamento specifico.
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