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Di seguito i lemmi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di medicina (del 26/03/2009 @ 12:04:34, in Lettera S, visto n. 3023 volte)
Le cellule staminali sono cellule primitive, ancora non specializzate. Sono in grado di originare vari tipi di cellule diverse, attraverso un processo chiamato "differenziamento". Le cellule staminali sono presenti nell'embrione, nelle primissime fasi dello sviluppo umano e sono diverse da qualsiasi altro tipo di cellule presente nell'organismo umano. Le staminali sono presenti anche nell'individuo adulto, ma in questo caso è più probabile che siano già specializzate per produrre un determinato tipo di cellule, ad esempio quelle muscolari, epatiche o nervose. Alcune ricerche scientifiche hanno recentemente dimostrato che esistono cellule staminali adulte, ad esempio nell'adipe o nel midollo osseo, capaci di differenziarsi in vari tipi cellulari, come le staminali embrionali. Gli studiosi stanno esaminando la possibilità di usare le staminali, embrionali e non, per mettere a punto nuove terapie per curare gravi malattie, come il Morbo di Parkinson, l'Alzheimer o la Sclerosi Laterale Amiotrofica. È aperto il dibattito etico e scientifico sull'utilizzo delle cellule staminali embrionali: se da un lato esse appaiono maggiormente capaci di generare un qualsiasi tipo di tessuto, dall'altro comportano la distruzione dell'embrione, che è da molti ritenuto un essere umano. Le staminali adulte hanno, d'altra parte, dimostrato in varie ricerche e applicazioni scientifiche di poter raggiungere gli stessi risultati delle staminali embrionali, perlomeno in alcuni campi. In un futuro prossimo, le staminali potrebbero curare gravi patologie come il diabete, l'infarto, l'ictus e, addirittura, le paralisi. Alcuni scienziati hanno individuato cellule staminali adulte nel midollo osseo, che sono in grado di generare una gran varietà di globuli rossi nell'arco del loro ciclo vitale. I ricercatori sperano di manipolare queste cellule staminali adulte affinché, invece di produrre soltanto globuli rossi, possano dare origine a cellule cerebrali, epatiche, cardiache e nervose. Le cellule staminali sono, come detto, cellule primitive non specializzate che hanno la singolare capacità di trasformarsi in qualunque altro tipo di cellula del corpo. Secondo alcuni studiosi le staminali potrebbero rivoluzionare la medicina, permettendo ai medici di riparare specifici tessuti o di riprodurre organi. Per poter essere definita come staminale una cellula deve soddisfare le seguenti proprietà: Autorinnovamento: capacità di compiere un numero illimitato di cicli replicativi mantenendo il medesimo stadio differenziativo. Potenza: capacità di dare origine a una o più specie cellulari. In base alla potenza si possono distinguere quattro tipi di cellule staminali: Una singola cellula staminale totipotente può svilupparsi in un intero organismo e persino in tessuti extra-embrionali. I blastomeri posseggono questa proprietà. Le cellule staminali pluripotenti, come le iPs, possono specializzarsi in tutti i tipi di cellule che troviamo in un individuo adulto ma non in cellule che compongono i tessuti extra-embrionali. Le cellule staminali multipotenti sono in grado di specializzarsi unicamente in alcuni tipi di cellule. Le cellule staminali unipotenti possono generare solamente un tipo di cellula specializzata. Le cellule staminali si classificano, come abbiamo già descritto poco sopra, anche secondo la provenienza, come adulte o embrionali. Le cellule staminali adulte sono cellule non specializzate reperibili tra cellule specializzate di un tessuto specifico e sono prevalentemente multipotenti. Queste sono tuttora già utilizzate in cure per oltre cento malattie e patologie. Sono dette più propriamente somatiche (dal Greco σωμα sōma = corpo), perché non provengono necessariamente da adulti ma anche da bambini o cordoni ombelicali. Le cellule staminali embrionali sono ottenute a mezzo di coltura, ricavate dalle cellule interne di una blastocisti. La ricerca sulle cellule staminali embrionali è ancora ai primi stadi: fare ricerca con cellule umane di questo tipo è una questione controversa: l'utilizzo di cellule staminali embrionali ha sollevato un grosso dibattito di carattere etico. Difatti per poter ottenere una linea cellulare (o stirpe, o discendenza) di queste cellule si rende necessaria la distruzione di una blastocisti, un embrione non ancora cresciuto sopra le 150 cellule; tale embrione è ritenuto da molti un essere umano, la cui distruzione equivarrebbe all'uccisione di una persona già concepita. Il dibattito vede dunque contrapposti coloro che preferiscono adottare una posizione prudente e contraria all'utilizzo degli embrioni umani per fini di ricerca, e coloro che condividono e sostengono la necessità di ricerca sulle cellule embrionali umane pur essa implicando la distruzione dell'embrione, fermo restando che sarebbero utilizzati solo embrioni congelati che sarebbero poi distrutti per la perdita della loro efficacia. Questo tipo di ricerca è già possibile negli U.S.A., grazie a finanziamenti soprattutto privati. Ciclo vitale Nonostante le staminali abbiano un potenziale replicativo illimitato, sono normalmente quiescenti (fase G0 del ciclo cellulare) e solo di rado entrano in mitosi (fa eccezione lo sviluppo embrionale). Infatti la parte più consistente del "lavoro replicativo" che porta all'incremento numerico della progenie delle cellule staminali in funzione dell'accrescimento o della riparazione dei tessuti, viene svolto da cellule non staminali definite progenitori o transit amplifying cells (TAC), derivate direttamente dalle cellule staminali, ma parzialmente differenziate e prive della capacità di autorinnovamento. Questa strategia replicativa, che limita il numero di eventi replicativi a cui una cellula staminale va incontro, si fonda probabilmente su due importanti principi tra loro collegati: 1)Stretto controllo del numero di cellule staminali: ogni cellula staminale occupa una propria nicchia biologica definita da una complessa rete di segnali biochimici, che probabilmente forniscono anche alla cellula staminale le informazioni necessarie sul momento opportuno per replicarsi. 2)Conservazione dell'integrità del genoma delle cellule staminali: un basso numero di replicazioni riduce il rischio di danni al DNA, cioè di mutazioni. Le mutazioni a carico delle cellule staminali sono estremamente nocive e pericolose, poiché: a)vengono trasmesse a tutte le generazioni di cellule figlie derivate da quella cellula staminale. Al contrario una mutazione in una TAC si ripercuote solo su di una singola generazione di cellule, che eventualmente dopo un certo tempo verrà comunque sostituita. b)possono indurre la cellula staminale a degenerare in senso neoplastico, diventando una cellula staminale tumorale, cioè una tipologia di cellula probabilmente responsabile del continuo rifornimento di nuove cellule che caratterizza lo sviluppo e soprattutto le recidive dei tumori. Tipi Cellule staminali ottenute da sangue del cordone ombelicale Nel sangue residuo della placenta e del cordone ombelicale si trova una fonte di cellule staminali emopoietiche adulte. Dal 1988 queste cellule staminali da cordone ombelicale sono impiegate per curare il morbo di Gunther, la sindrome di Hunter, la sindrome di Hurler, la leucemia linfocitica acuta e molte altre patologie che interessano in particolare i bambini. Il sangue è raccolto dal cordone ombelicale, sia in caso di parto spontaneo che di taglio cesareo, facendo un prelievo, in circuito chiuso sterile, dalla vena ombelicale. Una volta raccolto, ne viene calcolato il volume e la quantità di globuli bianchi, che non devono essere inferiori, rispettivamente, a 60 ml e 800 milioni: esistono delle speciali banche, soprattutto private, per la conservazione del cordone ombelicale(la quantità dei globuli bianchi minimi alla raccolta differisce spesso da banca a banca, è però comunemente accettato il fatto che ad unità congelata non debbano essere inferiori a 800 milioni). Questo sangue non viene analizzato direttamente per agenti infettivi, in quanto gli esami sierologici vengono effettuati sulla partoriente, al parto e a sei mesi dalla donazione. Viene eseguita però la caratterizzazione HLA per determinare se il ricevente sia compatibile o meno con il tessuto ricevuto. I risultati della tipizzazione HLA vengono pubblicati su dei database mondiali - per es. BMDW - accessibili da centri trapianto autorizzati per poter effettuare una ricerca di tessuto compatibile con il proprio paziente. Il sangue da cordone subisce trattamenti ed è deprivato dei globuli rossi prima di essere conservato in azoto liquido alla temperatura compresa tra -130 e -196° centigradi per un futuro utilizzo. Al momento del trapianto il sangue viene scongelato, vengono filtrate le sostanze criopreservanti e somministrato al paziente per endovena. Questo genere di terapia, in cui le cellule staminali sono ottenute da un donatore estraneo, è detta allogenica. Quando le cellule sono ricavate dallo stesso paziente sul quale saranno utilizzate è detta autologa e quando provengono da individui identici, è chiamata singenica. Il trasferimento xenogenico tra diverse specie è molto poco sviluppato e si ritiene abbia scarse possibilità di successo. In Italia la conservazione del cordone ombelicale per uso personale, o all'interno della stessa famiglia, è consentita solo nel caso in cui, al momento del parto, siano presenti nel neonato, nei fratelli o nei genitori del neonato stesso delle patologie per le quali sia indicato il trapianto con cellule staminali da sangue placentare. In questo caso si parla di donazione dedicata (o più propriamente, di uso autologo e uso allogenico correlato) ed è sufficiente presentare un certificato medico degli specialisti che seguono la persona malata. Per le donazioni dedicate i criteri di selezione e di esclusione dell'unità dalla raccolta e dal congelamento sono meno rigidi rispetto alle comuni donazioni. In caso diverso è comunque consentito, previa autorizzazione delle autorità competenti (vd Ordinanza ministeriale del 13 aprile 2006 pubblicata su G.U. del 9 maggio 2006), raccogliere il sangue placentare e spedirlo all'estero per la criopreservazione presso laboratori privati. Cellule staminali adulte Cellule staminali sono presenti anche negli adulti. Le cellule staminali adulte sono cellule non specializzate che ogni giorno si riproducono per formare alcune specifiche cellule: ad esempio 200 miliardi di globuli rossi sono generati quotidianamente nel corpo da cellule staminali emopoietiche. Fino a poco tempo fa si pensava che ognuna di queste cellule potesse produrre unicamente un tipo particolare di cellula: questo processo è chiamato differenziazione (vedi morfogenesi). Tuttavia negli ultimi anni si sono avute prove che le cellule staminali possono acquisire molte forme differenti: è noto che cellule staminali nello stroma del midollo osseo possono trasformarsi in cellule epatiche, neurali, muscolari, renali e follicolari. Le cellule staminali adulte potrebbero anche essere più versatili. Ricercatori alla New York University School of Medicine hanno estratto cellule staminali dal midollo osseo di topi che loro affermano essere pluripotenti. Il processo che trasforma un tipo di cellula staminale in un altro genere di cellula si chiama transdifferenziazione. Utili fonti di cellule staminali adulte sono in realtà localizzabili in tutti gli organi del corpo. Ricercatori alla McGill University di Montreal hanno ricavato cellule staminali dalla pelle capaci di specializzarsi in molti tipi di tessuto, compresi neuroni, cellule muscolari lisce e cellule adipose. Esse sono state trovate nel derma, lo strato più profondo della pelle: queste cellule staminali giocano un ruolo centrale nella rimarginazione di piccoli tagli. Si ritiene che anche i vasi sanguigni, la polpa dentaria, l'epitelio digestivo, la retina, il fegato ed anche il cervello contengano cellule staminali, utili per la rigenerazione dello stesso sistema nervoso centrale, cervello e midollo spinale. Ricerche recenti hanno estratto dalla pelle cellule staminali adulte in grado, dopo essere state opportunamente riprogrammate, di dar vita a tessuto osseo e cartilagini, mentre altri studiosi hanno individuato una fonte di cellule staminali adulte nelle meningi, verificando che queste cellule possono formare nuovi neuroni.
 
Di riccardo (del 24/01/2014 @ 13:55:26, in Lettera S, visto n. 1534 volte)
Forma terapeutica indicata nelle artropatie croniche, nelle nevralgie e nelle sinoviti, che consiste nel coprire il paziente, per tempi variabili e via via crescenti dai 5 minuti fino a 20-30, con uno strato di circa 4 cm di sabbia asciutta e calda. A volte, si prepara la sabbia macerandola con alghe. Durante le applicazioni, è fondamentale proteggere il capo dal sole.
 
Di riccardo (del 24/01/2014 @ 13:59:22, in Lettera S, visto n. 1806 volte)
Enzima che idrolizza il saccarosio catalizzandone la scissione in fruttosio e glucosio, e che appartiene al gruppo delle invertasi.
 
Di riccardo (del 24/01/2014 @ 14:02:44, in Lettera S, visto n. 1643 volte)
Sostanza di sapore dolce, che possiede un potere dolcificante circa 500 volte maggiore rispetto a quello dello zucchero. Presa ad altissime dosi (peraltro molto oltre quelle previste dall'utilizzo come dolcificante) si è dimostrata cancerogena per gli animali, per cui ne è stato vietato l'uso come additivo nell'industria alimentare e in alcuni paesi è stata ritirata dal commercio. La saccarina, il cui nome chimico è acido ortosulfamidobenzoico, è stata il primo dolcificante sintetico ed è stata scoperta nel 1879.
 
Di riccardo (del 24/01/2014 @ 14:06:28, in Lettera S, visto n. 1603 volte)
Disaccaride (formato da due molecole di monosaccaridi) che deriva dalla combinazione di una molecola di glucosio con una di fruttosio. Il saccarosio rappresenta il comune zucchero da cucina, molto apprezzato come dolcificante, ed è ottenuto principalmente dalla canna da zucchero e (per esempio, in Italia) dalla barbabietola da zucchero.
 
Di riccardo (del 24/01/2014 @ 16:28:03, in Lettera S, visto n. 1510 volte)
Intervento di sezione del sacculo dell'orecchio interno, eseguito per ristabilire la decompressione dello spazio endolinfatico, attraverso la creazione di un drenaggio verso lo spazio perilinfatico. Si effettua in caso di sindrome di Ménière.
 
Di riccardo (del 24/01/2014 @ 16:32:40, in Lettera S, visto n. 1592 volte)
Ramo terminale dell'aorta addominale.
 
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