Di seguito i lemmi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
L'influenza aviaria viene comunemente indicata con il termine piuttosto impreciso di virus dei polli, termine che si riferisce all'agente di una patologia influenzale che si trasmette all'uomo da uccelli (pollame in particolare). In realtà di virus dei polli ce ne sono parecchi, ma il più temuto è l'H5N1, isolato per la prima volta ad Hong Kong nel 1997.
L'attuale influenza aviaria risale alla fine del 2003 (Cambogia, Cina, Indonesia, Giappone, Laos, Corea del Sud, Thailandia e Vietnam); non vi sono prove sicure di una trasmissione da uomo a uomo e, per ora, si può considerare una patologia che colpisce uccelli selvatici (che non si ammalano) e domestici. Purtroppo nel contagio da animali selvatici a volatili domestici il virus aumenta la sua efficacia e crea vere e proprie epidemie. Il virus è sensibile al calore, ma può sopravvivere a basse temperature nei tessuti e nelle feci di animali infetti per lunghi periodi; da qui l'ovvio consiglio di cucinare bene la carne.
Nonostante siano passati otto anni, il virus non ha ancora scatenato una tanto temuta pandemia (cioè un'epidemia a livello mondiale); infatti il virus passa all'uomo dai volatili, senza passaggi intermedi da altri animali, ma (tranne un caso segnalato) non passa ancora da uomo a uomo. È questo mancato passaggio che, per ora, contiene la diffusione della patologia (una cinquantina di decessi in tutto il mondo).
Secondo gli esperti però sarebbe solo questione di tempo e alcuni modelli statistici basati sulle epidemie del passato prevedono per l'Italia 16 milioni di malati, due milioni dei quali ricoverati in ospedale con circa 150.000 morti. Dati decisamente preoccupanti che vanno interpretati. Se da un lato le stime sul passato possono generare false proiezioni (il livello di salute medio attuale della popolazione è sicuramente superiore rispetto a quello del 1958, anno di una famigerata asiatica, causata dal ceppo H2N2, o rispetto a quello del 1967, anno dell'epidemia di Hong Kong, causata dal ceppo H3N2; ricordiamo inoltre che allarmi come quello sulla SARS sono poi rientrati), dall'altro è pur vero che le armi a disposizione non sono risolutive.
Tre sono i tipi di virus influenzali, contraddistinti dalle lettere A, B e C. I virus dell'influenza A sono poi classificati secondo le loro proteine di superficie, l'emoagglutinina (Ha) e la neuramminidasi (Na): dalle combinazioni di tali proteine derivano le sigle che definiscono i ceppi di ogni epidemia, per esempio H3N2. L'uomo viene infettato dai sottotipi dell'influenza A, che infettano anche gli animali selvatici che però non si ammalano. Con un processo detto drift antigenico, il virus dell'influenza A muta in modo continuo con piccoli mutamenti genetici; ciò rende inutili gli anticorpi A sviluppati in precedenza e la persona si ammala nuovamente di influenza. Lo shift antigenico è invece un processo più temibile perché con una ricombinazione delle proteine N e H genera un nuovo sottotipo: se la popolazione non è in grado di rispondere immunologicamente al nuovo virus si ha un'epidemia.
Il virus H5N1 uccise già sei persone a Hong Kong nel 1997, propagandosi dal pollame all'uomo. L'eliminazione dei polli nell'area infetta bloccò il diffondersi del contagio. Il tasso di mortalità di H5N1 è del 70%, ma la stima è fatta su piccoli numeri e può non essere significativa. Il virus produce gravi forme di polmonite, ma per fortuna non si ambienta bene nelle cellule umane.
Gli scienziati sono divisi sul futuro di H5N1. Sicuramente dalla paura di una pandemia traggono per ora profitto le multinazionali del farmaco.
Innanzitutto è necessario non spaventarsi per qualunque forma influenzale. Il medico di base e i reparti ospedalieri sono in grado di identificare casi sospetti; con un semplice esame (Pcr) in tre ore è possibile individuare l'eventuale contagio da virus dei polli. Nel caso di epidemia le autorità (sanità pubblica, Protezione civile, sanità militare) contrasterebbero la diffusione del virus con farmaci antivirali (oseltamivir, somministrato alle prime avvisaglie della patologia e a chi è in contatto con il malato; Tamiflu è il nome commerciale. Oppure zanamivir, nome commerciale Relenza) ed eventualmente con vaccini. Si stima che occorrano 2,5 milioni di dosi per proteggere la percentuale della popolazione a rischio (5%).
Carenza di vitamine.
assenza di spermatozoi
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