Di seguito i lemmi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
L’angioedema ereditario è causato dalla carente attività di una proteina, il C1 inibitore, che interviene nella regolazione del complemento e di altri sistemi coinvolti nei processi infiammatori (contatto, fibrinolisi, coagulazione). La sua carenza provoca, con un meccanismo non del tutto noto, il rilascio di sostanze vasoattive con conseguente aumento della permeabilità dei vasi capillari e formazione di edemi. La malattia è infatti caratterizzata dalla periodica comparsa di angioedemi non pruriginosi nei vari distretti corporei. Gli edemi durano 2 o più giorni e possono essere scatenati da microtraumi o da stress. La malattia può esporre al rischio di morte per asfissia nel caso in cui l’edema si sviluppi nelle vie aeree superiori. L'età di esordio è molto variabile, in genere i primi sintomi compaiono entro la seconda decade di vita.
Come si manifesta: I sintomi della malattia dipendono dal distretto corporeo colpito di volta in volta durante l’attacco acuto. Se l’angioedema insorge nel sottocute provoca deformazioni anche mostruose della parte del corpo colpita, che necessita di qualche giorno (a volte anche una settimana) per regredire completamente. Nel caso in cui vengano interessate le mucose dell’apparato digerente, la malattia provoca dolori addominali intensi con vomito e, talvolta, diarrea che durano 24-48 ore. Se l’edema insorge nella glottide o nella mucosa delle vie aeree superiori, può provocare difficoltà alla respirazione fino all’asfissia se non si interviene tempestivamente con la terapia specifica. Per motivi sconosciuti la gravità della malattia è molto variabile da individuo a individuo e anche nello stesso individuo può modificarsi notevolmente durante la vita. Inoltre anche all’interno della stessa famiglia la frequenza, il tipo e la gravità dei sintomi possono variare da soggetto a soggetto. Finora non è stato individuato alcun fattore predittivo dell’andamento della malattia durante la vita.
Le cause: La malattia è causata da una mutazione nel gene per il C1 inibitore che è situato sul cromosoma 11. A tutt’oggi, sono state identificate circa 100 diverse mutazioni responsabili della malattia. Queste mutazioni possono comportare la mancata trascrizione del gene, la trascrizione di mRNA anomalo non traducibile in proteina, la sintesi di una proteina antigenicamente identica a C1 inibitore, ma strutturalmente alterata e pertanto non funzionante (variante fenotipica nota come angioedema ereditario di tipo 2).
Come si trasmette: La malattia viene ereditata come carattere autosomico dominante: i soggetti affetti hanno quindi una probabilità del 50 % di trasmetterla ai figli, indipendentemente dal sesso.
La diagnosi: Nel caso di familiarità positiva e in presenza dei sintomi tipici la diagnosi è semplice. Il sospetto diagnostico può essere confermato, nell’85% dei casi, dal dosaggio dei livelli plasmatici del C1 inibitore (valori normali 15-30 mg% nei soggetti normali, 2-8 mg% nei pazienti). Il 15% dei pazienti è affetto dalla variante fenotipica (angioedema ereditario tipo 2) ed in questi soggetti la diagnosi è confermata solo dal dosaggio dell'attività funzionale di C1 inibitore (effettuabile solo in centri specializzati). A supporto del sospetto diagnostico, in assenza della possibilità di dosare C1 inibitore, si può dosare C4 che risulta inferiore al 50% del normale nei portatori di angioedema ereditario. Per effettuare tali esami è sufficiente un prelievo di sangue da una vena periferica. Il dosaggio del C1 inibitore è raccomandato a tutti i soggetti che presentano sintomi di angioedema, e nei componenti delle famiglie in cui esistono casi della malattia, compresi quelli che non manifestano alcun sintomo. In caso di familiarità positiva con mutazione genetica nota in uno dei genitori è possibile cercare la stessa mutazione nel patrimonio genetico del nascituro (tale possibilità rimane solo teorica in quanto non esistono centri attrezzati). Non esiste, allo stato attuale delle conoscenze, la possibilità di intervenire con terapie precoci volte a modificare il difetto.
Esiste una terapia: La malattia può essere curata, anche se non guarisce. Gli attacchi acuti gravi vengono trattati con l’infusione endovenosa del concentrato plasmatico umano di C1 inibitore. Gli attacchi acuti di lieve entità possono regredire più rapidamente con la somministrazione di acido tranexamico. Esiste anche una terapia profilattica degli attacchi di angioedema, basata sull’utilizzo di androgenoderivati attenuati. Tale terapia risulta efficace, ma deve essere assunta continuativamente. Sono necessari dei controlli periodici per monitorare l’eventuale comparsa di effetti collaterali. Inoltre questo tipo di farmaci sono controindicati durante l’accrescimento e la gravidanza
L'angina pectoris è una sindrome clinica che si manifesta con un dolore e un senso di costrizione al petto, come dice lo stesso termine latino. L'organo interessato è il cuore; infatti il dolore è causato una diminuzione transitoria del flusso di sangue che arriva al cuore e può essere più o meno intenso, a volte localizzato dietro lo sterno. Il dolore si può irradiare anche al braccio, al tronco e alle dita delle mani e si innesca o acuisce con l'attività fisica, il contatto con aria fredda e lo stress, mentre diminuisce a riposo.
Gli episodi di angina possono essere frequenti o distanziati nel tempo, a seconda dello stato di salute del soggetto. Le cause sono generalmente le cattive condizioni dell'apparato cardiovascolare: in particolare, il restringimento del lume dei vasi dovuto ad ateriosclerosi, che provoca una diminuzione della portata del flusso sanguigno, oppure alcune patologie del muscolo cardiaco (miocardiopatia ipertrofica) o delle valvole.
Fattori di rischio sono la predisposizione familiare, il fumo, l'ipertensione, l'ipercolesterolemia e il sesso. L'angina pectoris infatti è più frequente nei maschi perché le donne, almeno fino alla menopausa, hanno meccanismi ormonali protettivi nei confronti delle malattie cardiovascolari che contrastano alcuni fattori di rischio come il colesterolo troppo alto e l'ipertensione. Gli attacchi di angina pectoris si manifestano in età matura e risultano mortali nel 3-4% dei casi. La diminuzione del flusso sanguigno al cuore può comportare anche un'insufficiente ossigenazione del muscolo cardiaco (ischemia), con conseguente danno più o meno irreversibile.
La cura si avvale di farmaci per dilatare i vasi sanguigni e, quando la causa è una patologia cardiaca ben precisa, si può optare per l'intervento chirurgico per ripristinare la funzionalità cardiaca e vascolare (by-pass, angioplastica).
Gli attacchi di angina pectoris sono un segnale ben preciso di una ridotta funzionalità dell'apparato cardiovascolare e di possibili danni futuri al cuore; pertanto non devono essere assolutamente sottovalutati anche se a volte sono sporadici e di brevissima durata. Per questo motivo, identificato l'episodio di angina, è fondamentale fare un'indagine approfondita per prevenire patologie gravi, come l'infarto al miocardio, e ridurre i fattori di rischio, in particolar modo quelli di carattere soggettivo (fumo, stress).
L'anfetamina (o amfetamina) è un farmaco con proprietà anoressizzanti e psicostimolanti.
È uno stimolante sintetico usato soprattutto per ridurre l'appetito e per il controllo del peso. Può essere prescritto in casi di narcolessia e di ADHD, la sindrome di deficit di attenzione e iperattività, oltre che per il morbo di Parkinson, proprio per le sue qualità stimolatorie del sistema nervoso centrale.
Un suo abuso ne prevede l'utilizzo in campo sportivo per aumentare illecitamente le prestazioni (doping).
La sostanza venne sintetizzata alla fine dell'800, mentre il suo uso medico cominciò negli anni Venti del '900 sotto forma di Benzedrina. Come sostanza stupefacente, l'uso più comune che se ne fa oggi riguarda la sostanza chiamata “speed”, che provoca gravi dipendenze di ordine psicologico, esaurimento fisico e malnutrizione estrema fino alla cachessia e alla morte.
Contrario di euploide. Attributo di un organismo o di un corredo cromosomico anomalo perchè i cromosomi sono in numero maggiore o minore di un multiplo esatto di n, il numero tipico della serie aploide completa.
Il quadro clinico con cui si presenta l’anemia di Fanconi è variabile. Le caratteristiche più generali sono: pancitopenia (difetto di produzione delle cellule del sangue da parte del midollo osseo), malformazioni congenite multiple (particolarmente frequenti a carico del radio e del pollice), microcefalia (testa di dimensioni inferiori alla norma), iperpigmentazione cutanea ed elevata predisposizione allo sviluppo di tumori, soprattutto mielodisplasie e leucemia mieloide acuta, ma anche tumori della testa e del collo e dell’apparato genitale.
Le cause: Studi recenti hanno dimostrato che l’anemia di Fanconi è causata da almeno 11 geni. Ne sono stati finora identificati 8, indicati con le lettere A, C, D1 (noto come BRCA2), D2, E, F, G e L.
Come si trasmette: L’anemia di Fanconi è una malattia autosomica recessiva: una persona affetta eredita da ciascun genitore una copia alterata (mutata) del gene ; entrambi i genitori sono portatori sani della malattia. Il rischio di due portatori di avere figli affetti è pari al 25% ad ogni gravidanza.
La diagnosi: L’instabilità cromosomica è una caratteristica costante delle cellule dei pazienti. Poiché le anomalie cromosomiche aumentano sensibilmente in presenza di alcune sostanze, come il diepossibutano (DEB) e la mitomicina C (MMC), la diagnosi di anemia di Fanconi è confermata dal cosiddetto “test al DEB” (o alla MMC). Per la presenza di 8 diversi geni la diagnosi molecolare risulta assai complessa. Prima di procedere alla ricerca di mutazioni è, tuttavia, possibile stabilire, mediante alcune indagini, quale gene è alterato.
Esiste una terapia: Al momento l’unica terapia possibile è il trapianto di cellule staminali emopoietiche. Sono opportuni controlli per diagnosticare precocemente le forme tumorali più comuni nella malattia.
Condizione patologica caratterizzata dalla diminuzione della massa dei globuli rossi al disotto dei valori considerati normali. Nella pratica medica l’anemìa è definita dalla riduzione della quantità di emoglobina, o del valore dell’ematocrito (percentuale di globuli rossi in un campione di sangue dopo centrifugazione), o di entrambi. Indipendentemente dalle cause che determinano l’anemìa, il soggetto anemico mostra una serie di sintomi costanti, connessi al diminuito apporto di ossigeno ai tessuti e all’attivazione di meccanismi compensatori cardiovascolari e respiratori. I più frequenti sono: senso di stanchezza, difficoltà respiratorie, palpitazioni, pallore a livello della cute e delle mucose, possibili disturbi a carico del sistema nervoso, cefalea, vertigini, ronzii auricolari.
L'andrologia è la branca della medicina che focalizza i propri studi sulla salute maschile, con particolare riferimento alle disfunzioni dell'apparato riproduttore e urogenitale. È la controparte della ginecologia, la scienza che si occupa invece delle disfunzioni tipiche femminili.
L'andrologia è diventata una scienza a sé stante solo dalla fine degli anni '60, principalmente grazie all'opera del dermatologo tedesco C. Schirren, che fondò un giornale specializzato sull'argomento (intitolato prima Andrologie e successivamente Andrologia, dal latino) pubblicato per la prima volta nel 1969. La scuola di specializzazione dell'università di Pisa ha avuto il ruolo di pioniere della disciplina in Italia e conserva tuttora una grande tradizione scientifica in campo andrologico.
Lo specialista in andrologia è la figura medica con le maggiori competenze scientifiche nella diagnosi e terapia della disfunzione erettile e dell'infertilità maschile . Per Legge, solo chi è in possesso di un Diploma di Specializzazione in Andrologia puo' definirsi SPECIALISTA IN ANDROLOGIA su targhe, ricette, timbri, elenchi telefonici e spazi internet (legge n° 175 del 5.2.1992)
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