Di seguito i lemmi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il termine cardiomiopatia indica tutte le cardiopatie in cui è interessato il tessuto muscolare del cuore (miocardio). In particolare, la cardiomiopatia ipertrofica è caratterizzata da ipertrofia (aumento della massa) della parete del ventricolo sinistro e/o del setto posto tra i due ventricoli, oltre che da alterazioni della struttura del miocardio che diventa più grosso. L’ispessimento interessa soprattutto la parte superiore del setto, nella regione in cui il sangue esce dal cuore per entrare nell’aorta; di conseguenza il flusso del sangue in uscita dal cuore può essere difficoltoso. L’ipertrofia è asimmetrica e questo la differenzia dalla normale ipertrofia cardiaca nell’atleta.
La cardiomiopatia ipertrofica familiare è una forma ereditaria ed in una stessa famiglia possono essere affette più persone. Più raramente si possono presentare forme di cardiomiopatia ipertrofica non familiare, cioè casi sporadici (presenza di una persona affetta senza precedenti casi in famiglia).
Come si manifesta: La cardiomiopatia ipertrofica può presentarsi in modo molto vario: alcune persone sono asintomatiche e possono restare tali per tutta la vita; altre possono presentare scarsa resistenza allo sforzo, palpitazioni, dolore al petto, aritmie (alterazioni del battito cardiaco); raramente, nei casi più gravi la cardiomiopatia ipertrofica può causare morte improvvisa anche in assenza di precedenti sintomi. La morte improvvisa avviene per fibrillazione ventricolare sinistra, spesso stimolata da sforzi intensi quali attività sportive.
Le cause: Ad oggi sono stati identificati 9 geni le cui alterazioni (mutazioni) causano la malattia. Tutti questi geni contengono informazioni necessarie per la produzione di proteine importanti per la formazione di strutture dette sarcomeri, presenti nel tessuto muscolare. Di conseguenza, mutazioni in questi geni causano alterazione o mancata produzione di proteine importanti per la corretta struttura e funzionalità del tessuto muscolare cardiaco. Dal punto di vista genetico si possono distinguere almeno 9 diverse cause di cardiomiopatia ipertrofica familiare.
GENE CROMOSOMA PROTEINA
MYH7 14 catena pesante della beta miosina
TPM1 15 alfa tropomiosina
TNNT2 1 troponina cardiaca T2
TNNI3 19 troponina cardiaca I
MYBPC3 11 proteina-C legante la miosina
MYL5 4 subunità leggera (5) della beta miosina
MYL3 3 subunità leggera (3) della beta miosina
ACTC 15 actina cardiaca alfa
TTN Titina cardiaca
Come si trasmette: La trasmissione ereditaria è di tipo autosomico dominante: ciò sta ad indicare che una persona affetta ha un rischio pari al 50% di trasmettere la patologia ai propri figli, indipendentemente dal loro sesso.
La diagnosi: Spesso nelle persone affette vengono riscontrate alterazioni all’elettrocardiogramma (ECG), ma questa non è una regola: in circa il 10% dei pazienti l’ECG risulta normale o solo lievemente alterato. L’esame principale che permette di chiarire la diagnosi, in quanto consente di evidenziare l’ispessimento della parete cardiaca, è l’ecocardiografia. Naturalmente, possono essere eseguiti ulteriori accertamenti strumentali che permettono di diagnosticare la cardiomiopatia ipertrofica. L’analisi dei geni noti può essere un supporto alla diagnosi clinica della malattia, con ricerca sul DNA del paziente delle mutazioni responsabili della malattia. Una volta identificata l’alterazione genetica in una persona affetta, l’analisi può essere estesa all’intero nucleo familiare al fine di identificare altri soggetti portatori del gene alterato, anche se questi non manifestano alcun sintomo. Tale aspetto è importante in quanto le persone portatrici dell’alterazione genetica sono a rischio sia di manifestare la malattia in futuro sia di generare figli affetti. Perché sia possibile eseguire la diagnosi prenatale (con analisi del DNA fetale ottenuto da materiale prelevato mediante villocentesi o amniocentesi) è necessario che la mutazione responsabile della patologia nella famiglia sia già stata identificata in precedenza in almeno un soggetto affetto.
Esiste una terapia: Generalmente viene utilizzata la terapia con farmaci betabloccanti o con farmaci che bloccano i canali per il calcio, per favorire il rilassamento del muscolo cardiaco, rallentare il battito cardiaco e diminuire il grado di ostruzione. La terapia con antibiotici può essere utilizzata per prevenire le endocarditi (infiammazioni dell’endocardio, la parte più interna del cuore) che possono rappresentare una complicazione della cardiomiopatia. Se la patologia causa un’importante ostruzione al flusso sanguigno può rendersi necessario l’intervento chirurgico. In alcuni casi si rivela utile l’impianto di pacemaker per interrompere la fibrillazione ventricolare. Le persone affette non possono praticare sport che richiedano uno sforzo fisico intenso. Possono essere praticate, dopo valutazione medica, attività aerobiche che richiedano uno sforzo moderato, con beneficio per l’intero sistema cardiovascolare.
Il termine cardiomiopatia indica tutte la cardiopatie in cui è interessato il tessuto muscolare del cuore (miocardio).
La cardiomiopatia dilatativa è la forma più comune ed è caratterizzata da dilatazione del ventricolo sinistro, dovuta a minore resistenza del miocardio nel quale alcune cellule muscolari sono sostituite da tessuto fibroso, con conseguente aumento della cavità cardiaca ma con minore capacità del cuore di pompare sangue.
Esistono numerose forme di cardiomiopatia dilatativa e le cause che la determinano possono essere diverse, ad esempio infezioni virali, abuso di alcool, uso di alcuni farmaci.
In circa il 25% dei pazienti le cause della malattia non sono note e la cardiomiopatia dilatativa è definita “idiopatica”.
Studi recenti considerano che circa il 30% dei casi di cardiomiopatia dilatativa sia familiare e quindi sia causato da alterazioni genetiche.
Questa scheda tratta solamente le forme di cardiomiopatia dilatativa con causa genetica.
Come si manifesta: La CMD su base genetica può manifestarsi come forma solamente cardiaca o in associazione a miopatie che colpiscono il muscolo scheletrico (distrofie). Esiste anche una variante di CMD associata a disturbi della conduzione elettrica cardiaca. A causa della minore efficienza del cuore, le persone affette da cardiomiopatia dilatativa presentano “dispnea”, cioè “mancanza di fiato” (specie durante uno sforzo) ed edema (gonfiore causato da ristagno di liquidi) delle gambe e dei piedi. Alcuni pazienti presentano anche aritmie (alterazioni del battito cardiaco), palpitazioni (battito cardiaco accelerato) e sincopi (perdita della coscienza); crisi aritmiche particolarmente gravi possono causare morte improvvisa. La gravità con cui la patologia si presenta può esser molto diversa, anche all’interno di una stessa famiglia. Va ricordato che alcune persone possono essere asintomatiche anche per tutta la vita, pur possedendo la mutazione responsabile della malattia.
Le cause: Dal punto di vista genetico si distinguono più forme di cardiomiopatia dilatativa familiare: ad oggi sono state identificate 18 loci cromosomici coinvolti nella patogenesi di varianti di questa malattia. Solo per alcune sono stati identificati sia il gene sia la proteina le cui alterazioni sono responsabili della malattia. Ecco di seguito una classificazione delle CMD su base genetica:
1) CMD associate a difetto delle proteine del citoscheletro:
- CMD X-linked legata alla distrofina
- CMD autosomica dominante legata all’actina
- CMD autosomica dominante legata alla desmina
2) CMD associate a difetti nelle proteine della Lamina nucleare e dell’involucro nucleare:
- Sindrome di Emery-Dreifuss
- CMD autosomica dominante associata a difetti di conduzione
3) CMD associate a mutazioni delle proteine che compongono il muscolo (troponina T e catene pesanti della Beta-Miosina)
4) X-linked CMD e X-linked sindrome di Barth legata alla Tafazzina (CMD3A)
Come si trasmette: L’eredità delle forme descritte è autosomica dominante: ciò sta ad indicare che una persona affetta ha un rischio pari al 50% di trasmettere la patologia ai propri figli, indipendentemente dal loro sesso. Fanno eccezione la CMD legata alla distrofina e la “CMD3A”, identificata grazie ad una ricerca finanziata interamente da Telethon. Quest'ultima cardiomiopatia dilatativa congenita è uno dei sintomi di una grave sindrome (“Sindrome di Barth”), caratterizzata anche da altre gravi alterazioni che portano a morte nella prima infanzia. I geni coinvolti in queste forme si trovano sul cromosoma X e l’eredità è recessiva legata al cromosoma X.
La diagnosi: L’ecocardiogramma permette di chiarire la diagnosi in quanto consente di evidenziare sia la cavità cardiaca sia le valvole, permettendo così di valutare la capacità del cuore di pompare sangue. Possono esser eseguiti ulteriori accertamenti strumentali che permettono approfondire la situazione clinica nei pazienti affetti da cardiomiopatia dilatativa. L’analisi dei geni noti può essere un supporto alla diagnosi clinica della malattia (es. diagnosi pre-sintomatica), con ricerca sul DNA delle mutazioni nei geni finora identificati. Una volta rilevata l’alterazione genetica in una persona affetta, l’analisi può essere estesa all’intero nucleo familiare al fine d’identificare altri soggetti portatori del gene alterato, anche se questi non manifestano alcun sintomo. Tale aspetto è importante in quanto essi sono a rischio sia di manifestare la malattia in futuro sia di generare figli affetti. Perché sia possibile eseguire la diagnosi prenatale (con analisi del DNA fetale ottenuto da materiale prelevato mediante villocentesi o amniocentesi) è necessario che l’analisi eseguita sul DNA delle persone affette abbia identificato la mutazione responsabile della patologia in quella famiglia.
Esiste una terapia: Nel trattamento della cardiomiopatia dilatativa sono generalmente utilizzati farmaci inibitori dell’ACE (Angiotensin-Converting Enzyme) e betabloccanti, utili nel migliorare la funzionalità cardiaca e nel controllare la dimensioni del cuore, diminuendo la progressione della malattia. Nelle persone soggette a emboli viene utilizzata anche la terapia con anticoagulanti. Inoltre, nel caso di aritmie, è possibile effettuare l’impianto di Pace-maker o di defibrillatore, a seconda del tipo di aritmie identificata nel paziente
La cardiomiopatia dilatativa (chiamata anche miocardiopatia) è una dei disordini più comuni del miocardio. Si verifica quando il ventricolo sinistro, e spesso anche quello destro, risultano simmetricamente dilatati.
La cardiomiopatia dilatativa può essere secondaria a numerose condizioni, quali altre patologie (ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica), danno da agenti farmacologici (chemioterapia) o sostanze tossiche (ad esempio l'etanolo). Tuttavia, in moltissimi casi, non è possibile riconosce una causa evidente. In questo caso si definisce "cardiomiopatia dilatativa idiopatica".
Da recenti studi, è emerso che i soggetti che presentano un numero estremamente frequente di extrasistole (molte migliaia al giorno) possono sviluppare, a seguito di ciò, una forma di cardiomiopatia dilatativa. In questi casi, riducendo o annullando il numero delle extrasistole si assiste, nella quasi totalità dei casi, a una progressiva regressione della cardiomiopatia.
Ci sono vari tipi di miocardiopatia dilatativa:
* Miocardiopatia di Chagas
* Miocardiopatia alcolica
* Miocardiopatia aritmogena del ventricolo destro
La cardiomiopatia dilativa, al pari delle altre cardiomiopatie, è un delle cause di insufficienza cardiaca. Tachiaritmie ed embolia periferica o polmonare possono presentarsi in alcuni casi.
Gli esami utilizzati per comprendere meglio il danno ed eventuali altri danni collaterali sono:
* Radiografia del torace.
* Elettrocardiogramma.
* Ecocardiografia.
* Cateterismo cardiaco.
Non esiste una terapia specifica, ma il trattamento tende ad attenuare e curare l’insufficienza cardiaca, utilizzando diuretici, inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotesina e bloccanti dei recettori betaadrenergici.
Il trapianto cardiaco si impone nei casi più gravi per salvare la vita alla persona.
Aumento di volume e di peso del cuore per dilatazione passiva (cardiomiopatia dilatativa) o per ipertrofia (cardiomiopatia ipertrofica). Vedi cardiomiopatia.
Branca della medicina interna che studia gli aspetti anatomo-funzionali e fisiopatologici del cuore e dell'apparato cardiocircolatorio. Data l'enorme rilevanza sul piano clinico ed epidemiologico delle malattie cardiovascolari, la moderna cardiologìa, grazie anche all'introduzione continua di nuove metodologie diagnostiche e terapeutiche, è andata assumendo un'importanza sempre maggiore, qualificandosi come una disciplina autonoma, a sua volta comprendente diversi filoni specialistici.
Farmaci in grado di ridurre l'attività cardiaca sovreccitata. Tipici cardiodepressori sono gli antiaritmici (chinidina, procainamide ecc.).
Comprende il cuore e l'insieme dei vasi arteriosi e venosi (vedi apparato circolatorio).
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