Di seguito i lemmi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Formazione patologica benigna cava con parete continua, a concamerazioni uniche o multiple, costituita da membrana connettivale con rivestimento interno epiteliale e a contenuto vario. Le raccolte di liquido non delimitate da membrana vengono definite pseudocisti, mentre le raccolte di pus vengono definite ascessi.
Di forma generalmente rotondeggiante, possono presentarsi singolarmente o in numero variabile. Una volta formata, una cisti, può scomparire da sola o dover essere rimossa chirurgicamente.
Le cisti, reperibili in organi e tessuti diversi, possono essere congenite, parassitarie e acquisite.
Le cisti congenite, nascono da adesioni di pieghe nello stadio embrionale, o possono essere causate da infiammazioni, come ad esempio nel caso di borse sierose che si sviluppano in prossimità di articolazioni. Talvolta sembrano comparire senza causa apparente.
In alcuni casi le cisti rappresentano uno stadio del ciclo vitale di alcuni parassiti, come l'echinococco.
La maggior parte delle cisti presenti nel corpo sono di tipo benigno (disfunzionali). Queste, a volte, producono ostruzione dei vari condotti del corpo creando ostacolo alle naturali secrezioni e vengono classificate come neoplasie
Il trattamento varia dalla semplice enucleazione della cisti tramite curette alla sua resezione. Ci sono cisti che regrediscono autonomamente e l'unico trattamento è l'osservazione di possibili sintomi collegati o infezioni.
Malattia parassitaria che colpisce specialmente bovini e suini, i quali si infettano mangiando cibo contaminato dalle uova dei vermi Taenia saginata o Taenia solium. Le uova nell'intestino rilasciano una larva che, superata la parete intestinale, entra nel circolo ematico e va ad annidarsi nei muscoli, dove forma una cisti biancastra del diametro di 5-10 millimetri. Ci si infetta mangiando carni contaminate, crude o poco cotte, di bovino (Taenia saginata) o di suino (Taenia solium): nell'intestino umano dalla cisti si sviluppa la tenia (verme solitario). Raramente la cisticercosi può interessare un soggetto già portatore di Taenia solium intestinale in seguito ad autocontagio fecale-orale. Anche nell'intestino umano si sviluppa un embrione che per via ematica può andare ad annidarsi nei vari tessuti. I sintomi sono legati alla sede in cui si è localizzata la cisti. La terapia è chirurgica.
Organo cavo piriforme, situato nella fossa cistica, sotto la faccia inferiore del fegato, con il fondo volto verso la parete addominale anteriore. Lunga circa 10 cm e larga 3,5-4, ha un volume di circa 40 ml e pareti muscolo-membranose, rivestite internamente da mucosa. La colecisti ha la funzione di raccogliere e concentrare la bile tra un pasto e l'altro e di immetterla nel duodeno.
Aminoacido solforato che si ottiene per ossidazione della cisteina.
Malattia congenita ed ereditaria dovuta all'alterazione del metabolismo degli aminoacidi e soprattutto della cistina. È infatti caratterizzata dal deposito di cristalli di cistina nel sistema reticolo-endoteliale di vari organi (fegato, milza, congiuntiva, cornea) e in particolare nel rene, dove la cistina facilmente si accumula, data la sua scarsa solubilità. La cistinosi provoca insufficienza renale, lesioni scheletriche simili a quelle del rachitismo precoce, ritardo dello sviluppo somatico e anche il suo arresto, senza causare turbe psichiche particolari.
Il trattamento iniziale prevede un'adeguata idratazione, l'alcalinizzazione delle urine con citrato di sodio e l'imposizione di una dieta povera di sale e di proteine, soprattutto metionina.
Nel caso il trattamento fallisca si procede alla terapia chelante con penicillamina,[11][12] una molecola che si lega alla cistina formando complessi solubili.
Nel caso i calcoli si siano già formati la terapia consiste nella distruzione fisica dei calcoli mediante litotrissia extracorporea, endoscopica o chirurgica.
È stato suggerito che la somministrazione profilattica di L-cistina-dimetilestere possa prevenire la formazione dei calcoli[13].
La cistinuria è una malattia ereditaria caratterizzata da un difettoso riassorbimento degli aminoacidi cistina, ornitina, lisina ed arginina a livello dei tubuli renali e, in misura minore, delle cellule intestinali.
La bassa solubilità della cistina ai normali valori di acidità (pH) urinari ne provoca la precipitazione sotto forma di cristalli e di calcoli, causando ostruzione delle vie urinarie.
Come si manifesta: I sintomi sono legati prevalentemente alla calcolosi renale che causa coliche renali ed infezioni ricorrenti delle vie urinarie. Le coliche insorgono tra i 10-30 anni. Possibile è anche la scoperta casuale della malattia grazie ad esami radiologici sull’addome eseguiti per altri motivi. Rara è la comparsa di insufficienza renale come primo segno di malattia.
Le cause: La cistinuria è causata da modificazioni (mutazioni) del DNA di geni adibiti alla sintesi di proteine che formano “canali” attraverso i quali avviene il riassorbimento della cistina e di altri aminoacidi simili (dibasici). La cistinuria “tipo I” è causata da mutazioni nel gene SLC3A1(indicato anche come rBAT) che si trova sul cromosoma 2. La cistinuria “tipo non I” è causata da mutazioni nel gene SLC7A9, localizzato sul cromosoma 19. Questo gene è stato identificato grazie anche al contributo di un gruppo di ricerca italiano finanziato da Telethon (Comunicazione 12.11.1999).
Come si trasmette: La cistinuria si trasmette come carattere autosomico recessivo. Ciò significa che un soggetto ammalato eredita due geni mutati da genitori entrambi “portatori sani” della malattia. I portatori sani sono individui che posseggono un gene mutato ed uno normale. Sono stati descritti anche pazienti con una mutazione nel gene SLC3A1 ed una mutazione nel gene SLC7A9.
La diagnosi: Alla formulazione della diagnosi concorrono la sintomatologia clinica, l’eventuale reperto radiografico di calcoli e la positività per alcuni test di laboratorio (cristalluria indotta mediante acido acetico, test di Brand, identificazione e quantificazione diretta della cistina e degli aminoacidi dibasici mediante HPLC). La ricerca di mutazioni nei geni SLC3A1 e SLC7A9 può servire a confermare la diagnosi e ad identificare, all’interno della famiglia di un soggetto ammalato, eventuali portatori sani della mutazione.
Esiste una terapia: La terapia della cistinuria può avvalersi di presidi medici e chirurgici. La terapia medica ha lo scopo di prevenire la formazione di calcoli aumentando la solubilità della cistina nelle urine. Ciò si ottiene mediante:
a) Diluizione delle urine con l’assunzione di elevate quantità di liquidi. Non è necessario il ricorso ad acque oligominerali in quanto la cistina non è presente nell’acqua.
b) Alcalinizzazione delle urine a valori di pH 7,5-8 mediante l’assunzione di citrato di potassio o bicarbonato di sodio.
c) Assunzione di sostanze in grado di legare (chelanti) la cistina quali la penicillamina e la mercaptopropionilglicina (MPG). Questi farmaci possono avere, come effetto collaterale, la comparsa di proteuinuria. A tale scopo occorre controllare periodicamente nelle urine i livelli di cistina libera e la presenza di proteine.
La dieta a basso contenuto di cistina, eliminando ad esempio le uova, ha uno scarso ruolo preventivo perché la produzione di cistina è prevalentemente interna all’organismo. Anche la riduzione dell’apporto del suo precursore (metionina) è di difficile attuazione e di scarso significato clinico. La dieta deve essere modicamente iposodica. Con un rigoroso controllo medico diviene sempre più raro il ricorso alle terapie chirurgiche che trovano indicazione nei casi di calcolosi non risolta con farmaci. Essa fa uso di:
- litotomia: dissoluzione e rimozione meccanica dei calcoli mediante l’introduzione di un catetere nelle vie urinarie.
- litotrissia: frammentazione dei calcoli mediante ultrasuoni. La sonda che emette gli ultrasuoni deve essere messa a diretto contatto con i calcoli.
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