Di seguito i lemmi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Le cause del Morbo di Hodgkin sono ancora sconosciute, cosi come è sconosciuta l'origine della cellula di Reed-Stemberg, elemento determinante per la diagnosi. La malattia è più frequente negli adulti con più frequenza nei maschi con rapporto di due a uno. In genere la malattia si può manifestare con un ingrandimento dei linfonodi superficiali, asimmetricamente, senza sintomatologia dolorosa. A volte possono essere presenti sintomi costituzionali sistemici come astenia, dimagramento, febbre, prurito, sudorazioni notturne profuse. Gli esami di laboratorio possono mettere in evidenza una anemia normocromica normocitica, una modesta leucocitosi neutrofila, a volte eosinofilia; spesso una linfopenia associata in particolare alla malattia avanzata. L'interessamento del midollo osseo non è frequente.La diagnosi deve scaturire dall'esame istologico di un linfonodo biopsiato correttamente. La classificazione istologica comprende quattro sottotipi:
1) predominanza linfocitaria;
2) sclerosi nodulare;
3) cellularità mista;
4) deplezione linfocitaria.
Anche la classificazione clinica è divisa in quattro stadi che indicano l'estensione della malattia.
Stadio I) Interessamento di una stazione linfonodale singola o di una singola localizzazione a sede extralinfonodale.
Stadio II) Interessamento di due o più stazioni linfonodali dallo stesso lato del diaframma o una localizzazione extralinfatica e una o più regioni linfonodali dallo stesso lato del diaframma.
Stadio III) Interessamento di stazioni linfonodali da entrambi i lati del diaframma, anche accompagnati da interessamento di una localizzazione extralinfonodale o della milza.
Stadio IV) Interessamento disseminato e diffuso di uno o più organi o tessuti extralinfatici con o senza interessamento linfonodale.
La definizione dello stadio deve essere fatta in modo appropriato poiché la scelta del trattamento è strettamente in connessione all'estensione della malattia. La radioterapia è usata soprattutto nei pazienti in stadio I e II (a volte anche negli stadi III e IV dopo chemioterapia). La chemioterapia ciclica viene impiegata soprattutto negli stadi III e IV ma viene utilizzata anche negli stadi I e II in particolare quando esistono grosse masse e segni sistemici e i trattamenti terapeutici di più frequente utilizzazione e prevedono l'impiego di mostarda azotata, vincristina, procarbazina e prednisone o combinazioni di adriamicina, bleomicina,vinblastina e dacarbazina (ABVD). La malattia può avere delle complicanze tardive come sterilità, mielodisplasia, leucemia acuta di tipo mieloide e in alcuni casi di recidiva o refrattariètà può essere indicata una chemioterapia particolarmente intensiva e irradiazione corporea totale con autotrapianto di midollo osseo.
È un elettrocardiogramma dinamico, una registrazione continua (in genere per 24 ore) dell'ECG. Si effettua tramite un apparecchio portatile che il paziente indossa per tutta la giornata. Durante la registrazione il paziente può immettere uno specifico segnale nel momento in cui avverte sintomi particolari. Il nastro viene poi analizzato per accertare un'eventuale aritmia o la presenza di segni di cardiopatia riferibili ai sintomi accusati.
Vasculite che si manifesta con interessamento preferenziale delle arterie del collo e della testa. Ne vengono colpite in genere le persone anziane. Cefalea, dolore al cuoio capelluto e dolore crampiforme alla mandibola sono i principali sintomi. Può esserbe colpito anche il nervo ottico con cecità unilaterale improvvisa. Sintomi generali che spesso la accompagnano sono febbre, malessere e affaticabilità. Un elemento caratteristico è una velocità di sedimentazione del sangue più elevata, sempre oltre 60 mm alla prima ora. La diagnosi è di carattere istologico.
Le diagnosi differenziali orincipali sono: la febbre di origine misconosciuta, l'anemia, le neoplasie occulte, problemi dentari e oculari dell'età avanzata, l'arteriosclerosi e altre vasculiti e in particolar modo l'arterite di Takayasu, che ha quadro clinico spesso identico ma colpisce i giovani.
La terapia si basa sulla somministrazione di corticosteroidi. Vengono impiegati anche immunosoppressori come il metotrexato.
Test di laboratorio che permette di valutare il tempo di coagulazione del sangue. I valori possono variare fra 5 e 60 minuti in base al tipo di provette utilizzate.
Costituisce anch un test di sorveglianza in caso di terapia eparinica. Un aumento dei valori normali è osservato in caso di emofilia e pseudoemofilie, ipofibrinogenemia e terapia eparinica (calcica).
Papilloma virus. E' responsabile della formazione delle verruche cutanee e genitali e dei condilomi acuminati. Si ritiene responsabile anche del cancro alla cervice uterina e dei tumori dell'utero. na volta che l'HPV è entrato dentro la cellula fa sintetizzare alla cellula infettata due proteine chiamate E6 e E7, che si legano e inibiscono la RB protein (una proteina che serve a regolare le mitosi cellulare), il che causa divisioni cellulari incontrollate. Si pensa che questi cambiamenti fisiologici che vengono dati alle cellule infettate servano al virus per diffondersi meglio. Gli HPV si contraggono tramite contatto diretto (sessuale, orale e cutaneo) o in luoghi poco puliti (ad esempio bagni pubblici non disinfettati a norma). Non sono presenti in liquidi biologici quali sangue o sperma. Il rischio di contrarre una infezione da HPV aumenta con il numero dei partner sessuali, ed è massimo tra i giovani adulti (20-35 anni). Il virus è più frequentemente trovato tra le popolazioni promiscue e in condizioni precarie di igiene. L'uso del profilattico non pare avere azione protettiva completa in quanto l'infezione è spesso diffusa anche alla cute della vulva e del perineo. L'infezione da HPV è asintomatica nella maggior parte dei casi. In alcuni casi, si può invece manifestare con condilomi acuminati in sede genitale (pene e vulva, perineo). Le lesioni da HPV del collo uterino possono essere riconosciute mediante il Pap test, la colposcopia o tecniche di patologia molecolare, e le lesioni del pene mediante la penescopia. Come in molte infezioni virali, la terapia dell'HPV è spesso problematica. Poiché tuttavia la maggior parte delle infezioni da HPV regredisce spontaneamente, solo una minoranza dei casi richiederà un trattamento. Nei casi di infezione persistente del collo uterino, non esistono attualmente trattamenti non invasivi di elevata efficacia. Nel caso l'infezione sia associata a modificazioni precancerose dell'epitelio, possono essere prese in considerazione la laserterapia o la conizzazione, ossia la resezione di una piccola parte della cervice uterina per asportare una lesione che potrebbe essere maligna o che già lo è ma di dimensioni ridotte. Per la rimozione dei condilomi acuminati della vulva, pene o perineo si può ricorrere al laser, all'elettrocoaugulazione, alla crioterapia o ad applicazioni di podofillina. Ogni anno, in Italia, sono circa 3.500 le donne che si ammalano di cancro del collo dell’utero. Quasi la metà muore. Nel mondo ogni anno 400.000 donne si ammalano e la metà di loro muore. Si stima che il 75% della popolazione entri in contatto con il virus almeno una volta durante la sua vita. Recentemente è stata scoperta una molecola che permette il trattamento del virus HPV, anche nella sua forma cutanea esterna (Verruca). Il farmaco prodotto si chiama Cidofovir, ed è un potente antivirale a largo spettro, maggiormente efficace perfino dell'Aciclovir. Il Cidofovir viene utilizzato principalmente in soggetti con problemi al sistema immunitario (come persone affette da HIV) nella formulazione liquida per via endovenosa, ma sono in produzione anche formulazioni per uso topico esterno (pomate) che non sono purtroppo ancora diffuse in Italia. Nel caso dell'HPV ci sono due strategie vaccinative: preventiva e terapeutica. La prima ha lo scopo di prevenire l'insorgenza delle infezioni, la seconda (ancora a un livello sperimentale) di curarle quando sono già in atto. Per quanto riguarda la prima strategia è già presente sul mercato, e viene distribuito gratuitamente alle ragazze di età inferiore ai 12 anni (in alcune Regioni, come la Basilicata, anche in altre fasce di età), un vaccino transgenico contenente due proteine del capside virale degli HPV 16 e 18 (responsabili del 70% dei tumori al collo dell'utero); si tratta quindi di involucri proteici (L1 e L2) detti PLV (particles like viruses), ossia particelle simili ai virus. Il vaccino è sicuro e completamente privo di virus veri e propri; ha un'efficacia pressoché totale nell'impedire l'infezione di HPV 16 e 18. Esso è inefficace solo nel curare le eventuali infezioni già in atto dei suddetti virus, perché le proteine L1 e L2 sono prodotte solo in una piccola frazione di tempo dell'infezione (quando il virus passa da una cellula uccisa all'altra). I vaccini disponibili sono il Cervarix e il Gardasil. Per fare invece un vaccino terapeutico, cioè che curi le infezioni già in atto, si devono produrre delle proteine che vengono sintetizzate durante tutto il ciclo vitale del virus, come per esempio E6 ed E7. A questo scopo si stanno producendo e sperimentando piante transgeniche che producono questi due antigeni (ovviamente con delle mutazioni che li rendono assolutamente sicuri per la salute umana).
E' un esame utile per misurare sia lo spessore dello strato delle fibre nervose del nervo ottico sia lo spessore retinico in regione maculare.
Numerosi studi hanno dimostrato l'efficacia di tale esame per la diagnosi precoce di glaucoma e per il suo monitoraggio. L'esame risulta piu`sensibile dell'esame del campo visivo nell'individuare danni precoci del nervo ottico.
Per le maculopatie (degenerazione maculare senile o retinopatia diabetica) fornisce informazioni complementari all'esame angiografico nel determinare la sede ed il grado di edema retinico (pre-post- terapia laser ) o di atrofia maculare.
L'esame non richiede la dilatazione della pupilla e non è invasivo. La risoluzione è particolarmente elevata (10 micron).
L’Hriflesso) con una lunghezza d’onda di 670 nm, consente di acquisire tre serie di immagini della testa del nervo ottico e di ottenere un’unica immagine tridimensionale finale.
Al termine dell’esame il software fornisce informazioni su una serie di parametri utili all’esaminatore per poter valutare lo stato iniziale o quantificare la progressione del danno glaucomatoso.
detta anche da anticorpi antifosfolipidi (in sigla Aps) è una malattia autoimmune. Gli antifosfolipidi sono degli autoanticorpi ossia anticorpi i quali anziché legarsi a sostanze estranee aggrediscono erroneamente quelle dell'organismo in particolare proteine che legano i fosfolipidi (elemento da cui prende il nome).Le principali conseguenze sono le seguenti: le proteine che legano i fosfolipidi hanno un ruolo importante nella coagulazione del sangue, l'attacco degli autoanticorpi puo causare la formazione di coaguli e quindi la trombosi. Un'altra conseguenza sono gli aborti. I meccanismi in gioco non sono noti ma si ipotizza che la formazione di trombi a livello della placenta ridurrebbe la nutrizione del feto mentre gli anticorpi interferirebbero con l'impianto della placenta nell utero.
La terapia consiste nell'assunzione di anticoagulanti orali o antiaggregranti. Nel corso della gravidanza considerata a rischio la cura standard prevede la somministrazione di eparina anticoagulante e aspirina come antiaggregante delle piastrine. E' necessario tenere sotto controllo la crescita del feto e i flussi di sangue nella placenta.
In qualche caso i medici somministrano alla gestante, come cura sperimentale, immunoglobuline e cortisone. Il mix è efficace ma la ricerca in laboratorio non è riuscita ancora a spiegarne il motivo.
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