Di seguito i lemmi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
La piorrea non è un termine propriamente usato dai medici dentisti, che preferiscono invece l'accezione paradontite, per indicare l'infiammazione del paradonto (dal greco parà, intorno e odos, dente), la struttura a strati che circonda il dente. La presenza di placca e tartaro provoca una barriera (una sorta di "tappo") che impedisce all'ossigeno di passare negli strati interni del paradonto, al di sotto della gengiva. In assenza di ossigeno, i batteri anaerobi si moltiplicano, provocando l'infiammazione che, da una fase iniziale di gengivite, degenera in paradontite (o, nel termine ad accezione più comune, in piorrea). Si crea in modo permanente una solco (tasca paradontale) tra la gengiva e il dente, la cui stabilità viene seriamente compromessa. Mediante una sonda millimetrata (sonda paradontale) e una radiografia a raggi X è possibile valutare in termini quantitativi il danno apportato dalla patologia alla struttura ossea che circonda il dente. La scarsa igiene orale e la mancata rimozione della placca e del tartaro possono essere aggravati da una bassa risposta immunitaria ai batteri da parte dell'organismo o da fattori genetici (nel caso di familiari che hanno sofferto di paradontite).
La terapia preventiva di un'accurata igiene orale e della visita di controllo dal dentista possono bloccare l'infiammazione e limitare il danno ai tessuti legamentosi e ossei del paradonto. Se la patologia è già avanzata, l'unica cura è quella chirurgica, mediante l'asportazione della tasca paradontale con tecniche di chirurgia resettiva o rigenerativa.
Generalmente la paradontite ha un decorso molto lento, caratterizzato da guarigioni parziali e recidive. Esistono però anche forme particolarmente aggressive (paradontite rapidamente progressiva) causate da batteri come l'actinobacillus actinomycetemcomitans, il bacteroides gingivalis e la capnocytophaga ochracea, che attaccano pazienti che presentano un deficit di cellule immunitarie e che portano in poco tempo alla perdita di tutti i denti. Queste forme si possono curare con opportune terapie antibiotiche (tetracicline).
Farmaci
Algoxam, Antiflog,Artroxicam, Brexin, Brexivel, Bruxicam, Cicladol, Dexicam, Euroxi, Feldene, Flodol, Lampoflex, Oxicam, Piroftal, Piroxicam, Polipirox, Reucam, Reudene, Reumagil, Riacen, Roxene, Roxiden.
Indicazioni
Indicato per il trattamento di molte affezioni che richiedono una attività antinfiammatoria e analgesica quali artite reumatoide, osteoartrosi (artrosi, affezioni articolari di tipo degenerativo), spondilite anchilosante, affezioni dell'apparato e nella gotta acuta. Usato anche nella cura deldolore post-operatorio, della dismenorrea primaria e delle infiammazioni blefaro congiuntivali.
Controindicazioni
Da non usarsi nel periodo di gravidanza, durante l'allattamento, nell'infanzia fino ai quattordici anni e nei casi di conosciuta ipersensibilità al farmaco. La formulazione in bustine contiene aspartame e deve perciò essere evitata dai soggetti portatori di finilchetonuria. Controindicata nei pazienti con ulcera gastointestinale, gastriti, dispepsie o con diatesi emorragiche o in trattamento con anticoagulanti e in quelli che abbiano presentato reazioni allergiche all'acido acetilsalicilico o a farmaci antinfiammatori non steroidei (asma, riniti, orticaria, ecc.).
Interazioni
Interagisce con gli aminoglicosidi, anticoagulanti orali, betablocanti, metotrexate e ritonavir.
Il pisello (Pisum sativum) è una pianta con radice poco profonda e stelo che può raggiungere i due metri di lunghezza. Il frutto è un baccello verde o giallo che contiene fino a una dozzina di semi. Non si hanno notizie precise sull’origine di questo legume, che probabilmente proviene dall’Asia centrale e venne diffuso in Europa ad opera degli arii. In seguito viene citato da vari studiosi greci (Teofrasto) e romani (Columella, Plinio).
Questi ultimi testimoniano il fatto che i romani conoscevano e coltivavano due diverse varietà del legume. Attualmente l’Italia è uno dei principali produttori di piselli, con circa 2.700.000 quintali all’anno da una superficie coltivata di 40.000 ettari.
Questo legume ha un buon contenuto di proteine vegetali, è ricco di potassio (340 mg per 100 g), fosforo (101 mg per 100 g) e altri minerali. Come per gli altri legumi, le proteine dei piselli non sono equivalenti a quelle di origine animale, essendo carenti di aminoacidi solforati.
Possono essere consumati al naturale oppure utilizzati per la preparazione di molte pietanze, dalle zuppe alle minestre, alle frittate, ai contorni. Attualmente i consumatori si orientano soprattutto verso l’acquisto di piselli freschi, congelati o inscatolati, piuttosto che verso quelli secchi.
INFO AL. - Carboidrati: 11,7; proteine: 7,0; grassi: 0,2; fibre: 5,2; calorie: 77.
Parte edibile: 47; calorie al lordo: 36.
È un albero di piccole dimensioni, originario dell'Asia; è coltivato nel bacino del Mediterraneo, ma i maggiori produttori sono Iran, Afghanistan e Stati Uniti (California). I suoi semi vengono utilizzati nell'industria dolciaria. Di solito vengono consumati insieme agli aperitivi.
Ved. anche Frutta secca.
INFO AL. - Carboidrati: 0; proteine: 18; grassi: 56,1; acqua: 3,9; calorie: 577.
Parte edibile (pistacchi secchi con il guscio): 50; calorie al lordo: 288.
È un'infezione della pelle dovuta ad un fungo simile ai lieviti, detto Malassetiafurfur. Interessa prevalentemente adolescenti e adulti, anche se talora colpisce anche bambini in età scolare e raramente lattanti. Il contagio avviene per contatto diretto con le lesioni della pelle Contrariamente a quanto si crede, la pitiriasi versicolor è una malattia a bassissima contagiosità, dovuta a un fungo che vive sulla pelle e in determinate condizioni (eccessiva sudorazione, ipersecrezione sebacea) diventa attivo. Esso può determinare la comparsa di chiazze scure (caffè latte) o di chiazze chiare. Quest'ultima forma è la più frequente ed è dovuta all'azione lesiva del fungo stesso nei confronti delle cellule responsabili del pigmento della pelle. Questo spiega perché anche dopo la terapia le chiazze bianche non spariscono subito, la terapia infatti sopprime il fungo ma nulla può contro l'azione del fungo stesso. Bisognerà pertanto attendere la repigmentazione spontanea oppure stimolarla con raggi ultravioletti. Poiché il fungo "vive" sulla nostra pelle, si capisce anche il frequente succedersi delle recidive. Per evitarle bisognerà continuamente delle misure preventive anche in assenza di chiazze: da maggio a settembre cicli di sei sere consecutive di schiume antimicotiche, mentre nei periodi invernali sarà sufficiente la detersione con saponi medicati. Sarà inoltre opportuno eseguire shampoo antiforfora poiché il fungo è presente anche sul cuoio capelluto. Bisognerà pure curare i fattori favorenti quali la iperidrosi e la ipersecrezione sebacea. La terapia è generalmente topica con creme a base di acido acetilsalicilico, iposolfito di sodio, acido tartarico, miconazolo, econazolo. Per via generale è possibile usare farmaci con chetoconazolo e fluconazolo.
La Pityriasis Rosea del Gibert (PRG) è una malattia acuta, benigna, a risoluzione spontanea, caratterizzata da una tipica eruzione cutanea (rare le forme atipiche), con ridotti o nulli sintomi costituzionali.
Chi colpisce
Entrambi i sessi, in buone condizioni di salute, preferenzialmente tra i 10 e 35-45 anni.
Quando
La maggior incidenza la si riscontra in primavera-autunno; tuttavia sono in aumento i casi osservati durante l’inverno. D’estate invece è molto meno frequente.
Come si manifesta
Nella sua forma tipica inizia con la comparsa al tronco, alla radice delle cosce o delle braccia, di una chiazza, definita chiazza madre, rotonda od ovale, non infiltrata, a limiti netti, di colore rosa salmone, con superficie finemente squamosa. La lesione si estende centrifugamene sino a raggiungere dimensioni di 2-5 centimetri configurando un aspetto anulare per la presenza di un bordo leggermente sopraelevato rosa vivo con un collaretto di squame aderenti ed una parte centrale rosa pallido o camoscio, finemente squamosa.
La chiazza è asintomatica o lievemente pruriginosa. Dopo un intervallo di 5-15 giorni compare l’eruzione secondaria che si completa ad ondate successive nell’arco di 10 giorni.
Essa è caratterizzata da due tipi di elementi, presenti in proporzioni variabili:
1) medaglioni ovalari simili alla chiazza madre ma di dimensioni minori (1-3 cm. di diametro);
2) macule rosate a superficie liscia o finemente squamosa, di piccolo diametro (2-10 mm.)
Tali lesioni tendono a disporsi in maniera simmetrica al tronco lungo le linee di tensione cutanea, nella classica figura definita "ad albero di natale". Le altre lesioni sono confinate alla radice delle cosce, delle braccia ed al collo. Il viso è risparmiato.
Solitamente non viene avvertito alcun disturbo ad eccezione di lieve e occasionale prurito; spesso però l’eventuale sintomatologia pruriginosa non è spontanea ma secondaria all’applicazione incongrua od erronea di terapie locali (antimicotici, antisettici, ecc.) o all’irritazione provocata dal contatto con indumenti di lana o sintetici.
Evoluzione
La PRG guarisce spontaneamente in 4-6 settimane.
Forme atipiche
Accanto alla forma classica la PRG può assumere caratteri atipici nella morfologia, nella distribuzione delle lesioni, nel decorso: infatti si possono osservare:
forme intensamente squamose, simili alla psoriasi
forme con elementi a carattere papuloso, vescicoloso, purpurico, pustoloso
forme in cui la chiazza madre è assente
forme caratterizzate solo dalla chiazza iniziale
forme con elementi simili alla chiazza madre
forme limitate a pochi elementi attorno alla chiazza madre
forme localizzate ad una sola metà del corpo
forme cosiddette invertite a causa dell’interessamento esclusivo del viso e degli arti
forme localizzate a livello palmo-plantare
forme localizzate al cuoio capelluto e talora al viso
intervalli più brevi o più ampi tra la comparsa della chiazza madre e l’eruzione secondaria.
regressioni più rapide (1-2 settimane) o ritardate (alcuni mesi)
recidive uniche o multiple
Diagnosi
La diagnosi di PRG è clinica, al primo colpo d’occhio, per la morfologia, la distribuzione, la cronologia eruttiva delle lesioni e l’assenza di sintomi generali.
Di fronte alla sola chiazza madre si potrà porre il sospetto di una micosi mentre nei casi di eruzione generalizzata (specie quando manca la chiazza madre) il quadro clinico può confondersi con le tossidermie (eruzioni da farmaci), la psoriasi, il lichen eruttivo, la sifilide secondaria, gli eczemi nummulari, l’eritema dyschromicum perstans, la pitiriasi lichenoide, la tinea corporis diffusa, la dermatite seborroica.
Etiologia
L’origine della PRG è sempre stata controversa. Studi recenti indicherebbero in un virus erpetico (HHV 7) il possibile agente causale.
Terapia
Trattandosi di una malattia benigna che guarisce spontaneamente, non è indicata alcuna terapia. Occorrerà non irritare le lesioni e perciò:
si useranno blandi detergenti.
si eviterà di usare acqua molto calda.
non si indosseranno lana o fibre sintetiche a contatto della pelle.
Nelle forme pruriginose sono indicati come sintomatici gli steroidi topici. La fototerapia con UVB si è dimostrata efficace nel ridurre la durata dell’eruzione.
Mai come in questa epoca la vacanza al mare rappresenta uno degli appuntamenti fissi dell’anno. Si ricercano nuove spiagge e nuovi mari dove tramutare il triste bianco emaciato della cute invernale in voluttuose ed ambrate tinte.
Per qualcuno però il ritorno ahimè non è felice come la partenza: non perché siano venute a mancare le aspettative del sole e del mare ma per l’affiorare sulla cute del tronco di tanti coriandoli di cute chiara che così impietosamente contrastano con l’abbronzatura.
E’ l’aspetto antiestetico che avvicina il paziente al dermatologo. Infatti non sono presenti sintomi soggettivi né effetti sullo stato generale: la salute del soggetto è buona. La cute, talora sgradevole alla vista, contrasta quindi con la benignità della malattia che ha un nome curioso: Pityriasis versicolor (P.v.).
La P.v. deve il suo nome (versicolor) alla presenza di macchie multicolori: infatti accanto alla varietà acromizzante ( chiazze biancastre) che raccoglie circa la metà dei casi ed è particolarmente evidente nei soggetti a cute scura e dopo l’esposizione al sole (il fungo esercita una azione inibitoria sulla pigmentazione), si possono osservare la varietà bruna (chiazze color bruno-camoscio, caffè-latte) e la varietà eritematosa (chiazze rosate). Tali quadri clinici sono presenti nella maggioranza dei casi singolarmente; talora, molto più raramente, coesistono nello stesso paziente (soggetti a cute chiara non esposta al sole), dando origine alla varietà variopinta.
Accanto al colore, le macule di P.v., in fase attiva e non trattate, sono caratterizzate dalla presenza sulla superficie di minute squame che assomigliano a crusca (da cui il nome Pityriasis, dal greco pituron=crusca) che possono essere facilmente rimosse senza emorragia con un colpo d’unghia od una curette smussa (cosiddetto "segno del colpo d’unghia"- "scratch sign" per gli anglosassoni, "signe du coup d’ongle" per i francesi-, oppure "segno del truciolo" -"chip sign","signe du coupeau"-).
Le dimensioni delle macchie possono variare da pochissimi millimetri (1-2) a qualche centimetro (con forme ovalari o rotondeggianti), il numero degli elementi da pochi a decine e decine, l’estensione da localizzata ad un segmento cutaneo a generalizzata su di una grande area cutanea.
Tipicamente le sedi più comunemente interessate sono la parte superiore del tronco e del dorso e il collo. Meno frequentemente il viso (lungo l’attaccatura dei capelli), gli arti superiori ed inferiori, le pieghe cutanee (cavi ascellari, inguine, piega del gomito, cavo popliteo, solchi sottomammari), il pube, il pene, il seno.
L’agente causale della malattia (denominato Malassezia furfur, Pityrosporum orbicolare, Pityrosporum ovale) è un lievito lipofilo e lipido-dipendente (ossia necessita di grassi per vivere), saprofita della cute (ossia vive a spese della cute senza danneggiarla) ed in particolare del follicolo pilifero; è presente in un’altissima percentuale della popolazione sana.
Poiché relativamente modesta è la percentuale di persone affette da P.v. rispetto ai portatori asintomatici (ossia senza manifestazioni cliniche della malattia) occorre che vi siano fattori favorenti che inducano il passaggio del lievito da saprofita a parassita patogeno (in questo caso vive a spese della cute danneggiandola).
Innanzitutto è da porsi l’assunto di una predisposizione genetica. Infatti in contrasto con la scarsa o nulla contagiosità del lievito ( come è dimostrato dalle numerosissime coppie in cui la moglie od il marito ha la P.v. mentre l’altro coniuge ne è esente), non è raro osservare nuclei familiari della medesima discendenza ammalati.
Su questo carattere individuale fondamentale se ne inseriscono altri, chiaramente favorenti:
1) i lipidi (grassi ) cutanei (come detto in precedenza il lievito si nutre di grassi), sia si produzione delle ghiandole sebacee sia derivanti dalla decomposizione delle cellule della cute;
2) la secrezione sudorale influenza la crescita poiché, come ogni altro fungo, il Pityrosporum ha bisogno di umidità per crescere;
3) il clima caldo-umido.
Da quest’insieme di fattori si comprende come:
A) le zone colpite dalla malattia siano quelle in cui sono presenti le ghiandole sebacee, ossia tutto il corpo tranne le piante dei piedi e il palmo delle mani (vedi punto 1 dei fattori favorenti);
B) siano affetti maggiormente soggetti con abbondante sudorazione, oppure persone che frequentino luoghi in cui essa sia stimolata (saune, palestre, ecc.) oppure indossino indumenti sintetici che mantengono umida la pelle (vedi punto 2);
C) nel nostro paese sia tipica la periodicità estiva ( vedi punto 3): il clima caldo-umido estivo infatti stimola la sudorazione e l’esposizione ai raggi ultravioletti la produzione di melanina, responsabile dell’abbronzatura e quindi di quel contrasto cromatico che è alla base dell’inestetismo della malattia.
Nella diagnosi dell’affezione bisogna tenere conto che non tutte le macchie bianche della cute sono P.v.. Capita spesso infatti che si presentino a visita persone erroneamente convinte di avere tale malattia. Ricordiamo ad esempio come la vitiligine, la Pityrisiasi alba (tipica del volto dei bambini), le acromie lenticolari idiopatiche (presenti sulle gambe di persone in età matura, specie se con precedenti di prolungate esposizioni solari), le discromie che talora seguono l’abbronzatura simulino talora la P.v.. La certezza della diagnosi si basa sull’esperienza dello specialista dermatologo che può intuirla attraverso alcune caratteristiche della malattia oppure, in caso di dubbio, mediante un esame microscopico diretto delle squame cornee prelevate da una chiazza tramite delicato curretage o esaminando la cute del paziente, in ambiente buio, con la lampada di Wood ( lampada a raggi ultravioletti di una determinata lunghezza d’onda): le lesioni di P.v. emettono una inconfondibile e tipica fluorescenza giallo-verdastra, permettendo altresì di scoprire macchie peraltro invisibili a occhio nudo.
La terapia della P.v. si basa sull’uso di farmaci da applicare sulla cute o da assumere per via orale, avendo presente che un ciclo di cura non ha efficacia perenne, data la tendenza a ripetersi della malattia, e che le cure e gli accertamenti dovrebbero essere preferibilmente opera dello specialista dermatologo.
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