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Di seguito i lemmi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di dr.psico (del 08/09/2007 @ 14:18:47, in Lettera P, visto n. 2034 volte)
È una malattia neoplastica clonale caratterizzata soprattutto da incremento della massa eritrocitaria. Tuttavia una modesta leucocitosi, una piastrinosi, una modesta splenomegalia possono essere associate all'incremento della massa eritrocitaria dall'inizio della malattia, testimoniando quindi il coinvolgimento della linea mieloide. La policitemia vera colpisce soggetti di età media di circa 60 anni, di preferenza uomini di età compresa tra 15 e 90 anni e raramente bambini. La diagnosi può essere casuale, ma spesso l'esordio è caratterizzato da sintomi minori dovuti all'aumento della viscosità ematica, cefalea, acufeni, vertigini, disturbi visivi (scotomi, diplopia). A volte claudicatio, tromboflebiti, acrocianosi (con fenomeni di Raynaud), parestesie possono essere segni facilmente rilevabili, oppure possono essere presenti manifestazioni emorragiche di lieve entità quali epistassi, gengivorragie, ecchimosi, ecc.Tuttavia in circa il 15-20% dei casi il quadro clinico d'esordio può essere grave con emorragie e/o trombosi (ictus cerebrale, TIA, infarto del miocardio, angina pectoris, embolia polmonare) e a carico dell'apparato gastroenterico (ulcera peptica, infarti mesenterici). Le manifestazioni emorragiche e/o trombotiche rappresentano in circa il 40% dei casi la causa di morte dei pazienti con policitemia vera. Un sintomo molto frequente è rappresentato dal prurito che si accentua dopo un bagno ma non è noto il meccanismo scatenante, forse è dovuto alla liberazione di istamina. Con gli esami di laboratorio si evidenzia che la massa eritrocitaria è aumentata e a volte è presente una lieve microcitosi, ma è con la biopsia osteomidollare che si giunge alla diagnosi certa. Le terapie hanno lo scopo di ridurre la massa eritrocitaria mantenendo una viscosità normale del sangue e di controllare la proliferazione cellulare. È possibile considerare due approcci terapeutici l'uno depletivo, l'altro antiblastico. La deplezione eritrocitaria viene effettuata con salassi periodici: nel soggetto giovane all'inizio del trattamento sono consigliabili salassi isovolemici ravvicinati fino a normalizzazione dell'ematocrito e in seguito una salassoterapia di mantenimento; nel soggetto anziano deve essere effettuata in modo da evitare improvvise modificazioni del volume ematico, in particolare se esiste una cardiopatia associata. Gli antiblastici più frequentemente utilizzati sono il busulfano, il dibromomannitolo, la ciclofosfamide e l'idrossiurea, largamente utilizzata per la sua efficacia e per la buona tollerabilità. Recentemente sono stati introdotti nel trattamento della policitemia vera gli interferoni e l'anaerelide.
 
Di Dr.ssa Maglioni (del 21/01/2011 @ 16:45:35, in Lettera P, visto n. 1229 volte)
Vedi idramnios.
 
Di dermatologia (del 24/09/2011 @ 03:56:40, in Lettera P, visto n. 1276 volte)
antiossidanti naturali presenti nei vegetali, con proprietà antinfiammatorie e antimicrobiche. I polifenoli sono utilizzati in dermatologia sia come nutraceutici che in creme, come integrazione alle terapie farmacologiche di diverse patologie cutanee, dalla dermatite atopica, alla psoriasi.
 
Di medicina (del 23/07/2008 @ 12:54:29, in Lettera P, visto n. 4431 volte)
La poliomielite è una malattia virale, altamente contagiosa, causata da tre sierotipi virali appartenenti alla famiglie degli enterovirus che colpiscono in sistema nervoso centrale a livello delle corna anteriori del midollo spinale. Le particelle virali che hanno infettato l’organismo si replicano inizialmente nel naso-faringe e nel tratto gastro-enterico, poi invadono i tessuti linfatici e si riversano nel circolo ematico I poliovirus sono virus a RNA, membri del genere enterovirus, famiglia dei picornavirus. Esistono tre sierotipi patogeni diversi: Tipo I Brunhilde Tipo II Lansing Tipo III Leon L’infezione da parte di uno dei sierotipi conferisce un’immunità tipo-specifica per tutta la vita, ma non crociata con gli altri sierotipi. La maggior parte delle forme paralitiche è causata dal tipo 1. I ceppi attenuati impiegati per il vaccino orale (OPV) sono meno virulenti: meno abili a replicarsi a livello del tubo digerente e meno neuro-virulenti. Modalità di trasmissione L’uomo è l’unico ospite e serbatoio del virus. La trasmissione avviene per via oro-fecale (i virus vengono eliminati con le feci dall'uomo malato o da portatori sani, contaminano l'ambiente, l'acqua, gli alimenti, e contagiano nuovi individui quando introdotto con gli alimenti o l'acqua). Il virus si può trovare nelle secrezioni orofaringee già dopo 36-72 ore dopo l’infezione, dove rimane per una settimana. Nelle feci si può trovare fino a 3-6 settimane dopo l’infezione. Il periodo di incubazione in media è tra 7-12 giorni, ma può variare tra 2 e 30 giorni. Nelle forme inapparenti a questo punto il sistema immunitario reagisce producendo anticorpi e l’infezione viene controllata. In pochi casi il virus dissemina a livello del sistema reticolo-endoteliale (monociti-macrofagi) con una conseguente viremia maggiore che provoca la malattia clinicamente evidente. Il virus è neurotropo, cioè tende ad attaccare i tessuti nervosi: in alcuni casi danneggia o distrugge completamente i moto-neuroni della sostanza grigia, del corno anteriore del midollo spinale e del tronco cerebrale (eccezionalmente possono essere colpiti anche talamo e ipotalamo). La clinica dipende dalla gravità delle lesioni piuttosto che dalla localizzazione, che è quasi sempre la medesima. Il poliovirus predilige il rigonfiamento lombare del midollo spinale. Il danno si manifesta con paralisi flaccida nei gruppi muscolari innervati dai neuroni colpiti. Alcune cellule vengono danneggiate, ma si riprendono nel giro di 4-6 settimane, altre sono completamente distrutte. Forma febbrile . Circa il 4-8% delle infezioni si manifestano come una sindrome simil-influenzale o gastro-enteritica (forma abortiva), praticamente non distinguibile da altre malattie virali, che si risolve nel giro di qualche giorno. Forma meningitica. Nell'1-2% dei casi si può comparire un quadro di meningite asettica, non paralitica, che nel giro di pochi giorni è seguita da completo recupero. . Forma spinale Lo 0,1% delle infezioni evolve in poliomielite paralitica. La malattia ha spesso andamento bifasico: la prima parte corrisponde alla viremia e alla sindrome simil-influenzale; dopo 3 giorni circa il paziente sembra riprendersi, ma dopo altri 2-5 giorni ricompare la malattia, con dolore muscolare spontaneo, che colpisce uno o più muscoli: collo, lombi, fianco, addome. La sindrome precede di 2 giorni circa la paralisi. Di solito la paralisi si manifesta dopo 10-15 giorni dall’inizio della sintomatologia. Compaiono astenia e contrazioni tremoriformi. La compromissione dei moto-neuroni può essere focale o generalizzata; la paralisi è flaccida e non ci sono più i riflessi da stiramento, che inizialmente sono esaltati. La distribuzione della paralisi è tipicamente asimmetrica, colpendo alcuni muscoli e risparmiandone altri. Sono colpiti più spesso i gruppi muscolari prossimali dei distali e più gli arti inferiori dei superiori, più i gruppi muscolari maggiori dei minori. Il coinvolgimento più comune è quello di un solo arto inferiore. Di solito la paralisi progredisce nel giro di 2-3 giorni e si arresta con la scomparsa della febbre. Una o due settimane dopo l’insorgenza dei sintomi, compare l’atrofia muscolare. Il recupero dipende dal danno neuronale e può essere completo, parziale o nullo. I deficit sensitivi sono rarissimi: se compaiono bisogna piuttosto pensare a una sindrome di Guillain-Barré. La mortalità della poliomielite paralitica è del 2-5% nei bambini ed oltre il 15-30% negli adulti (la pericolosità dell'infezione aumenta con l'età in cui si ha il primo contatto col virus). I pazienti immunocompromessi, come i casi di infezione da HIV, disfunzione dei linfociti-B, deficit di produzione di Ig (immunoglobuline) A, o SCID (grave immunodeficienza combinata) hanno un alto rischio di sviluppare le forme neurologiche gravi, per esposizione sia ai ceppi selvaggi, sia a quelli attenuati presenti nel vaccino orale (OPV). Forma bulbare La forma rappresenta il 5-35% dei casi di poliomielite paralitica ed è più comune negli adulti e può essere contemporaneamente presente alla forma spinale. In questi casi il virus non trova alcuna resistenza naturale alla sua diffusione nell’organismo e la malattia raggiunge il tronco cerebrale, dove si trovano i neuroni che controllano i muscoli respiratori, i muscoli della deglutizione, l’innervazione del cuore. Clinicamente si presenta con disfagia, disfonia e dispnea. Il quadro è più grave se sono colpiti i centri del respiro e della circolazione, nel midollo allungato (o bulbo), con irregolarità del ritmo del respiro e del polso, della pressione arteriosa. La poliomielite paralitica bulbare può dare gravi disturbi neurovegetativi, fino al coma, all’arresto cardiaco e respiratorio, ed è associata ai più alti tassi di mortalità, fino al 75%. A tutt’oggi ci sono ancora individui colpiti dalla paralisi dei muscoli respiratori che sopravvivono grazie al supporto respiratorio offerto dal polmone d’acciaio. Forma post-vaccinica L'OPV essendo un virus vivo, benché attenuato, può ridiventare neurotropo e, in una minima quota (1 caso su 2,6 milioni di dosi somministrate) di individui vaccinati o nei loro contatti, dare malattia paralitica (VAPP - Vaccine-associated paralytic poliomyelitis). Non ci sono procedure per determinare quali individui siano a rischio per la VAPP, se non escludere dalla vaccinazione con OPV gli anziani e gli individui affetti da immunodeficienza. In Italia in 20 anni si sono verificati 17 casi di VAPP in bambini vaccinati e 2 casi in contatti familiari di bambini vaccinati con OPV. Sindrome post-poliomielite Nei pazienti guariti può comparire la cosiddetta sindrome post-poliomielite, che consiste in episodi ricorrenti di debolezza e affaticamento che colpiscono i gruppi muscolari inizialmente interessati dalla forma acuta. La sindrome può comparire anche molti anni dopo la malattia acuta. I polio-survivors sono in attesa che questa patologia sia riconosciuta dal Ministero della Salute italiano. Esami microbiologici È possibile isolare il virus dalle feci dei malati o degli individui con i quali sono venuti in contatto. Gli anticorpi sono già presenti al momento della malattia neurologica manifesta. Un aumento di 4 volte del titolo di Ig (immunoglobuline) G (IgG) o la presenza di Ig (immunoglobuline) M, durante la fase acuta sono diagnostici. Terapia. Non esistono trattamenti specifici, ma sono essenziali le terapie di supporto nelle forme neurologiche gravi. Il paziente con forma paralitica va ricoverato. Il riposo a letto è fondamentale perché l’esercizio muscolare aggrava il danno estendendo la paralisi. Un asse sotto il materasso allevia il dolore lombare, per gli spasmi muscolari sono utili degli impacchi caldi. Le prove diagnostiche di forza muscolare non vanno eseguite per più di 3 volte alla settimana e la fisioterapia non va cominciata prima che la progressione della paralisi non si sia arrestata. Se compaiono problemi respiratori, il paziente va ricoverato in terapia intensiva e se è il caso assistito con ventilazione meccanica. Un problema da non sottovalutare è la comparsa di stipsi e di disfunzioni vescicali. Il vaccino IPV L'IPV è trivalente e produce immunità contro tutti i tipi di poliovirus. È costituito da virus ucciso con formalina, che, pertanto, non si può replicare nell’organismo e non si trova nelle feci dei vaccinati. Gli svantaggi sono il costo, maggiore di quello dell’OPV, la modalità di somministrazione, per via parenterale (iniezione intramuscolare), e la durata dell'immunità che è di alcuni anni ma non permanente e necessita di richiami. L’IPV stimola la produzione anticorpale sistemica contro i virus, ma l'immunità gastrointestinale è scarsa: le persone vaccinate con IPV che vengano in contatto con il virus selvaggio (ad esempio durante un viaggio) si possono infettare, senza ammalarsi, ma possano trasmettere l’infezione ad altre persone (al rientro dal viaggio). Un grande vantaggio consiste nell'efficacia iniziale dell’IPV dato che l'immunità raggiunge il 90% già dopo la prima dose di vaccino e nell’impossibilità che si sviluppino forme di poliomielitica post-vaccinica Il 30 maggio 2002, è stato siglato un accordo fra Conferenza Stato-Regioni e il Ministero della Salute sulle modifiche al calendario della vaccinazione antipolio che ha previsto, in Italia, il passaggio alla sola somministrazione di vaccino inattivato (IPV). La vaccinazione anti-polio nei viaggiatori Se l’individuo è già vaccinato, può fare un richiamo con IPV; se non è vaccinato può fare un ciclo di IPV con 3 dosi a distanza di un mese l’una dall’altra. Non usare OPV. Vaccino OPV. L'OPV è un vaccino orale che impiega ceppi di poliovirus vivo e attenuato, anch'esso trivalente. È stato per 30 anni il vaccino scelto per le vaccinazioni di massa. L’OPV stimola la produzione di anticorpi circolanti ma anche di Ig (immunoglobuline) secretorie (delle mucose), che impediscono l’eliminazione del virus selvaggio con le feci. Inoltre il virus attenuato viene liberato nell’ambiente con le feci dei vaccinati, sostituendo nell’ambiente circostante il virus selvaggio e infettando altri individui (vaccinazione inapparente), che sono poi protetti da successive infezioni. È meno costoso e somministrabile per via orale. Gli svantaggi consistono nelle necessarie attenzioni da osservare nella conservazione del vaccino, che va mantenuto a temperature di refrigerazione di 0 °C. In rari casi, può verificarsi una reversione del poliovirus nella sua forma aggressiva e, a seconda di diverse variabili quali la quantità di revertenti, la loro permanenza nell'organismo e le condizioni immunologiche del soggetto, l'infezione può dare una forma paralitica post-vaccinica. Controindicazioni all’impiego di OPV: Individui immunodepressi Individui che convivono con persone immunodepresse Primo ciclo vaccinale in individui adulti
 
Di dr.psico (del 08/09/2007 @ 15:50:08, in Lettera P, visto n. 1504 volte)
La poliomielite è una patologia infettiva che colpisce il sistema nervoso centrale. Viene causata da tre tipi di virus intestinali e si trasmette (da uomo a uomo) per contagio tramite feci e saliva. I poliovirus 1, 2 e 3 che provocano la malattia appartengono al genere enterovirus e si moltiplicano nell'intestino, nei tessuti linfatici sottostanti e nella mucosa orofaringea. La stragrande maggioranza delle persone infettate (il 95% circa) non manifesta alcun disturbo; in alcuni casi si hanno sintomi di scarsa importanza (mal di gola, febbre, nausea, vomito), in casi più gravi (fra l'1 e il 2%) si può avere una rigidità al collo, alla schiena e alle gambe, mentre solo in meno dell'1% dei casi si arriva alla paralisi. La vaccinazione - Attualmente non esistono terapie per curare i pazienti affetti da questa patologia, per cui ci si deve affidare alle vaccinazioni, peraltro estremamente efficaci. Si tenga presente che in Italia, prima dell'introduzione dell'antipolio si avevano diverse migliaia di casi all'anno, con centinaia di morti; la malattia colpiva soprattutto i bambini. Dopo l'introduzione del vaccino inattivato Salk (IPV, nell'immagine a destra il dott. Salk) nel 1957 e poi del vivo attenuato Sabin nel 1964 (OPV) i casi si sono drasticamente ridotti, per scomparire definitivamente all'inizio degli anni Ottanta. Il vaccino Sabin può provocare, in una bassissima percentuale di casi, episodi di paralisi, soprattutto dopo la prima dose. Dal 1990 al 1999 in Italia si sono verificati dodici casi di polio provocata dal vaccino (pari a uno ogni 1,8 milioni di dosi somministrate). Per questo motivo, nel 1999 è stata introdotta la vaccinazione sequenziale: le prime due dosi di vaccino sono Salk; in seguito si passa al Sabin, quando il bambino ha già formato gli anticorpi protettivi (scongiurando quindi il rischio di paralisi associate a vaccinazione). Oggi la poliomielite è stata completamente debellata in tutti i paesi industrializzati, mentre resiste ancora in alcuni paesi in via di sviluppo; tuttavia è in corso un programma mondiale gestito dall'Organizzazione Mondiale della Sanità che ha come obbiettivo l'eradicazione mondiale di questa patologia. L'obiettivo non è ancora stato raggiunto, ma il numero di casi di poliomielite nei paesi in via di sviluppo è comunque diminuito dell'85% negli ultimi dieci anni.
 
Di dr.psico (del 06/09/2007 @ 16:46:11, in Lettera P, visto n. 1741 volte)
Tumore benigno che si presenta come un'escrescenza carnosa sulla mucosa o nelle cavità degli organi. In genere si sviluppa sulle mucose di naso, utero o intestino, più raramente stomaco e può insorgere a qualsiasi età. I pòlipi nasali sono quelli più frequenti: hanno cause diverse (riniti allergiche, infezioni croniche) e sono responsabili di ostruzione respiratoria cronica e saltuariamente di sanguinamenti. In qualche caso possono regredire con l’applicazione di spray a base di cortisonici, ma la terapia elettiva è l’asportazione chirurgica. I pòlipi uterini compaiono in genere tra i 35 e i 40 anni in seguito a squilibri ormonali associati a stimoli infiammatori cronici. Più spesso sono localizzati al fondo dell’utero e la sintomatologia tipica è l’emorragia uterina. I pòlipi intestinali possono essere del tutto asintomatici o manifestarsi con evacuazione di muco con le feci o perdite rettali di sangue.
 
Di dr.psico (del 21/07/2007 @ 17:18:29, in Lettera P, visto n. 7874 volte)
Tumore benigno che si presenta come un'escrescenza carnosa sulla mucosa o nelle cavità degli organi.
L'adenoma o polipo adenomatoso è una formazione displastica e polipoide che costituisce, nel 90% dei casi, un precursore del carcinoma del colon-retto (CRC). Tale cancro è il terzo per diffusione e la seconda causa di morte per neoplasie in molti paesi industrializzati.
Questa neoplasia può essere curata efficacemente se viene diagnosticata in tempo, quando la formazione maligna non ha ancora oltrepassato le pareti del tubo digerente e non ha ancora aggredito con metastasi i linfonodi.
Il polipo (un termine clinico senza alcun significato patologico), è una qualunque massa di tessuto che origina dalla parete intestinale e che protrude nel lume. Possono essere sessili o peduncolati e sono di dimensioni molto variabili. Queste lesioni vengono classificate istologicamente come adenomi tubulari, adenomi tubulovillosi (polipi villoghiandolari), adenomi villosi (papillari), polipi iperplastici, amartomi, polipi giovanili, carcinomi polipoidi, pseudopolipi, lipomi, leiomiomi o altri tumori più rari.
L'incidenza varia dal 7 al 50%; il dato più elevato comprende anche i polipi molto piccoli (solitamente polipi iperplastici o adenomi) osservati all'autopsia. Vengono osservati in circa il 5% dei pazienti attraverso un clisma opaco eseguito di routine e, con frequenza maggiore, attraverso la sigmoidoscopia e la colonscopia flessibile a fibre ottiche o con il clisma a doppio contrasto. I polipi sono spesso multipli, sono più comuni nel retto e nel sigma e diminuiscono di frequenza andando verso il ceco. Circa il 25% dei pazienti con un cancro del grosso intestino presenta anche polipi adenomatosi satelliti.
Il rischio di cancerizzazione di un adenoma tubulare è controverso, ma c'è una forte evidenza a proposito della trasformazione maligna. Il rischio di malignità è correlato alle dimensioni; un adenoma tubulare di 1,5 cm presenta un rischio del 2%. Con l'aumento delle dimensioni, le ghiandole diventano villose. Quando più del 50% delle ghiandole è villoso, viene chiamato polipo villoghiandolare; la sua malignità potenziale è ancora simile a quella di un adenoma tubulare. Quando più dell'80% delle ghiandole diventa villoso, il polipo viene considerato un adenoma villoso, maligno in circa il 35% dei casi. Un adenoma villoso ha un maggior rischio di malignità rispetto a un adenoma tubulare delle stesse dimensioni.

Sintomi, segni e diagnosi
La maggior parte dei polipi è asintomatica. La rettorragia è il disturbo più frequente. I crampi, il dolore addominale o l'ostruzione possono essere segni di una lesione di grosse dimensioni. Occasionalmente un polipo con un lungo peduncolo può prolassare attraverso l'ano. Gli adenomi villosi di grosse dimensioni possono causare, raramente, una diarrea acquosa con una conseguente ipokaliemia.
I polipi rettali possono essere palpabili o meno all'esplorazione rettale, ma di solito sono identificati all'endoscopia. Poiché i polipi sono spesso multipli e possono coesistere con un cancro, è indispensabile una pancolonscopia, anche quando la lesione è identificata alla sigmoidoscopia flessibile. Al clisma opaco, un polipo appare come un difetto di riempimento rotondeggiante. Un esame a doppio contrasto (pneumocolon) è utile, ma la colonscopia a fibre ottiche è più affidabile.

Terapia
I polipi devono essere rimossi completamente con un laccio o con una pinza bioptica elettrochirurgica dopo una pancolonscopia; l'elettrocoagulazione (escissione mediante laccio galvanico o cauterizzazione) non deve essere eseguita in un intestino non preparato a causa del rischio di esplosioni dell'idrogeno e del metano prodotti dai batteri del colon. Se la rimozione endoscopica è inefficace, deve essere presa in considerazione la laparotomia. Gli adenomi villosi di grosse dimensioni hanno un elevato potenziale maligno e devono essere escissi completamente.
Il trattamento dei polipi cancerizzati dipende dalla profondità dell'invasione dell'epitelio anaplastico nel peduncolo del polipo, dalla vicinanza della linea di sezione endoscopica e dal grado di differenziazione del tessuto maligno. Se l'epitelio anaplastico è confinato al di sopra della muscolaris mucosae, la linea di sezione nel peduncolo del polipo è netta e la lesione è ben differenziata, sono sufficienti l'escissione endoscopica e uno stretto follow-up endoscopico. L'invasione della muscolaris mucosae determina l'accesso ai linfatici e aumenta il rischio di metastasi linfonodali. Nel caso dell'escissione di un polipo senza una netta linea di sezione o di una scarsa differenziazione della lesione, si deve procedere alla resezione segmentaria del colon.
La programmazione dei controlli al follow-up dopo la polipectomia è controversa. La maggior parte degli studiosi raccomanda due esami annuali dell'intero colon con la colonscopia (o con un clisma opaco se l'endoscopia è impossibile) e la rimozione di qualunque nuova lesione. Dopo 2 anni di esami negativi per nuove lesioni, l'esecuzione della colonscopia o del clisma opaco è raccomandata ogni 2 o 3 anni.

Poliposi familiare
È una malattia autosomica dominante eterozigote del colon in cui 100 o più polipi adenomatosi tappezzano la mucosa del colon e del retto.
Una mutazione del gene dominante (FAP) sul braccio lungo del cromosoma 5 ne è la causa. Una neoplasia maligna si sviluppa prima dei 40 anni in quasi tutti i pazienti non trattati. La proctocolectomia totale elimina il rischio di cancro, ma i polipi rettali spesso regrediscono dopo una colectomia e un'anastomosi ileorettale, che sono quindi preferite all'inizio da molti esperti. Nel caso di una colectomia subtotale è necessario controllare il moncone rettale q 3-6 mesi; gli eventuali nuovi polipi devono essere escissi o folgorati. Se si formano troppo rapidamente o troppo numerosi, il retto deve essere asportato e deve essere fatta un'ileostomia permanente. Sono essenziali il follow-up del paziente e un controllo familiare e genetico.
La sindrome di Gardner è una variante della poliposi familiare associata a tumori desmoidi, osteomi del cranio o della mandibola e a cisti sebacee. Altre varianti più rare presentano adenomi multipli del colon in associazione a lesioni di altro tipo.
La sindrome di Peutz-Jeghers è una malattia congenita autosomica dominante con polipi multipli nello stomaco, nel tenue e nel colon. I sintomi comprendono una pigmentazione melanotica della cute e delle mucose, specialmente a livello delle labbra e delle gengive.

Altri polipi
I polipi giovanili di solito non sono neoplastici, spesso crescono eccessivamente rispetto alla loro vascolarizzazione e quindi si autoamputano alla pubertà. È necessario il trattamento solo se si verifica un'emorragia o un'invaginazione. I polipi iperplastici, anch'essi non neoplastici, sono comuni nel colon e nel retto. I polipi infiammatori e gli pseudopolipi si verificano nella colite ulcerosa cronica e nel morbo di Crohn del colon.
 
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