Fibrillazione atriale e demenza, il legame è più chiaro

Un modello matematico per indagare il nesso

La fibrillazione atriale, tra le più comuni aritmie cardiache, è un potenziale meccanismo legato allo sviluppo della demenza e del declino cognitivo. Un modello matematico elaborato con le competenze integrate di fluidodinamica e cardiologia è alla base dello studio pubblicato dal gruppo di ricerca interdisciplinare formato da ricercatori del Politecnico di Torino e da medici del Dipartimento di Cardiologia della Città della Salute e della Scienza dello stesso capoluogo piemontese.
Tale studio ha permesso di indagare alcuni meccanismi che associano la fibrillazione atriale al maggior rischio di demenza e di mettere in evidenza il legame che lega i due eventi.
L'impatto socio-economico di tale tema è molto elevato, trattandosi di una patologia legata all'invecchiamento e tenuto conto che la fibrillazione colpisce attualmente più di 30 milioni di persone nel mondo; questi numeri sono destinati a raddoppiare nei prossimi anni per via della crescente aspettativa di vita. Capire i meccanismi che legano i due eventi e la possibilità di intervenire con strategie di controllo cardiaco per minimizzare i cambiamenti neurodegenerativi può avere dunque un'enorme ricaduta dal punto di vista di qualità della vita e di gestione dell'assistenza sanitaria. Il modello matematico proposto permette di riprodurre, da un punto di vista computazionale, i principali parametri emodinamici cerebrali in condizioni di ritmo cardiaco normale e fibrillato. Il battito fortemente variabile e irregolare, caratteristico della fibrillazione atriale, favorisce l'insorgere di eventi critici a livello arteriolare-capillare. In particolare, su un record di 5000 battiti, si registrano più di 300 eventi di ipoperfusione arteriolare, vale a dire un campanello di allarme per una insufficiente irrorazione cerebrale - e quasi 400 eventi ipertensivi capillari, sintomatici di possibili fenomeni micro-emorragici. Questi periodi transitori di eccessiva pressione e ridotto flusso sanguigno a livello cerebrale locale mostrano come, di per sé, la fibrillazione atriale nel lungo periodo risulta essere un potenziale meccanismo per lo sviluppo di forme di demenza e deficit cognitivo.
Il lavoro è firmato da Luca Ridolfi, del Dipartimento di ingegneria dell'Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture - DIATI, da Stefania Scarsoglio, del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale - DIMEAS, da Fiorenzo Gaita, Matteo Anselmino e Andrea Saglietto delle Molinette. articolo di salute altra pagina

26/07/2016 14:40:00 Andrea Sperelli


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