Tecnica di laboratorio che consiste nel sottoporre componenti di una miscela all'azione di un campo elettrico, facendo in modo che si separino in funzione della loro diversa carica elettrica complessiva. In campo medico viene eseguita l'elettroforesi delle proteine plasmatiche, in particolare per indagini sulle gammaglobuline.L'elettroforesi si basa sul movimento di particelle elettricamente cariche immerse in un fluido per effetto di un campo elettrico applicato tramite una coppia di elettrodi al fluido stesso. Nel caso di una cella elettrolitica, il catodo assume carica negativa mentre l'anodo assume carica positiva, per cui le particelle si muovono verso l'elettrodo avente carica opposta rispetto alla carica della particella; in particolar modo si spostano verso il catodo se hanno carica positiva e verso l'anodo se hanno carica negativa; nel primo caso il processo è detto cataforesi, nel secondo anaforesi.Il fenomeno dell'elettroforesi fu descritto per la prima volta nel 1807 da Ferdinand Friedrich Reuss, il quale osservò la migrazione di particelle di argilla immerse in acqua in presenza di un campo elettrico esterno. Il primo apparecchio per svolgere l'elettroforesi fu realizzato nel 1937 dal biochimico svedese Arne Tiselius.Grazie alle sue ricerche relative all'elettroforesi delle proteine, Arne Tiselius vinse il Premio Nobel per la chimica nel 1948.
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