(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) Palmer Eye Institute in Florida, negli Stati Uniti.
“Questi risultati incoraggianti rafforzano le potenzialità di faricimab come nuova opzione di trattamento per coloro che manifestano perdita della vista associata a occlusione venosa retinica”, ha dichiarato Levi Garraway, M.D., Ph.D., Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche. “Poiché questi dati positivi continuano a crescere, riteniamo che faricimab possa ridefinire lo standard di cura per diversi tipi di patologie retiniche che possono portare alla cecità”.
La degenerazione maculare legata all’età neovascolare o “umida” (nAMD), l’edema maculare diabetico (DME) e la RVO colpiscono complessivamente circa 70 milioni di persone su scala globale e figurano tra le principali cause di perdita della vista. I dati degli studi BALATON e COMINO saranno presentati alle autorità sanitarie in tutto il mondo, comprese la Food and Drug Administration statunitense e l’Agenzia europea per i medicinali, ai fini dell’approvazione per il trattamento dell’edema maculare dovuto a RVO. In caso di approvazione, questa rappresenterebbe la terza indicazione di faricimab, che è attualmente autorizzato in oltre 50 paesi per il trattamento della nAMD e del DME.
“L’occlusione venosa retinica può provocare l’accumulo di liquido all’interno e sotto la retina, causando, in caso di mancato trattamento, una rapida e grave perdita della vista”, ha affermato Ramin Tadayoni, M.D., Ph.D., presidente eletto di EURETINA, che presenterà i dati durante il convegno americano. “Questi risultati promettenti evidenziano che faricimab determina una riduzione efficace del liquido all’interno della retina e un miglioramento della vista nei pazienti con occlusione venosa retinica”.
L’efficacia e la sicurezza di faricimab nella nAMD e nel DME sono state dimostrate dai dati a due anni di quattro ampi studi internazionali su oltre 3.000 partecipanti. Faricimab è il primo anticorpo bispecifico approvato per uso oculare con studi di fase III che avvalorano intervalli massimi di trattamento di quattro mesi nei soggetti affetti da queste malattie. Colpisce e inibisce due vie di segnalazione connesse a varie patologie retiniche che minacciano la vista; agisce neutralizzando sia l’angiopoietina 2 (Ang-2) sia il fattore di crescita endoteliale vascolare A (VEGF-A). Finora sono state distribuite oltre 450.000 dosi di faricimab in tutto il mondo per il trattamento di queste patologie.

Risultati degli studi

Negli studi BALATON e COMINO, i pazienti sono stati randomizzati in rapporto 1:1 al trattamento con sei iniezioni mensili di faricimab (6,0 mg) o aflibercept (2,0 mg) per 20 settimane, con valutazione dell’endpoint primario alla settimana 24. Entrambi gli studi hanno soddisfatto l’endpoint primario, con faricimab che ha dimostrato un miglioramento dell’acuità visiva non inferiore a quello osservato con aflibercept. Il miglioramento medio della vista rispetto al basale è risultato sovrapponibile tra i due trattamenti in entrambi gli studi. Nello studio BALATON, a 24 settimane, il miglioramento della vista è stato di +16,9 lettere della tavola ottometrica nel braccio faricimab e di +17,5 lettere nel braccio aflibercept. Nello studio COMINO, a 24 settimane, il miglioramento della vista è stato di +16,9 lettere nel braccio faricimab e di +17,3 lettere nel braccio aflibercept. Inoltre la percentuale di pazienti che hanno guadagnato 15 o più lettere è risultata sovrapponibile tra i bracci di trattamento in entrambi gli studi.
La presenza di liquido all’interno della retina nella parte posteriore dell’occhio a seguito della fuoriuscita dai vasi sanguigni può causare rigonfiamento e visione offuscata. Un endpoint secondario ha dimostrato che con faricimab è stato ottenuto un rapido e solido riassorbimento del liquido retinico rispetto al basale, come rilevato dalla riduzione dello spessore retinico centrale (CST). In entrambi gli studi, la riduzione del CST è risultata sovrapponibile tra i bracci di trattamento. Nello studio BALATON, la riduzione del CST è stata di -311,4 μm nel braccio faricimab e di -304,4 μm nel braccio aflibercept. Nello studio COMINO, la riduzione del CST è stata di -461,6 μm nel braccio faricimab e di -448,8 μm nel braccio aflibercept. Da entrambi gli studi è inoltre emerso che, come osservato in un endpoint esplorativo prestabilito, un numero più elevato di pazienti trattati con faricimab ha evidenziato l’assenza di fuoriuscita di liquido dai vasi sanguigni nella retina rispetto ai pazienti trattati con aflibercept. Nello studio BALATON, un terzo dei pazienti (34%) trattati con faricimab ha evidenziato l’assenza di fuoriuscita di liquido, contro un quinto (21%) dei pazienti trattati con aflibercept. Nello studio COMINO, i tassi si sono attestati al 44% per i pazienti trattati con faricimab e al 30% per i pazienti trattati con aflibercept.
In entrambi gli studi, il profilo di sicurezza di faricimab era in linea con quello delle sperimentazioni precedenti. La reazione avversa più comune è stata l’emorragia della congiuntiva (3%). I risultati di sicurezza erano coerenti tra i bracci degli studi.
Gli studi sono in corso e i dati delle settimane 24-72 valuteranno se sarà possibile estendere gli intervalli di somministrazione di faricimab fino a ogni quattro mesi.

Gli studi BALATON e COMINO

BALATON (NCT04740905) e COMINO (NCT04740931) sono due studi di fase III, randomizzati, multicentrici, in doppio cieco e internazionali volti a valutare l’efficacia e la sicurezza di faricimab rispetto ad aflibercept. Per le prime 20 settimane, i pazienti sono stati randomizzati in rapporto 1:1 al trattamento con sei iniezioni mensili di faricimab (6,0 mg) o aflibercept (2,0 mg). Nelle settimane 24-72, a tutti i pazienti viene somministrato faricimab (6,0 mg) fino a ogni quattro mesi, secondo un regime posologico basato su un intervallo di trattamento personalizzato, con un approccio “treat-and-extend”.
Lo studio BALATON viene condotto su 553 soggetti con occlusione venosa retinica di branca, mentre lo studio COMINO viene condotto su 729 soggetti con occlusione venosa retinica centrale o emiretinica.
L’endpoint primario di ciascuno studio è la variazione della migliore acuità visiva corretta dal basale a 24 settimane. Gli endpoint secondari includevano la variazione dello spessore retinico centrale e il riassorbimento del liquido retinico nel tempo, dal basale fino a 24 settimane.

L’occlusione venosa retinica (RVO)

La RVO è la seconda causa più comune di perdita della vista dovuta a malattie vascolari retiniche.4 Colpisce circa 28 milioni di adulti in tutto il mondo, soprattutto di età uguale o superiore a 60 anni, e può comportare perdita grave e improvvisa della vista. La RVO causa solitamente perdita della vista improvvisa e indolore a carico dell’occhio colpito, in quanto l’ostruzione della vena limita il normale flusso ematico nella retina interessata, provocando ischemia, sanguinamento, fuoriuscita di liquido e rigonfiamento della retina, il cosiddetto edema maculare. Ad oggi, l’edema maculare dovuto a RVO è generalmente trattato con iniezioni intravitreali ripetute di terapie anti-fattore di crescita endoteliale vascolare. Esistono due tipi principali di RVO: l’occlusione venosa retinica di branca, che colpisce oltre 23 milioni di persone su scala globale e si verifica quando si ostruisce una delle quattro “branche” più piccole della vena retinica centrale principale, e l’occlusione venosa retinica centrale, che è meno comune – colpisce infatti più di quattro milioni di persone in tutto il mondo – e si verifica quando si ostruisce la vena retinica centrale dell’occhio.

Il programma di sviluppo clinico di faricimab

Roche prevede un solido programma di sviluppo clinico di fase III per faricimab. Il programma include AVONELLE-X, uno studio di estensione degli studi TENAYA e LUCERNE volto a valutare la sicurezza e la tollerabilità a lungo termine di faricimab nella degenerazione maculare legata all’età neovascolare o “umida” (nAMD), e RHONE-X, uno studio di estensione degli studi YOSEMITE e RHINE volto a valutare la sicurezza e la tollerabilità a lungo termine di faricimab nell’edema maculare diabetico (DME). Roche ha altresì avviato diversi studi di fase IV, tra cui lo studio Elevatum su faricimab in popolazioni di pazienti con DME sottorappresentate, lo studio SALWEEN su faricimab in una sottopopolazione con nAMD altamente prevalente in Asia e lo studio VOYAGER, una piattaforma globale di raccolta dati di pratica clinica. Roche supporta inoltre molti altri studi indipendenti al fine di comprendere meglio patologie retiniche per le quali sussistono urgenti esigenze ancora insoddisfatte.

Faricimab

Faricimab è il primo anticorpo bispecifico approvato per uso oculare. Colpisce e inibisce due vie metaboliche connesse a varie patologie retiniche che minacciano la vista; agisce neutralizzando sia l’angiopoietina 2 (Ang-2) sia il fattore di crescita endoteliale vascolare A (VEGF-A). Ang-2 e VEGF-A contribuiscono alla perdita della vista determinando destabilizzazione vascolare, che causa lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni permeabili e aumenta l’infiammazione. Faricimab è stato sviluppato per stabilizzare i vasi sanguigni attraverso l’inibizione delle vie di Ang-2 e VEGF-A.




Notizie specifiche su: retina, occlusione, faricimab, 10/02/2023 Andrea Sperelli


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