Dormire poco ha tanti effetti negativi, ai quali va aggiunto il rischio doppio di insorgenza della malattia vascolare delle arterie periferiche. A sottolinearlo è un nuovo studio pubblicato sullo European Heart Journal da un team del Karolinska Institutet di Stoccolma guidato da Shuai Yuan, che spiega: "Il nostro studio suggerisce che dormire 7-8 ore a notte è una buona abitudine per ridurre il rischio di questa condizione".
L'arteriopatia periferica colpisce oltre 200 milioni di persone in tutto il mondo, aumentando peraltro il rischio di ictus e infarto.
Nello studio, i ricercatori hanno analizzato il nesso fra durata del sonno e sonnellino diurno e rischio di arteriopatia periferica. Quindi si sono serviti della randomizzazione mendeliana per esaminare l'eventuale nesso fra disturbi del sonno e arteriopatia periferica.
È emerso così che dormire meno di 5 ore a notte è associato a un rischio quasi doppio di arteriopatia periferica rispetto a un sonno di 7-8 ore. Se dormire poco espone a un maggior rischio di arteriopatia periferica, è vero anche che chi già soffre della malattia mostra una maggiore probabilità di dormire poco e male.
"Sono necessarie ulteriori ricerche su come interrompere il legame bidirezionale tra sonno ridotto e arteriopatia periferica - conclude Yuan - I cambiamenti dello stile di vita che aiutano le persone a dormire di più, come l'essere fisicamente attivi, possono ridurre il rischio di sviluppare la condizione. Inoltre, per chi già ne soffre, la gestione del dolore associato alla malattia potrebbe consentire ai pazienti di dormire bene".
Chi soffre di arteriopatia periferica degli arti inferiori può beneficiare di un programma di esercizi fisici a domicilio, secondo uno studio pubblicato sul Journal of the American Heart Association.
La docente di medicina presso la Feinberg School of Medicine di Chicago, Maria McGrae McDermott - che ha coordinato lo studio - spiega: «ricerche precedenti dimostrano che l'esercizio fisico migliora la deambulazione riducendo i sintomi della Pad, ma i nostri dati sono i primi a documentare i benefici a lungo termine di un programma di esercizi a domicilio. Il limite dell'esercizio fisico assistito dai fisioterapisti è che ci vogliono accessi ripetuti in un centro di riabilitazione, non coperti da Medicare (il programma di finanziamento delle cure sanitarie a carico dello stato, ndr)».
Lo studio ha avuto come protagonisti 81 pazienti che per 6 mesi hanno seguito un programma di esercizi domiciliari senza supervisione, partecipando a corsi di formazione preparatori e ricevendo telefonate di incoraggiamento.
Dal confronto dei risultati ottenuti con quelli di altri 87 soggetti di controllo, i ricercatori hanno scoperto che dopo un anno di esercizi a domicilio i primi avevano aumentato di 87 metri la distanza percorsa al test del cammino in 6 minuti, mentre quella del gruppo di controllo era diminuita di 6 metri.
Commenta McDermott: «un efficace programma di esercizi a domicilio deve tener conto che il cammino nella Pad può causare dolori e crampi, alternando riposo e passeggiate fino ad aumentare gradualmente tempi e velocità di deambulazione».
I pazienti dovevano camminare per cinque giorni alla settimana incrementando i tempi fino a raggiungere 50 minuti. «Quando comparivano i dolori dovevano fermarsi e riposare fino a quando le gambe non stavano meglio, e poi riprendere il cammino», aggiunge la ricercatrice. «Questi risultati sottolineano l'importanza di riconoscere e trattare la Pad, una condizione comune che spesso non è diagnosticata ma può diventare pericolosa per la vita in quanto limita la circolazione del sangue a gambe, braccia, piedi e reni aumentando il rischio di ictus e infarto».
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