La scoperta di un nuovo gruppo sanguigno - Er - ha portato anche alla tipizzazione di alcuni antigeni mutati che possono provocare una grave malattia emolitica del feto e del neonato.
Il gruppo sanguigno Er è stato in realtà individuato già nel 1982, ma il suo retroterra molecolare è rimasto misterioso per anni. Un team del National Health Service Blood and Transplant (NHSBT) del Regno Unito ha descritto sulla rivista Blood la natura degli anticorpi diretti contro due nuovi antigeni di Er, associati a una grave malattia emolitica.
Il gruppo di ricerca diretto da Nicole Thornton ha analizzato il sangue di 13 pazienti con gli antigeni sospetti, identificando 5 variazioni negli antigeni Er: le varianti già note Er a, Er b, Er3 e 2 nuove, Er4 ed Er5. Sequenziando i codici genetici dei pazienti, sono stati in grado di individuare il gene che codifica per le proteine della superficie cellulare. Si trattava di un gene già familiare alla scienza medica: PIEZO1, associato a diverse malattie conosciute.
Privati di questo gene, i topi muoiono prima della nascita e quelli che hanno il gene eliminato solo nei loro globuli rossi finiscono con cellule del sangue iperidratate e fragili. Gli scienziati hanno confermato i loro risultati eliminando PIEZO1.
I risultati ottenuti sono importanti per la medicina trasfusionale. Quando un globulo si presenta con un antigene che il nostro corpo non ha classificato come nostro, il nostro sistema immunitario si attiva, inviando anticorpi per segnalare la distruzione delle cellule portatrici di antigene sospetto. In casi rari, la differenza di gruppo sanguigno fra bambino e madre può causare problemi a livello immunitario. Gli anticorpi generati in risposta possono passare attraverso la placenta e causare la malattia emolitica nel neonato.
Nella maggior parte dei casi la malattia emolitica nei neonati può essere prevenuta o curata attraverso le trasfusioni, ma nei 2 casi che hanno dato il via alla ricerca ciò non è bastato perché mancavano appunto le conoscenze riguardanti il gruppo sanguigno Er, ora invece disponibili per l'intera comunità scientifica.
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