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alla 1° pagina..) una decisa associazione fra il rischio di Alzheimer e l'uso di questo tipo di terapia.
Per un trattamento che duri più di tre mesi, il rischio di insorgenza del morbo di Alzheimer sale del 51 per cento. "Nel nostro studio consideriamo solo coloro che avevano usato benzodiazepine oltre 5 anni prima della diagnosi di Alzheimer, scartando quindi coloro che avevano preso questi farmaci a ridosso della diagnosi; inoltre la relazione trovata è di tipo 'dose-effetto”, esprimendo quindi un nesso diretto fra il dosaggio dei farmaci e l'aumento del rischio.
Un altro studio francese firmato da Bernard Bégaud, epidemiologo presso il prestigioso centro di ricerca Inserm, conferma queste conclusioni. Lo studio, anticipato dalla rivista Science et Avenir e prossimo alla pubblicazione scientifica integrale, ha preso in esame l'uso sempre più diffuso di tranquillanti, ansiolitici e sonniferi appartenenti alla classe delle benzodiazepine.
Secondo le stime soltanto in Francia sarebbero migliaia i casi di Alzheimer ogni anno provocati dall'uso eccessivo di una serie di farmaci: Valium, Xanax, Lexotan, Stilnox, Mogadon. “Se è complicato stabilire un legame diretto di causa ed effetto, in presenza di un sospetto è doveroso agire e tentare di limitare le tante prescrizioni inutili che vengono rilasciate ogni anno”, spiega Bégaud. La durata del trattamento, ad esempio, non dovrebbe mai superare le 12 settimane in caso di ansiolitici.
La ricerca ha selezionato fra i soggetti con più di 65 anni che fanno parte di un più vasto campione di studio sulla patologia quelli che non mostravano sintomi classificabili come segni premonitori dell'Alzheimer, ad esempio ansia, depressione e problemi di sonno. Mettendo a confronto consumatori e non consumatori di benzodiazepine, i ricercatori francesi hanno verificato l'esistenza di un nesso tra l'assunzione cronica dei farmaci psicotropi (da 2 a 10 anni) e il rischio di Alzheimer.
Al contrario delle cadute e delle fratture provocate dalle benzodiazepine, gli effetti cerebrali non sono immediati, e sono riscontrabili soltanto a distanza di anni, ricorda Bégaud. L'aumento del rischio è valutabile secondo il medico francese dal 20 al 50 per cento per le persone anziane, anche se i meccanismi di azione delle benzodiazepine sul cervello e il modo in cui aumenterebbero il rischio di Alzheimer non sono chiari.
Lo psichiatra Jean-Marc Benkemoun commenta così lo studio del collega: “da parte mia, sono sempre assai prudente nelle prescrizioni che faccio, in particolare per i pazienti di una certa età, sia per i rischi di cadute accidentali e di stati confusionali, sia perché è risaputo che le benzodiazepine hanno degli effetti sulla memoria, anche se reversibili. Si sa anche che tali molecole possono aggravare una demenza già in atto. Tuttavia, se fosse confermato, ad esempio, un nesso evidente fra l'uso del Valium e del Lexotan e l'insorgenza dell'Alzheimer, ciò metterebbe in discussione tutti i trattamenti”.
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10/09/2014 Andrea Piccoli
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