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alla 1° pagina..) durante questa aritmia tendono ad essere molto gravi. I pazienti con fibrillazione atriale vengono sottoposti a una terapia con farmaci anticoagulanti, per proteggerli quanto più possibile dal rischio di ictus ischemico. La fluidificazione del sangue tuttavia presenta diversi inconvenienti ed espone i pazienti a un rischio più alto di emorragie e ad alcune limitazioni nella vita quotidiana per evitare l’esposizione a traumi.
L’esigenza di una terapia che sia risolutiva della fibrillazione atriale ha promosso negli anni la ricerca e lo sviluppo di soluzioni interventistiche tramite l’ablazione, che mira a distruggere i tessuti da cui si origina l’aritmia, bloccando il “cortocircuito” elettrico del cuore.
“La nostra équipe ha introdotto la crioablazione diversi anni fa, tra le prime strutture in Italia, e ha curato più di 500 pazienti, riscontrando una grande efficacia di questa tecnica per la cura della fibrillazione atriale, anche rispetto alle altre tecniche di ablazione. Utilizziamo l’energia del freddo, ovvero introduciamo un sottile catetere nella vena femorale all’interno del quale viene fatto scorrere un palloncino gonfiabile fino a raggiungere l’atrio sinistro. Una volta posizionato sui tessuti cardiaci atriali responsabili dell’aritmia, il palloncino viene ghiacciato a temperature di –40°/-50° per alcuni minuti, creando una lesione che li elimina. Rispetto alla classica tecnica con radiofrequenza 'a caldo', la crioablazione è un intervento più breve e genera meno complicanze, offrendo ai pazienti un recupero più veloce e un rischio minore di recidive”, spiega il dottor Cesare Storti, responsabile dell’unità di Elettrofisiologia e Cardiostimolazione dell’Istituto di Cura Città di Pavia.
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18/02/2016 Andrea Sperelli
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