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alla 1° pagina..) potenzialmente in grado di rivoluzionare il campo della terapia del Parkinson e anche di altre gravi patologie neurodegenerative. Il nuovo Pacemaker Cerebrale adattativo s’inserisce in un mercato nato già da qualche anno, quello della stimolazione cerebrale profonda (DBS).
Il nuovo pacemaker, infatti, potrà essere adottato da tutti i pazienti indicati per trattamento con DBS e anche per quelli che hanno già un impianto DBS di vecchia generazione, in quanto l’invenzione si può adattare alla tecnologia precedente. Le potenzialità commerciali sono molto ampie e in crescita. Basti pensare che, solo negli Stati Uniti, i malati di Parkinson che possono beneficiare del trattamento con DBS sono circa il 20% del totale, stimato in circa 500.000, mentre sono circa 60.000 all’anno i nuovi casi, con costi di impianto che si aggirano intorno ai 30.000 dollari.
Grazie ad una consolidata esperienza nella chirurgia stereotassica delle patologie neuro-oncologiche, presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’istituto Nazionale Regina Elena (IRE) prende il via la Stimolazione Cerebrale Profonda, opzione valida per i pazienti affetti da Parkinson che non rispondono più alle terapie farmacologiche.
In Italia oltre 200 mila persone sono colpite dalla Malattia di Parkinson, patologia neurologica degenerativa che colpisce in genere la popolazione oltre la sesta decade, mentre per il 25% dei pazienti l’esordio avviene prima dei 50 anni. Ad oggi non esiste una cura preventiva e le cause sono in larga misura ignote. A livello cerebrale si osserva la degenerazione di alcuni neuroni deputati a rilasciare la dopamina e un’alterata comunicazione nei circuiti addetti al controllo motorio.
I primi impianti di un pacemaker collegato ad elettrodi cerebrali profondi sono stati effettuati nell’Istituto dal prof. Carmine Carapella, Neurochirurgo del Regina Elena, in collaborazione con il dott. Carlo Colosimo, neurologo dell'Università La Sapienza. In Italia, e in particolar modo nel Centro-sud, non sono ancora molti i Centri in grado di proporre la stimolazione cerebrale profonda come opzione terapeutica e di fornire ai pazienti tutte le valutazioni necessarie nelle fasi pre e post-chirurgiche (cliniche, neuropsicologiche, di imaging). I risultati ottenuti negli oltre 80.000 pazienti trattati in tutto il mondo ci confermano che la stimolazione cerebrale profonda è un trattamento efficace, sempre se gestito da un’equipe qualificata di neurochirurghi e neurologi.
La metodica consiste nell’impianto intracerebrale in una piccola area del talamo o dei gangli della base di un elettrodo stimolante collegato ad un pacemaker. Lo stimolo elettrico indotto in una zona del cervello che funge da relais su alcuni circuiti del movimento aiuta a controllare i sintomi della malattia e consente di ridurre l’uso dei farmaci specie quando responsabili di effetti poco desiderabili (disturbo dei movimenti volontari, turbe del comportamento). Poiché non vi è in questo momento alcuna cura per la Malattia di Parkinson e non vi è alcun mezzo per prevenire la sua progressione, l’obiettivo del trattamento è quello di gestire i sintomi, rinviare il più a lungo possibile il loro peggioramento e ridurre al minimo l'insorgenza di nuovi sintomi.
I pazienti che possono eseguire questo tipo d’intervento rappresentano fino al 10% di chi soffre di Parkinson. L’impianto è particolarmente indicato nei soggetti in cui la terapia farmacologica, a distanza di anni, non riesce più a gestire instabilità motorie o discinesie gravi. I risultati, valutati a distanza dall’impianto del neurostimolatore, evidenziano come si possa ottenere un significativo miglioramento sia della qualità di vita che delle funzioni motorie (tremore, rigidità, discinesie), con una riduzione delle dosi di terapia farmacologica dell’ordine del 50 % in media. Attualmente, inoltre, si sta valutando la opportunità di approfondire la problematica della Stimolazione Cerebrale Profonda (DBS) non solo per la malattia di Parkinson, il tremore essenziale ed altri disturbi extrapiramidali, ma anche per le epilessie intrattabili e per forme particolari di cefalea intrattabile.
Come funziona la stimolazione profonda: il cuore dell’apparecchio è il neurostimolatore, un piccolo dispositivo in titanio, simile ad un pacemaker cardiaco, che contiene la batteria e un microprocessore; impiantato al di sotto della cute del torace produce gli impulsi elettrici necessari per la stimolazione. Quattro sono gli elettrodi terminali che, con una metodica stereotassica guidata dalle immagini di Risonanza Magnetica, vengono impiantati nelle aree cerebrali coinvolte nella malattia. La terapia è reversibile, infatti è possibile interrompere la stimolazione o rimuovere completamente il dispositivo in qualsiasi momento. Per la riuscita ottimale dell’impianto è fondamentale un’accurata selezione dei pazienti, unitamente ad una valida integrazione tra neurochirurghi, neurologi e neuropsicologi.
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dr.ssa Anna Saito
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